cataloghi e libri

LUGLIO-AGOSTO 2015

HENRI MATISSE

Concedersi a un interlocutore, per quanto colto e avveduto, pone non poche difficoltà. Di questo il settantaduenne Matisse dovette rendersi conto nell’agosto 1941, a un passo dalla pubblicazione dei suoi “bavardages” (chiacchiere) concessi al critico ginevrino Pierre Courthion in quell’anno cupo. In diversi incontri a Lione (al Grand Hotel Nouvel e nell’angusto ristorante Garcin), a Nizza nel luminoso appartamento al Régina, Matisse, ormai famoso e appena ripresosi da una grave malattia, parlò della sua vita svelando giudizi su maestri, pittori, mercanti. Per vari motivi vietò poi la pubblicazione all’amico editore, Albert Skira, che aveva presenziato ad alcune “sedute”. Il dattiloscritto rimaneggiato e ridotto (uno fra i motivi di protesta), restò nell’archivio Courthion, fino a che negli anni Ottanta lo acquistò il Getty Research Institute. Anche le minute chiosate e corrette dall’artista (ora negli Archives Matisse a Issy) rendono conto dell’iniziale entusiasmo e dell’improvviso diniego, che costrinse il deluso Courthion a dichiarare che niente avrebbe mai scritto su quegli incontri. Non che la statura intellettuale e artistica di Matisse ne uscisse sminuita, ma c’era un che d’artefatto, per quanto corrispondente a quanto detto, nel “botta e risposta” ricostruito per rendere sistematica l’infinita di ricordi e osservazioni. Matisse, uomo di spirito ma riservato e di poche benché solide amicizie, aveva parlato senza filo conduttore, come si fa nei “bavardages”. Temette di sembrare “pomposo”, arrogante nelle dichiarazioni sulla pratica artistica e su quella gioia di vivere che gli permise di continuare a dipingere, nonostante gli acciacchi, la guerra, la famiglia controllata dai nazisti. Dopo molte titubanze, due anni fa gli eredi permisero di render noto il testo finale: un documento che oggi appare fresco e straordinariamente importante, nonostante l’evidente ricostruzione a tavolino. Dopo l’edizione integrale e illustrata con il testo in inglese e in appendice l’originale francese (Chatting with Henri Matisse. The lost 1941 Interview, Paul Getty - Tate Modern Edition) Skira pubblica l’edizione italiana ridotta.

L’intervista perduta con Pierre Courton a cura di serge Guribault Skira, Milano-Ginevra 2015 272 pp. € 18

IL MUSEO DI PALAZZO PRETORIO A PRATO

Dopo un lungo restauro e riordino, l’ex Museo civico di Prato (il cui primo nucleo risale al 1788), ha riaperto i battenti nel 2013 con una mostra, e infine è stato definitivamente inaugurato il 12 aprile 2014. Adesso è il Museo di Palazzo Pretorio, dal nome dell’imponente edificio tardo duecentesco che lo ospita. Dotato delle più moderne tecnologie, il bel museo, fra i più ricchi e antichi della Toscana, raccoglie un patrimonio eccezionale di opere fra le quali spiccano capolavori di Agnolo Gaddi, Filippo Lippi, Filippino Lippi, Alessandro Allori, Giovanni Bilivert, Mattia Preti, Lorenzo Bartolini, fino ad Ardengo Soffici e Jacques Lipchitz. Questo elegante catalogo ripercorre la storia dell’edificio e delle sue collezioni, e fornisce utili schede e illustrazioni di tutte le opere.



a cura di maria pia mannini, Cristina Gnoni maravelli Giunti Editore, Firenze 2015 288 pp., 200 ill. colore € 29, eBook € 14,99

LO SPECCHIO DEL RINASCIMENTO

Se è vero che ognuno di noi ha almeno un sosia, se ne trova conferma nella somiglianza dell’attore Andy Luotto con l’enigmatico personaggio ritratto dal ferrarese Dosso Dossi verso il 1517 (agli Uffizi dal 1798, noto come Il guerriero, inv. 889). Oggi, dopo lo studio avvincente di Marco Paoli, potremmo dire che Andy discende forse dal grande Ludovico Ariosto (1474-1533). Il dipinto infatti è ora identificato in uno dei ritratti del poeta ferrarese di cui parlano le fonti. Gran confusione si era fatta sul volto dell’Ariosto (il più noto “misunderstanding” è la sua identificazione con il dipinto di Tiziano alla National Gallery di Londra, in realtà probabile ritratto di un Barbarigo). La vicenda dei veri o presunti ritratti resta intricata ma Paoli vi si muove con agio, da detective. L’uomo degli Uffzi, forse sulla quarantina, era finora senza identità. A mezzo busto, dal fondo di un fosco paesaggio al tramonto, guarda verso l’esterno, mentre alla sua destra spiccano due allori. Sul capo ha un vistoso cappello con borchie, di sghimbescio; alla veste s’aggancia un corsetto metallico con fibbie. Il pugno stringe l’elsa di una spada. La proposta di Paoli, che fa parte di un articolato studio sulla ritrattistica riferibile all’autore dell’Orlando furioso, che fu anche combattente e diplomatico, si avvale di considerazioni che qui è impossibile anche solo sintetizzare. Ricorderemo almeno che l’alloro, simbolo dei poeti, è presente in un altro ritratto dipinto da Dosso (ora a Wichita, Kansas, dalla collezione Kress di New York), che Zeri datava fra 1515 e 1525. L’uomo, piuttosto somigliante a quello degli Uffizi (meno a Luotto), regge in mano un rametto d’alloro avvizzito, e corrisponde alla descrizione di alcuni versi del Capitolo III, testo in rima composto a seguito di una missione dell’Ariosto a Firenze, per conto di Alfonso I d’Este, per rendere omaggio al moribondo Lorenzo de’ Medici duca d’Urbino («di mia mano posi un ramoscel di lauro»). Qui Paoli ricostruisce non solo un verosimile corpus di ritratti ariosteschi, ma rivede altri dipinti di Tiziano e Palma il Vecchio, con nuove identificazioni.

Novità su Tiziano e Dosso che ritraggono Ariosto marco paoli Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca 2015 126 pp., 18 ill. colore € 30

«DI MOLTE FIGURE ADORNATO»

Viene proprio voglia di rileggere l’Orlando furioso. Sono usciti infatti a breve distanza due libri sull’iconografa ariostesca, diversi ma complementari. Il primo, di Marco Paoli, di cui si rende conto nelle colonne qui a fianco, è un’erudita indagine sul volto dell’Ariosto, del quale finora erano note solo due incisioni, col poeta non più giovanissimo, ma nessuna immagine risalente agli anni in cui uscì la prima edizione (1516) dell’Orlando furioso (la definitiva è del 1532, un anno prima della morte). Oltre alla proposta d’identificarne il volto in due intensi ritratti dipinti da Dosso Dossi, artista citato per i favori ricevuti nel canto XXXIII del poema, Paoli ipotizza che alcuni ritratti cinquecenteschi ritenuti dell’Ariosto - come quello di Palma il Vecchio a Londra (National Gallery inv. 636) - siano invece di un altro poeta oggi meno noto, il veneziano Niccolò Dolfn che nel 1516 pubblicò un’edizione del Decameron. La bravissima Federica Caneparo, invece, ha ricostruito con acribia e ricchezza d’informazioni il vasto catalogo, assai meno esiguo di quanto si ritenesse finora, dei cicli affrescati ispirati all’Orlando furioso, eseguiti in Italia (e non solo) a poca distanza dalle sue numerose e fortunate edizioni. Come lei stessa racconta, grazie a un pubblico ampio ed eterogeneo di lettori si erano presto diffuse molte edizioni illustrate del poema, e i suoi fantastici episodi nonché i singoli personaggi, particolarmente amati dai lettori, avevano cominciato a popolare quadri, sculture, perfino maioliche e altri oggetti preziosi. Meno si sapeva dei cicli di affreschi, molti andati (o ritenuti) perduti, altri ignoti perché in dimore private. Caneparo non solo ha rintracciato, con una ricerca certosina in tutta Italia e perfino in Spagna, decine di affreschi con le meravigliose avventure di Orlando, Angelica, Fiordiligi, Astolfo, Agramante, Ruggiero, Bradamante e tutti gli altri, ma anche ha dimostrato con ricchezza di interpretazioni le diverse esigenze dei committenti, che si identificarono di volta in volta nelle virtù degli eroi e nelle eroine ariosteschi.


L’Orlando furioso nei cicli pittorici tra Cinque e Seicento federica Caneparo Offcina Libraria, Milano 2015 480 pp., 240 ill. colore e b/n € 39

ART E DOSSIER N. 323
ART E DOSSIER N. 323
LUGLIO-AGOSTO 2015
In questo numero: UN'ESTATE D'ARTE Le mostre da non perdere da Roma a Pompei, da Milano a Firenze e a Parigi; Le biennali più politiche e l'Expo più bella; L'arte della ceramica: Delft vs Cina. IN MOSTRA Rops/Fabre, Gormley, Lachapelle, Arts & Foods, Le Corbusier, Pompei, Piero di Cosimo.Direttore: Philippe Daverio