Studi e riscoperte. 1
Le origini della fotografia in Cina

un obiettivo
quasi
impenetrabile

Se la fotografia cinese rivela fin dalla sua nascita una inevitabile influenza occidentale, ravvisabile nelle scene di paesaggi, vita quotidiana e ritratti, è pur vero che il patrimonio culturale di cui fa parte le restituisce una indiscussa peculiarità, in parte ancora poco conosciuta.

Marco Meccarelli

La storia della fotografia cinese è come la punta di un iceberg che affiora dall’acqua. Rende visibile una piccola parte di un intero ancora sommerso e tutto da scoprire. 

Nel cinese scritto per definire la “fotografia” vengono usati soprattutto due ideogrammi: “zhao” (luminosità, riflesso) e “ying” (ombra). Le espressioni contenenti “zhao” sembrano collegarsi alla radice greca del termine fotografia, ovvero “scrittura della luce” (“fos” luce e “graphìa” scrittura); quelle con “ying” hanno invece un’etimologia diametralmente opposta. “Sheying”, per esempio, con cui s’intendono l’arte e l’azione fotografica, è traducibile in: cattura l’ombra (“she” e “ying”). 

L’avvio di una pratica fotografica in Cina - tra le molte altre cose - è anche il risultato di una serie di preziosi contributi scientifici come lo studio dell’ottica, frutto di un antico interscambio culturale tra Oriente e Occidente, che portò all’invenzione della camera oscura; la chimica moderna da cui derivarono le sostanze fotosensibili; e ancora lo studio anatomico che divenne uno dei primi campi d’indagine fotografica. L’interesse verso la scrupolosa riproduzione del corpo umano fu una vera novità per la cultura cinese, che nelle arti figurative aveva rifiutato l’idea di “mimesis”. Fu dunque indispensabile la presenza degli occidentali, in particolare dei missionari, che si dedicarono all’insegnamento su come utilizzare lo «strumento per catturare le immagini»(1)

Ma la fotografia cinese non può prescindere anche dalla propria eredità culturale, a partire dagli assunti teorici e dalle modalità compositive della pittura, fino all’impostazione grafica e al procedimento tecnico di riproducibilità seriale della stampa xilografica(2)

Le origini storiche coincidono con la crisi del millenario impero cinese che, giunto al suo epilogo, diviene lo specchio esotico dell’Occidente.


Sze Yuen Ming, Quattro criminali (1890 circa), stampa con albumina.

(1) In Cina il primo manuale tecnico sulla fotografia giunto fino a oggi, dal titolo Meraviglie della fotografia (tuo ying qiyuan), pubblicato nel 1873, fu compilato dal medico missionario John Dudgeon (1837-1901) che sospese quotidianamente la propria professione di medico per dedicarsi alla traduzione in cinese del libro ai suoi studenti, e pubblicò articoli in riviste più o meno specializzate, facendo aprire scuole per trasmettere le conoscenze occidentali nella corte cinese. Cfr. Brush and Shutter: Early Photography in China, a cura di J. W. Cody e F. Terpak, Los Angeles 2011, p. 37.
(2) Sulle problematiche relative alla nascita e affermazione della fotografia cinese cfr. M. Meccarelli, A. Flamminii, Storia della fotografia in Cina, le opere di artisti cinesi e occidentali, Aprilia (Latina) 2011.

Lai Afong combina l’estetica della pittura cinese di paesaggio con la fotografia documentaria di stile occidentale


La prima data che segnala l’ingresso della fotografia in Cina è il 1839. Nell’anno in cui François Arago (1786- 1853) annuncia all’Académie des sciences di Parigi l’invenzione della più grande rivoluzione moderna nella storia della rappresentazione, in Cina scoppia uno dei conflitti più dolorosi della sua storia moderna, la prima Guerra dell’oppio (1839-1842, la seconda 1856-1860). L’esercito cinese viene umiliato dalle mire espansionistiche occidentali e i fotografi provenienti da differenti contesti geografici (perlopiù occidentali) - con l’occhio del diplomatico, del missionario, del soldato, del commerciante, oltre che dell’operatore - ritraggono una realtà plasmata dalla percezione di sé e dell’altro, dalle proprie fantasie ma anche dalle paure recondite. Gli avvenimenti non sono più solo descritti o dipinti ma fotografati, senza remore e titubanze a mostrare un’immagine troppo “vera”. 

Anche l’élite culturale cinese dal canto suo è intenta a cercare nuovi metodi di fissaggio dell’immagine, come testimonia il matematico Zou Boqi (1819-1869). Qui entra in gioco la prima data fondamentale sull’origine della fotografia cinese: il 1844. Nell’anno in cui Zou a Canton crea autonomamente la prima “fotocamera” cinese, Jules Itier (1802-1877) realizza i trentasette dagherrotipi di Macao e Canton, i primi esperimenti noti in Cina di un’immagine fissata mediante proiezione ottica su di un supporto sensibile alla luce. Poco dopo, Luo Yili (1802-1852) realizza, sempre autonomamente, uno dei primi, se non il primo, ambrotipo della storia(3)

L’imprinting della cultura occidentale sulla fotografia cinese è indiscutibile a partire dai tre temi principali: i paesaggi, le scene di vita quotidiana e i ritratti. 

Nel primo genere si distinguono personalità come Lai Afong (1859-1900) che a Hong Kong combina l’estetica della pittura cinese di paesaggio con la fotografia documentaria di stile occidentale. 

Intanto a Shanghai lo studio Sze Yuen Ming stampa scene di vita quotidiana, con immagini teatralmente ricostruite di torture e decapitazioni, che si inseriscono nel filone “esotico” nato, su spinta degli occidentali, anche per forgiare l’immaginario collettivo di un impero ignoto, crudele e finalmente domato.


Kung Tai, Parte di sette vedute dei giardini pubblici, (Shanghai 1868), stampa con albumina.


Lai Afong, Veduta del fume Min (1870 circa), da un album di sessanta vedute di Fuzhou e del fume Min.

(3) Zhongguo sheying shi 1840-1937 (Storia della fotografia cinese), a cura di Shen Chen e altri, Pechino 1990; B. Gordon, Looking at Photographs: Guide to Technical Terms, Los Angeles 1991. L’ambrotipia è un procedimento fotografico per la realizzazione di immagini su lastre di vetro. Messo a punto intorno al 1849 da Frederick Scott Archer, il metodo venne pubblicato per la prima volta sulla rivista “The Chemist” nel 1852, nell’anno in cui Luo Yili morì.

Liang Shitai e Yu Xunling imprimono nel ritratto fotografico imperiale i primi chiari segnali di uno stile più marcatamente cinese


I ritratti di cortigiane altolocate, invece, coprono un doppio mercato: quello della borghesia cinese arricchita per la fotografia di “icone” celebri del periodo, e quello del facoltoso committente estero per le immagini di anonime bellezze esotiche. 

Dal sapore retrò, queste “cartes de visite” ritoccate a mano regalano un profilo nostalgico, estetizzante e artistico di un mondo sul viale del tramonto. 

Liang Shitai (attivo a Hong Kong, Shanghai, Tianjin e Pechino negli anni successivi al 1870-1880) e Yu Xunling (1874-1943) imprimono nel ritratto fotografico imperiale i primi chiari segnali di uno stile più marcatamente cinese. Principi, eunuchi e l’imperatrice vedova Cixi (1835-1908) comprendono, nella fase della loro decadenza, il valore sociale della fotografia quale veicolo di propaganda e si fanno immortalare in una narcisistica sequenza fotografica a corte, secondo i canoni compositivi e stilistici della pittura cinese. Un insieme di segni socialmente riconoscibili vanno ad assemblare l’immagine, tanto allegorica, a tratti naïf, quanto reale: non è il “vero” a rappresentare la realtà oggettiva ma la verosimiglianza, simbolica e funzionale, che rinsalda il legame dell’uomo con la comunità, retaggio del pensiero ancestrale, come testimonia in particolare il confucianesimo. Questa dottrina, che divenne l’ideologia dell’impero, codificò profondamente la struttura della società cinese, emanando chiari codici comportamentali e fornendo un saldo sistema legato al rito così come un’efficace dottrina morale. 

La riflessione teorica in Cina anziché interrogarsi su cos’è la fotografia, sembra concentrarsi su come si debba fotografare. È la premessa alla ritualizzazione del ritratto fotografico che, con l’immobilità solenne, rimanda alle caratteristiche, quasi divine, dell’icona. L’ideale dell’arte per la società si esaspera, la realtà viene mistificata con quella forma di idolatria sociale nota come il culto della personalità di Mao Zedong (1893-1976) e nasce il simulacro della fotografia cinese di propaganda del XX secolo.


Liang Shitai, Uno degli eunuchi del palazzo (Pechino, 1860-1879), Los Angeles, Getty Research Institute.


Zou Boqi, Autoritratto (1850 circa), probabilmente ambrotipo su vetro, Guangzhou, Guangdong Museum of Art.

Ye Chung, Cartes de visite (1868 circa), stampa con albumina e aggiunta di colori.


Liang Shitai, Settimo principe (Chun Xian) e un cerbiatto (1886-1888), stampa con albumina.


Yu Xunling, L’Imperatrice madre Cixi della dinastia Qing mentre sistema la propria acconciatura (fne XIX secolo).

ART E DOSSIER N. 324
ART E DOSSIER N. 324
SETTEMBRE 2015
In questo numero: PRIMITIVISMI L'editoriale di Philippe Daverio; Il volto del serpente, l'Espressionismo in Toscana, Klee, Africa oggi; GLI UFFIZI a Casal di Principe; CINA OTTOCENTO La scoperta della fotografia. IN MOSTRA La Grande Madre, Gruppo Zero.Direttore: Philippe Daverio