Finestre sull'Arte


un museo nuovo
per i duchi d’este

di Federico Giannini

A tre anni esatti di distanza dalla scossa che il 29 maggio 2012 fece tremare rovinosamente l’Emilia per la seconda volta nel giro di appena nove giorni, la Galleria estense di Modena ha riaperto finalmente i battenti. A seguito degli eventi tellurici il Palazzo dei musei, che ospita la galleria assieme ai Musei civici, all’archivio della città e alla Biblioteca estense, aveva subito danni estesi. «Quando, nell’Ottocento, l’edificio fu ampliato», ci fa sapere Stefano Casciu, che in qualità di soprintendente di Modena e Reggio Emilia ha seguito i lavori, «non si tenne conto dei vincoli statici: così nel 2012, malgrado le opere non avessero riportato danni, le pareti subirono gravi lesioni». Tanto che i locali del museo furono dichiarati inagibili. Occorreva, dunque, mettere in sicurezza l’edificio, dacché la galleria contiene un patrimonio culturale e artistico di altissimo valore: è qui conservata gran parte della collezione d’arte che gli Este spostarono da Ferrara a Modena nel 1598. Opere di scuola ferrarese, come il singolare Sant’Antonio da Padova di Cosmè Tura o il cospicuo gruppo di dipinti di Dosso Dossi, oppure sculture celebrative, e ancora i sontuosi strumenti musicali o la ricca raccolta numismatica. In seguito, grazie al raffinato gusto di Francesco I d’Este, la collezione conobbe un significativo arricchimento: il duca acquistò i celebri “soffitti di Modena” del Tintoretto e il Compianto su Cristo morto con i santi Francesco e Bernardino di Cima da Conegliano, ottenne una sua effige dipinta da Diego Velázquez e si fece scolpire un busto-ritratto da Gian Lorenzo Bernini, oggi considerato simbolo della galleria. I duchi che gli succedettero continuarono la sua opera di mecenatismo, e le raccolte estensi si ampliarono ancora con i dipinti di Veronese, di Guido Reni, del Guercino, nonché con uno dei principali pezzi della galleria, l’Altarolo portatile di El Greco. Senza trascurare le opere provenienti da Modena e dintorni di Wiligelmo e Nicolò dell’Abate, e le terrecotte di Guido Mazzoni e Antonio Begarelli.

Questo vasto patrimonio si presenta oggi al pubblico con un nuovo allestimento in ventidue sale tutte rinnovate. «Abbiamo voluto far sì che il percorso museale», continua Casciu, «fosse coerente con il progetto di Leone Pancaldi e Amalia Mezzetti, che lo rinnovarono tra il 1968 e il 1975. Con un’altra novità, il colore degli allestimenti: il bianco del progetto Pancaldi sarebbe stato fuori moda, dunque abbiamo optato per un avorio generale e per tre toni di grigio, che hanno lo scopo di esaltare le opere esposte». Gli interventi sono costati 760mila euro, di cui 55mila euro giunti da donazioni di aziende e privati cittadini. Il pubblico può oggi ammirare più di seicento opere, alcune delle quali provenienti dai depositi e restituite agli occhi dei visitatori. «Sono circa cinquanta i pezzi usciti dai depositi», conclude Stefano Casciu, «e nella selezione abbiamo privilegiato opere che abbiano un rapporto significativo con la città. Per esempio quelle del Settecento modenese, esposte nell’ultima sala: fino a oggi non erano visibili».

ART E DOSSIER N. 322
ART E DOSSIER N. 322
GIUGNO 2015
In questo numero: ESPRESSIONISMO In mostra a Genova tra avanguardia e Bohème. L'ARTE, LA GUERRA E LA PACE: Dai pittori garibaldini a Yoko Ono. PHILIPPE DAVERIO La follia della Grande Guerra. IN MOSTRA Visconti e Sforza, Illustrazione di guerra.Direttore: Philippe Daverio