IL DESIGN

Henry Cole, promotore con il principe Alberto della Great Exhibition del 1851, il cui motivo principale di interesse era l’arte applicata all’industria,

qualche anno prima aveva coniato la figura dell’“Art manifacturer” ossia l’artista-fabbricante che può considerarsi il precursore del moderno designer.
Personalità poliedrica, Henry Cole fondò il primo nucleo del Victoria and Albert Museum e, postulando la più stretta collaborazione con l’industria, opponendosi alla teoria di Morris che propugnava la rinascita dell’artigianato, proponeva l’educazione al design a partire dalle scuole elementari.
Una prima implicazione al design c’era già nelle macchine industriali presentate a Londra nel 1851; efficienti, funzionali e senza alcuna pretesa estetica, marchiarono il vero progresso compiuto durante la rivoluzione industriale anche in fatto di gusto.
Michael Thonet, anticipando l’Art Nouveau, presentò il suo modello di sedia n. 5 con le gambe anteriori sdoppiate e curvate per seguire il perimetro del telaio della seduta. Il linearismo strutturale della tecnica Thonet, che consisteva nell’inumidire elementi di legno per poterli curvare, restituendo al materiale impiegato la sua elasticità grazie al vapore, diventò linguaggio, stile; uno stile che ha resistito alle tendenze delle mode, eternato nelle opere di pittori come Jacques-Joseph Tissot.
Ai mobili Thonet si affiancarono quelli brevettati e trasformabili, o «mobili degli ingegneri», come li chiamava Sigfried Giedion, nati dalle esigenze del ceto medio che, non disponendo di abitazioni spaziose, necessitava di elementi d'arredo versatili.
Siamo nel 1893, l'anno della World's Columbian Exposition in cui il modello regolabile della celebre poltrona pieghevole in ferro di G. Wilson del 1871, prodotto a Chicago, viene pubblicizzato come «La migliore poltrona del mondo intero [...] reclinabile o da riposo, o di letto a lunghezza intera regolabile in qualunque posizione».
In Italia, intanto, grazie anche a personaggi del calibro di Camillo Boito, si cercava di legare, nel processo produttivo, il momento artigianale-decorativo a quello produttivo- industriale con la creazione di Scuole superiori d’arte applicata all’industria.


Carlo Bugatti, Sedia (1902); Parigi; Musée d’Orsay. L’opera è stata presentata all’Esposizione internazionale d’arte decorativa moderna di Torino nel 1902.

Eugenio Quarti, Poltrona (1900-1906), presentata all’Esposizione internazionale di Milano nel 1906.


Jacques-Joseph Tissot, Giovane donna in una sedia a dondolo (1873 circa); Los Angeles, J. Paul Getty Museum.


Joseph Hoffmann, galleria principale del padiglione dell’Austria, Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes, Parigi 1925.

Il regolamento dell’Esposizione di Torino del 1902, infatti, non ammetteva imitazioni di stili del passato, né la produzione industriale priva di senso artistico; queste regole furono ben rappresentate sia dall’ebanista Carlo Bugatti, che a Torino vinse il primo premio per il suo saper utilizzare insieme materiali diversi creando uno stile unico, sia da Eugenio Quarti, con il suo stile altrettanto inconfondibile ma più sobrio.

Padiglione della Germania, Exposición Internacional de Barcelona ed Exposición Iberoamericana de Sevilla, Barcellona 1929.


Le Corbusier, Padiglione Esprit Nouveau, Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes, Parigi 1925.

Già vincitore del Grand Prix all’Exposition Universelle del 1900, Eugenio Quarti fu molto apprezzato anche a Milano nel 1906 dove, per la “Sala da pranzo” nella quale usò il palissandro con intarsi di pasta di vetro e ottone, fu insignito del premio più prestigioso, il Gran premio reale oltre al Gran premio dell’Esposizione.
Nel primo Novecento, fino alla nascita del vero e proprio design, il ruolo di nazione leader nel campo delle arti applicate toccò alla Germania che ebbe come modello gli Stati Uniti. Nel momento in cui lo scontro tra artigianato e industria fu ormai maturo, il design fece i suoi primi passi.

Ludwig Mies van der Rohe, poltrona Barcelona, modello MR 90 (1929); Houston, Museum of Fine Arts. L’opera è stata presentata all’Exposición Internacional de Barcelona ed Exposición Iberoamericana de Sevilla, Barcellona 1929.


Alvar Aalto, vaso Savoy, disegnato nel 1936 e realizzato nel 1937 (manifattura Karhula Glassworks); Londra, V&A - Victoria and Albert Museum. L’opera è stata presentata all’Exposition Internationale des Arts et des Techniques dans la Vie Moderne, Parigi 1937.

John Ruskin, padre del preraffaellismo e dell’Arts and Crafts, ispirato alle corporazioni medievali di arti e mestieri, e sostenitore della manifattura artigianale e quindi del manufatto realizzato a regola d’arte, opponendosi al modello del prodotto industriale, influenzò i movimenti successivi: l’Art Nouveau e la Wiener Werkstätte, fino al Deutscher Werkbund, tappa importante per la nascita del Bauhaus, prima vera scuola di formazione di design nata nel 1919 a Weimar a opera Walter Gropius.
La storia del design deve alla Francia l’Art Déco, il movimento del gusto nato impropriamente dall’Exposition Internationale des Arts Décoratifs di Parigi del 1925, data che paradossalmente ne iniziò il tramonto. Proprio all’Esposizione del 1925, Joseph Hoffmann, al quale già nell’Exposition Universelle del 1900 era stata affidata la progettazione dell’allestimento della Kunstgewerberschule, realizzò il padiglione austriaco e organizzò gli interni secondo percorsi a corridoio, lungo i quali si incontravano i vari spazi espositivi.
Pulp and Paper Industry Pavilion, Expo ’67, Montreal 1967. Il trattamento delle superfici, per fasce orizzontali, era il tema dominante anche in facciata. La cura di Hoffmann nel trattare la pelle delle sue creazioni conferma la costante osmosi tra il livello del design e quello dell’architettura.
Le Corbusier, affascinato dai mobili di legno curvato di Thonet, decise di utilizzare il tubolare d’acciaio e diede vita alla “sedia da ufficiale britannico”. Progettò il padiglione dell’Esprit Nouveau, una cellula di casa popolare che si proponeva come unità minima standardizzata di una struttura urbana; era una scatola bianca costruita attorno a un albero con arredi di produzione industriale e sembrò essere una risposta a chi rimproverava all’arte decorativa moderna il suo disinteresse verso la clientela popolare e il creare solo cose per ricchi.
L’Esposizione del 1925 «segna il punto di arrivo di un fenomeno culturale che, solo a distanza di quarant’anni, nel 1966, si è potuto leggere e denominare in maniera unitaria come “Decò” […] segnando il contraddittorio approdo alla modernità»(11).
L’Esprit Nouveau annunciò l’avvento del modernismo.
A Barcellona nel 1929, Ludwig Mies van der Rohe progettò il padiglione tedesco a pianta libera e, pensata per i reali di Spagna in visita all’Esposizione, disegnò la poltrona Barcelona, diventata icona dell’industrial design.
Alvar Aalto, nel 1937, nel suo padiglione progettato per la Finlandia, presentò il vaso Savoy dalla forma organica che rimandava ai fiordi norvegesi, nato come contenitore per l’ikebana, l’arte giapponese della composizione floreale.
La presenza del padiglione italiano all’Esposizione parigina del 1937, che vide la progettazione architettonica di Marcello Piacentini con la progettazione d’interni di Giuseppe Pagano, e la Mostra dei sistemi costruttivi e dei materiali per l’edilizia del 1936 preannunciarono il programma della Mostra internazionale della produzione in serie alla VII Triennale di Milano del 1940: la prima Esposizione specificamente dedicata al design in Italia che segna la data di nascita del design italiano.
Con Walter Dorwin Teague, a Chicago nel 1933, l’industrial design entra nella storia delle Esposizioni e comincia la sua evoluzione fino al 1967 a Montreal dove vive il proprio trionfo.
A Montreal l’architettura diventa design. William Kissiloff disegna una foresta stilizzata per celebrare l’orgoglio canadese, l’importanza del settore produttivo di carta e cellulosa: quarantaquattro alberi di varie altezze dipinti in quattro tonalità di verde, in douglas compensato su un telaio in acciaio che, oggi, diventano texture per la moquette Montreal 1967 della collezione “World Expo” dedicata, dal marchio danese “ege”, a una selezione di Esposizioni universali storiche.


Pulp and Paper Industry Pavilion, Expo ’67, Montreal 1967.

Philippe Starck, Lou Lou Ghost, Expo 2010, Shanghai 2010.

Fabio Novembre, Le affinità elettive, Expo 2010, Shanghai 2010.

(11) Parigi 1925. Architettura e arredo urbano dell’Exposition Internationale des Arts Decoratifs et Industriels Modernes, in Le città dei prodotti, a cura di E.Mauro, E. Sessa, Palermo 2009.

Philippe Starck, Uncle Jack, Expo 2015, Milano 2015.


Veduta aerea di Expo Milano 2015, rendering.


Esterno del Padiglione Italia all’Expo Milano 2015.

All’Expo 2010 di Shanghai, l’Italia ha celebrato “la trasparenza” nell’architettura e nell’industrial design traducendo questa qualità, sempre appartenuta al vetro, attraverso l’utilizzo di materiali diversi: il cemento trasparente per il padiglione progettato dell’architetto Giampaolo Imbrighi e, negli interni, il policarbonato delle sedute disegnate da Philippe Starck per Kartell, alle quali, oggi, si aggiunge il divano Uncle Jack, audace esempio di iniezione di policarbonato trasparente in un unico stampo.
Fabio Novembre ha presentato la sua creazione ispirata al terzo romanzo di Johann Wolfgang von Goethe: Le affinità elettive, il filo rosso con cui Freud definisce l’inconscio. L’installazione, realizzata in materiale artificiale (denominato pRAL®2086) ottenuto dall’unione di un minerale naturale e di un polimero acrilico, sembrava un grande nastro, che, dopo essersi dimenato nello spazio del vano che lo conteneva, aderendo in parte a pareti e soffitto, si era cristallizzato fino a formare una croce.
È il filo rosso della storia dell’uomo, dell’arte, del design e della moda, sul quale il designer ha impresso citazioni concettuali che esprimevano, in maniera impersonale ma inequivocabile, il genio di quattro personaggi rappresentativi dell’eccellenza: Leonardo da Vinci, Umberto Boccioni, Lucio Fontana e Miuccia Prada. Ecco, quindi, un “taglio” al centro del nastro attraverso il quale si vedeva in bassorilievo la rappresentazione dell’Ultima cena leonardesca.
La dinamicità evocativa del nastro si ripeteva nei personaggi: una delle più famose sculture futuriste firmate Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, rigorosamente di colore rosso, inseguiva un essere umano vestito Prada.
Anche la nostra Expo Milano 2015 (1° maggio - 31 ottobre) manifesta il suo sguardo alla storia già nella struttura del master plan, concepito sulle tracce dell’urbanistica romana in un’interpretazione contemporanea del castrum latino; e, dall’epicentro dell’area espositiva, l’Italia si presenta al mondo e lo accoglie, celebrando la sua identità con un’architettura, progettata dallo studio Nemesi & Partners, che vuole essere metafora della vita.
L’expo appare, quindi, oggi più che mai, come un grande faro culturale orientato verso la ricerca di un habitat consono alla dignità e all’integrità dell’uomo, raccogliendo tutti i valori umani in un medesimo alveo, e portando con sé un bagaglio di messaggi tali da ridestare il passato, redimere il presente e annunciare un florido futuro, ed Expo Milano 2015 se ne fa interprete ed ambasciatrice.

EXPO! ARTE ED ESPOSIZIONI UNIVERSALI
EXPO! ARTE ED ESPOSIZIONI UNIVERSALI
Ilde Marino
La presente pubblicazione è dedicata alle Esposizioni Universali. In sommario: Le Esposizioni universali: ''La mise en scène du monde''; Le Esposizioni universali ottocentesche come lezioni di gusto: l'orientamento e il mito dell'Alhambra; L'''architettura del potere'' e il ''potere dell'architettura''; Il design. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.