Letture iconologiche
Il serpente dal mondo antico al Cinquecento

la più astuta
creatura

Nella cultura occidentale poche sono le figure che possono vantare una molteplicità di significati pari a quella di cui gode il serpente: sapienza e conoscenza, salute e salvezza, prudenza e furbizia, eternità e rinnovamento. Ma il serpente è anche venefica forma del demonio, incarnazione della tentazione e, per estensione, figura stessa del male.

Lorenzo Bonoldi

Un’ambivalenza tanto marcata - talvolta disorientante - si giustifica in virtù della convergenza e del meticciamento fra la tradizione di derivazione greco-romana e la simbologia religiosa di matrice giudaico-cristiana. Se nella cultura classica, infatti, il serpente è figura legata ai culti ctoni e oracolari (da qui l’origine del suo significato sapienziale), esso resta soprattutto animale totemico e attributo iconografico primario del dio greco della medicina Asclepio (chiamato dai romani Esculapio) e di sua figlia Igea (la latina Salus), personificazione della Salute stessa. 

Per questo motivo, ancora oggi, il “bastone di Asclepio” - una verga attorno alla quale si attorciglia un serpente - è utilizzato come simbolo internazionale del soccorso medico. In questa sua specifica accezione salvifica, l’attributo iconografico del dio greco si accomuna, e spesso si sovrappone, anche all’immagine del Nehushtan, il serpente in metallo (rame o bronzo, a seconda delle differenti traduzioni) che, secondo il racconto veterotestamentario, venne forgiato da Mosè quale talismano capace di salvare gli israeliti dai morsi dei serpenti velenosi incontrati durante la peregrinazione nel deserto (indicati nell’Antico Testamento con il termine “seraphim”, lo stesso utilizzato per chiamare i serafini(1). Un esempio particolarmente significativo di questo apparentamento figurativo fra il bastone di Asclepio e il serpente di Mosè è riscontrabile in uno dei pennacchi affrescati da Michelangelo nella Cappella sistina, dove l’immagine del serpente di bronzo appare chiaramente plasmata su modelli classici. 

Il valore positivo dell’immagine del serpente nel mondo antico è rimarcato anche dal fatto che, sovente, prima nel contesto dell’arte ellenistica e poi in quella romana, essa diventa figura o attributo dell’ “Agathodaimon”, letteralmente “il buon nume”, ovvero il genio tutelare designato alla protezione di un particolare luogo. In questa sua particolare accezione, il serpente compare in numerosi larari (altari dedicati al culto degli antenati), i cui esemplari meglio conservati provengono da Pompei.


Michelangelo Buonarroti, Il serpente di bronzo (1508-1512), Città del Vaticano, volta della Cappella sistina.

(1) Numeri 21, 6.

«Vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Matteo 10, 16)


Nel mondo simbolico cristiano, in ambito neotestamentario, la figura del serpente mantiene alcune delle sue valenze positive: il già citato caso del serpente di bronzo, innalzato da Mosè, viene interpretato come prefigurazione della crocifissione di Cristo alla stregua di un passo del Vangelo secondo Giovanni: «Come Mosè innalzò il serpente di bronzo nel deserto, così il Figlio dell’Uomo sarà innalzato» (3, 14). E, in virtù di un altro passo evangelico, il serpente diventa anche attributo iconografico della personificazione della virtù cristiana della Prudenza, al pari dello specchio. Si legge infatti nel Vangelo secondo Matteo: «Vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (10, 16). 

Tuttavia, se in tutte le accezioni simboliche fino a ora elencate all’immagine del serpente si legano connotazioni positive, nella tradizione iconografica cristiana sono molto più numerosi i significati negativi connessi all’animale strisciante(2). È infatti il serpente - «la più astuta di tutte le creature» (Genesi 3, 1) - la figura tentatrice che induce Eva a mangiare il frutto proibito. Ed è sempre il serpente, come immagine del demonio, che compare anche nell’iconografia mariana, calpestato dalla Vergine dell’Immacolata concezione, figura della novella Eva, in relazione alla maledizione biblica scagliata contro il serpente: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Genesi 3, 15). 

Nello sconfinato numero di raffigurazioni della tentazione di Eva si ritrovano non pochi casi nei quali il serpente viene caratterizzato da una particolare iconografia, che vede la creatura tentatrice rappresentata con un volto umano, talvolta munita di braccia e - più raramente - di gambe e ali. Per citare solo i casi più celebri si pensi all’affresco di Masolino nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze (1424-1425), al basamento del trono della Madonna della vittoria di Andrea Mantegna, oggi al Louvre (1495-1496), al Peccato originale affrescato da Michelangelo nella volta della Cappella sistina (1508-1512) e al dipinto di Tiziano Adamo ed Eva conservato al Museo Nacional del Prado (1550 circa). Tale iconografia compare in realtà già dal XIII secolo, ed è ampiamente testimoniata in miniature presenti sia in manoscritti cristiani(3) che ebraici(4), nonché nei rilievi dei portali di alcune cattedrali gotiche (fra questi quelli di Notre Dame de Paris, 1220, restaurato nel XIX secolo, e Notre Dame d’Amiens, 1220-1230)(5)

Questa particolare iconografia del serpente con volto umano, che inizia a prendere forma nell’ambito della Francia settentrionale del XIII secolo, trova la sua principale giustificazione nella lettura puntuale del racconto biblico della Genesi, dal quale si evince che la condanna rivolta da Dio alla creatura - «striscerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita» - venne pronunciata solo in un momento successivo a quello della tentazione, lasciando intendere che l’aspetto del serpente fosse in origine differente. 

Da questa interpretazione, già presente nella tradizione della letteratura rabbinica(6), si generò quindi l’idea che il serpente fosse in origine munito di braccia e gambe.


Piero del Pollaiolo, La Prudenza (1469-1472), dalla serie delle Virtù, Firenze, Uffzi.


Masolino, Tentazione di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre (1424-1425 circa), Firenze, Santa Maria del Carmine, cappella Brancacci.

(2) Per una panoramica generale sulla lettura del simbolismo animale in contesti cristiani si rimanda a L. Charbonneau-Lassay, Le Bestiaire du Christ. La mystérieuse emblématique de Jésus-Christ, Bruges 1940 (ed. it. Il bestiario di Cristo, Roma 1994).
(3) Si pensi alla Bible Moralisée, Francia 1215-1230, conservata alla Österreichischen Nationalbibliothek di Vienna, e alla Crusader Bible, Parigi 1240 circa, conservata alla Morgan Library di New York.
(4) Per esempio la London Miscellany, Francia 1280 circa, conservata al British Museum di Londra e la Mishneh Torah, Francia 1296 della collezione Kaufmann conservati presso la biblioteca dell’Accademia ungherese di scienze a Budapest.
(5) Una lettura approfondita su questo tema è offerta da S. Laderman, Two Faces of Eve: Polemics and Controversies Viewed Through Pictorial Motifs, in “A Journal of Jewish Art and Visual Culture”, vol. 2, 2008, pp. 1-20.
(6) In particolar modo nel “midrash” della Genesi, noto come Bereshit Rabbah.

Arte romana, dittico in avorio raffigurante Esculapio (IV-V secolo), Liverpool, National Museums Liverpool.


Arte romana, dittico in avorio raffigurante Salus (IV-V secolo), Liverpool, National Museums Liverpool.


Salterio di Ramsey, scene della Genesi (XIV secolo) m. 302, f.1, New York, Pierpont Morgan Library.

Nello sconfinato numero di raffigurazioni della tentazione di Eva si ritrovano casi nei quali il serpente è rappresentato con un volto umano


Esemplare da questo punto di vista è la scena della Tentazione dipinta da Hugo van der Goes attorno al 1475 e conservata oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna. 

Per quanto riguarda la presenza della testa umana, invece, l’inserimento dell’elemento antropomorfo può essere giustificato dalla necessità di rendere plausibile il dialogo fra la figura del serpente e quella di Eva: il serpente della Genesi è infatti il primo degli unici due animali parlanti citati nella Bibbia (il secondo è l’asina di Balaam). 

Da un punto di vista puramente formale, l’iconografia del serpente con protome umana sembra invece derivare dalle “drôlerie”, le bordure miniate dei manoscritti illustrati, alle cui estremità di sovente compaiono testine umane o animali. Da qui poi, strisciando sul ventre e mangiando polvere, il serpente dell’Eden, adornato di un bel volto umano, è passato dalle pagine dei codici miniati alle opere dei grandi maestri dell’arte, quali Mantegna, Michelangelo, Raffaello e Tiziano. Salvo poi perdere - di nuovo e per sempre - l’“uman sembiante”, con l’avvento del rigore della Controriforma. Ma pur sempre continuando a ingannare e a confondere, al punto tale che il serpente simboleggia ancora oggi sia salvezza che dannazione. Davvero la più astuta fra tutte le creature.


Andrea Mantegna, Madonna della vittoria (1495-1496), particolare, Parigi, Louvre.

Giorgio Vasari, Allegoria dell’Immacolata concezione (dopo il 1541), Firenze, Uffzi.


Hugo van der Goes, Peccato originale (1475 circa), Vienna, Kunsthistorisches Museum.

ART E DOSSIER N. 324
ART E DOSSIER N. 324
SETTEMBRE 2015
In questo numero: PRIMITIVISMI L'editoriale di Philippe Daverio; Il volto del serpente, l'Espressionismo in Toscana, Klee, Africa oggi; GLI UFFIZI a Casal di Principe; CINA OTTOCENTO La scoperta della fotografia. IN MOSTRA La Grande Madre, Gruppo Zero.Direttore: Philippe Daverio