L'architettura per l'arte


un’opera
senza tempo

di Aldo Colonetti

«L’architettura è una straordinaria miscela, che è fatta di necessità, da quella cosa testardissima che è la forza di gravità, dal peso delle cose e, grazie al cielo, anche dalle aspirazioni sociali, dai bisogni della comunità. Nessuno ci aveva chiesto di disegnare un edificio sollevato da terra, ma era evidente che quello era il modo giusto per agganciarsi al resto della città». Da questa riflessione di Renzo Piano si sviluppa tutto il lavoro progettuale per il nuovo Whitney Museum of American Art, inaugurato i primi di maggio a New York: siamo nella zona sud di Manhattan, Meatpacking District, un quartiere industriale in piena trasformazione; in particolare il nuovo museo è «affacciato da un lato sul fiume Hudson, e dall’altro esattamente al termine della High Line, dove era stata interrotta durante la demolizione parziale, prima di deciderne il recupero». Il Whitney (nato dal progetto di Renzo Piano Building Workshop) è una grande istituzione dell’arte americana, moderna e contemporanea; la sua sede storica è sempre stata, dal 1966, in un’altra zona della città, tra la Madison Avenue e la 75ma strada, progetto di Marcel Breuer, anche se la sua origine, come museo indipendente, fondato da Gertrude Vanderbilt Whitney, è del 1931.

Il cantiere è partito nel 2006: più di otto anni di lavoro, circa 19.500 metri quadri, sollevati dal suolo: «Questa era un’idea importante, condivisa da tutto il board del museo, in particolare da Leonard Lauder, presidente, e Adam Weinberg, direttore; non prendere possesso dello spazio a terra, ma lasciarlo alla città, farsi invadere dalla strada. Un museo accogliente come una piazza, uno spazio trasparente e accessibile, non elitario». È un grande volume, il museo è «una massa notevole» che si fa vedere da tutti i punti di vista della città; inoltre una serie di terrazze dialogano con lo skyline di New York. All’interno, grandi spazi flessibili e aperti (questa è una caratteristica costruttiva di tutti i musei dell’architetto), uno dei quali, al quinto piano, è una sala rettangolare di 1.675 metri quadri senza pilastri, lunga 81 metri e larga 22,5. Un luogo ideale per le grandi sculture, come se fosse una sorta di piazza urbana al coperto.


«Quando si progetta un museo, l’assoluta protagonista è l’arte, non l’architettura. Non bisogna dimenticare che la base dell’architettura è quella di creare ripari per le funzioni umane; quando progetti una casa, devono essere le persone che ci vivranno a guidarti, se fai una sala da concerti, è la musica a comandare».

L’edificio si sviluppa in altezza, per cui la scelta di Piano è stata quella di non nascondere, ma mettere in evidenza tutti i percorsi verticali, trasformandosi in «espressione di movimento ». Una sorta di omaggio ai due grandi ascensori al piano terra dell’edificio di Marcel Breuer: anche questi riferimenti fanno parte della cultura della memoria, al centro della poetica di Piano, senza però nostalgie né citazioni inutili.

Nuovi e molto interessanti, rispetto ai lavori precedenti, i materiali utilizzati: all’interno cemento a vista la cui bellezza «è la massa, che deve essere espressa; ad esempio, tutti gli angoli sono costituiti da pezzi unici». Il pavimento, come spesso accade nei lavori di Piano, è di legno di pino, recuperato da vecchie assi. La facciata, questa sì, è totalmente nuova nel suo linguaggio, è rivestita da pannelli di acciaio che avvolgono tutta la struttura come se fossero nastri. La “pelle” dell’edificio, verniciata di un azzurro molto chiaro, che gioca con la luce, segue le diverse inclinazioni della costruzione, creando una serie infinita di effetti luminosi.

Il nuovo Whitney sarà progressivamente “adottato” dallo skyline di New York, perché, come è tipico del lavoro di Renzo Piano, il dialogo con la storia avviene nel segno né dell’imitazione né della trasgressione “presuntuosa”, ma attraverso ciò che Gillo Dorfles definisce, nelle sue «oscillazioni del gusto», con il concetto di sensibilità contemporanea: «Contrariamente al senso comune, il pubblico di solito è più spontaneamente sensibile, e accessibile ai fenomeni artistici del presente e ben poco a quelli del passato». Certamente il gusto oscilla, ma parallelamente è in grado di individuare alcuni simboli, trasformandoli velocemente in una testimonianza, nel nostro caso in un’opera senza tempo, come se fosse sempre stata lì. Questo è il caso del nuovo museo di Renzo Piano, come della maggior parte dei suoi progetti.






Tutte le citazioni riportate nel testo sono tratte dal volume Whitney. Whitney Museum of American Art, a cura di L. Piano e F. Origoni, Genova 2015.

Whitney Museum of American Art

New York, 99 Gansevoort street
orario 10,30-22, domenica, lunedì, mercoledì 10-18, martedì chiuso
www.whitney.org

ART E DOSSIER N. 322
ART E DOSSIER N. 322
GIUGNO 2015
In questo numero: ESPRESSIONISMO In mostra a Genova tra avanguardia e Bohème. L'ARTE, LA GUERRA E LA PACE: Dai pittori garibaldini a Yoko Ono. PHILIPPE DAVERIO La follia della Grande Guerra. IN MOSTRA Visconti e Sforza, Illustrazione di guerra.Direttore: Philippe Daverio