Nel 1515, prima di prendere servizio alla corte di Enrico VIII, Thomas More soggiornò nelle Fiandre, a Malines, e lì scrisse la sua opera più celebre, L’utopia, delineando il suo modello di società ideale. Strenuo difensore del cattolicesimo, oltre che raf finato umanista, More è anche ricordato per l’intransigenza con cui perseguitò e mandò al rogo tutti coloro che riteneva eretici. Anche la ragione può generare mostri, ed è proprio attorno all’aspetto irrazionale del pensiero che si incentra la prossima edizione - la numero 7 - di Contour, la biennale belga dedicata alle immagini in movimento, che quest’anno (dal 29 agosto all’8 novembre) è curata dallo studioso di cultura visuale Nicola Setari e vanta un comitato di consulenti d’eccezione di cui fanno parte la curatrice Chus Martínez, l’iconologo W.J.T. Mitchell e la teorica d’arte e fotografa Hilde van Gelder.
In omaggio a Thomas More, Contour 7 ripercorre un immaginario fatto di mostri, martiri e media tra passato e presente, presentando film, video, installazioni e performance di una ventina di artisti internazionali. La mostra si snoda in un percorso che coinvolge alcuni dei luoghi-simbolo di Malines: il Centro culturale; la “Vlietenkelder”, uno spazio sotterraneo ricavato da uno dei canali medievali della città; il Museo municipale e il Museo dell’olocausto Kazerne Dossin; la cattedrale gotica di San Rombaldo; e la cappella “de Noker”, nell’ex ospedale della confraternita religiosa cinquecentesca dei Cellebroeders. La rosa di artisti di Contour 7 include nomi come i belgi Jan Fabre (1958), che si muove tra ar te visiva e teatro ( l ’anno sco r so lo Strehler di Milano ha avuto in cartellone due suoi storici lavori, Il potere della follia teatrale, del 1984, e Questo è teatro come ci si doveva aspettare e prevedere, del 1982, uno spettacolo-maratona di circa otto ore), e Johan Grimonprez (1962), che sperimenta le possibilità dei nuovi media, ma con atteggiamento alquanto critico nei confronti dell’eccessiva manipolazione delle immagini. E ancora: l’altoatesino Michael Fliri (1978), nei cui video e performance si ritrovano una beffarda ironia, così come una profonda malinconia, e il bulgaro Nedko Solakov (1957), che con un linguaggio apparentemente semplice e infantile affronta con sagace irriverenza importanti questioni sociali.
In mostra anche gli italiani Chiara Fumai (1978), autrice di video e performance anarchiche e femministe; Grazia Toderi (1963), conosciuta soprattutto per le sue affascinanti proiezioni video che studiano le dinamiche dello spettacolo e il rapporto tra scena-platea, attore-spettatore; e Gilberto Zorio (1944), che con le sue sculture e installazioni di ambito poverista realizzate con materiali “processuali” affronta concettichiave come l’energia, la trasformazione, la vita.