Grandi mostre. 1 
Gormley a Firenze

presenza
fra di noi

Gli spazi di Forte Belvedere a Firenze si sono popolati di una moltitudine di figure antropomorfe, in metallo. Sculture che propongono al visitatore un dialogo sul tema del corpo, da sempre al centro della ricerca di Gormley come perno di ogni possibile riflessione sull’esistenza.

Sergio Risaliti

negli ultimi decenni il Forte di Belvedere ha ospitato le opere dei grandi artefici del nostro tempo, massimamente scultori in grado di cimentarsi con le severe geometrie di quell’architettura militare e con uno skyline che toglie il fiato. La funzione espositiva del Forte, dopo quella contemplativa del Belvedere, è stata sperimentata e messa a regime per la prima volta da Henry Moore. Dopo si sono succeduti artisti del calibro di Dany Karavan, Beverly Pepper, Michelangelo Pistoletto, Mimmo Paladino, Mario Merz e Giuseppe Penone.

 Quest’anno i bastioni e le sale della Palazzina disegnata da Bernardo Buontalenti accolgono centoventi sculture in ferro di Antony Gormley, tra i maggiori protagonisti dell’arte presente. Gormley (nato nel 1950 a Londra) si occupa da sempre della rappresentazione della figura umana, anzi del corpo inteso anche come architettura, in relazione allo spazio, sia quello naturale sia quello urbano, di oggi come del passato. Come ha dichiarato l’artista, «il corpo deve essere per il XXI secolo quello che l’astrazione è stata per il Novecento.
Un linguaggio per comprendere il mondo». Firenze è dunque una tappa inevitabile del percorso artistico di Gormley. E proprio con la civiltà fiorentina di Coluccio Salutati e di Marsilio Ficino, di Brunelleschi e di Michelangelo, egli si è voluto confrontare, come suggerisce il titolo dato alla mostra, Human.
L’umanesimo è l’orizzonte di riferimento dell’artista britannico, che con le sue opere intende mettere in atto una critica all’estetica e filosofia rinascimentale, liberando l’arte da aspirazioni metafisiche, da una concezione idealistica della storia e del progresso. Eppure l’arte e il pensiero di Michelangelo e di Pico della Mirandola sono dei punti di riferimento per Gormley, in quanto fautori della libertà dell’uomo - «magnum miraculum» - coinvolto nella dialettica tra alto e basso, tra ideale e reale, tra assoluto e relativo. L’umanesimo di Gormley non mette l’uomo occidentale al centro del mondo, e presuppone una diversa concezione del cosmo, una diversa fenomenologia e gnoseologia. Potremmo dire che l’uomo è solo una piccola parte di un universo regolato da relazioni complesse fra macro e microcosmo.

Gormley sostiene che ogni sua opera «nasce da un istante vissuto da un corpo particolare, in un momento particolare, in una posizione particolare»



Con le sue sculture e i suoi disegni, Gormley fissa in forme di nuovo modernismo sensazioni comuni ed esperienze condivise, nuovi paradigmi scientifici, conoscenze fisiche e antropologiche che influenzano e plasmano le nostre decisioni e i nostri sentimenti, le nostre azioni e reazioni. Sappiamo di non essere al centro del mondo ma di esserne parte. Come sostiene il fisico Carlo Rovelli, siamo «nodi di una rete di scambi e siamo fatti degli stessi atomi e degli stessi segnali di luce che si scambiano i pini sulle montagne e le stelle nelle galassie». Camminando per gli spalti e le terrazze della fortezza, circumnavigando la villa, ci imbattiamo in una molteplicità di figure in ferro posizionate una a una dall’artista secondo un’attenta e sensibile lettura dell’architettura, dei piani perimetrali, delle fughe prospettiche e degli orizzonti paesaggistici. Un intervento da lui definito in termini di “agopuntura”. In tale dispiegamento di masse e profili antropomorfi riscontriamo qualcosa di familiare, di immediatamente condivisibile: atteggiamenti e pose umane che mutano di opera in opera. Le sculture in ferro sono di per sé statiche, sia quelle realizzate con calchi corporei sia quelle costruite più recentemente con la composizione di volumi geometrizzanti. Le prime figure si presentano in forme molto arcaiche, piuttosto rigide, con le braccia e gli arti inferiori paralleli e quasi sempre attaccati al tronco, la testa sempre girata frontalmente, sia che stiano sedute su uno dei muri perimetrali, a un’altezza di circa venti metri, sia che si trovino appoggiate a un contrafforte, o riverse sulle scalinate di accesso. Gormley rinuncia alla scala sublime, al titanismo, al monumentale. Eliminando il piedistallo fa poggiare le sue figure direttamente al suolo, in modo da creare un immediato parallelismo con le persone reali, i visitatori, che aumenta a dismisura l’empatia e il dialogo tra la scultura e noi stessi, fino a restituire intimità e concentrazione emotiva alla relazione arte-spettatore in quel luogo, condizionato per eccesso dalla bellezza e dal sublime rinascimentale. Gormley sostiene che ogni sua opera «nasce da un istante vissuto da un corpo particolare, in un momento particolare, in una posizione particolare » e che «si può avvicinare la condizione umana solo in termini di architettura e corpo».
Fin dall’inizio della sua carriera lo scultore aveva le idee molto chiare e ai suoi studenti del Maidstone College of Art chiedeva di percepire il corpo nello spazio e di prestare attenzione all’ampiezza dei gesti delle membra e alla loro articolazione: «Cercate di sentire lo spazio esterno dal vostro interno, non applicate un confine alle sensazioni, ma pensate al corpo come a un pianeta che ha diverse influenze orbitali. L’obiettivo dell’esercizio è ampliare la chiarezza della percezione superando il confine abituale dell’esperienza. Dove si fanno meno netti i confini tra la forma solida e lo spazio e le forze che agiscono su di voi diventano più chiare».
Camminare per il Forte Belvedere è un’esperienza rivelatrice di come l’arte di oggi sappia esplorare la realtà superando illusioni e apparenze, categorie e canoni. Arcaismo e futurismo, cubismo e astrazione sembrano categorie superate da un linguaggio moderno che combina passato e futuro, finito e infinto, geometria e psicologia, emozioni e intuizioni, e che soprattutto persevera a indagare il corpo umano, la sua anatomia, le strutture profonde e l’interazione tra interno ed esterno, per metterci nella condizione di sapere da dove veniamo e dove andiamo.


Le immagini che illustrano questo articolo mostrano alcune delle fgure realizzate da Antony Gormley per Human, al Forte Belvedere di Firenze.







ART E DOSSIER N. 323
ART E DOSSIER N. 323
LUGLIO-AGOSTO 2015
In questo numero: UN'ESTATE D'ARTE Le mostre da non perdere da Roma a Pompei, da Milano a Firenze e a Parigi; Le biennali più politiche e l'Expo più bella; L'arte della ceramica: Delft vs Cina. IN MOSTRA Rops/Fabre, Gormley, Lachapelle, Arts & Foods, Le Corbusier, Pompei, Piero di Cosimo.Direttore: Philippe Daverio