artisti
al fronte

Il primo conflitto mondiale fu la prima guerra moderna, non solo perché vennero utilizzate armi assolutamente inedite come gli aerei dell’aviazione

ei MAS (di cui si è già parlato) o i sottomarini della marina, oppure nuovi ordigni come le bombe a mano e le mine; ma perché fu per la prima volta documentata con le fotografie e i filmati. Tutte le nazioni coinvolte, così, si dotarono di raccolte documentarie e l’Italia non fece eccezione, catalogando fin dal 1915 questo materiale, in modo sistematico, presso le varie sedi (per esempio: Torino, Milano, Genova, Brescia, Firenze, Roma, Napoli) dell’Istituto del Risorgimento, grazie alla cura di Paolo Boselli, grande studioso di storia, politico, più volte ministro, fondatore del Museo centrale del Risorgimento al Vittoriano. Le fotografie ritraevano i soldati in trincea nei momenti di pausa, oppure gli effetti dei bombardamenti o, ancora, le cerimonie ufficiali(33). Oltre che da questo nuovo mezzo di ripresa, però, la storia del conflitto fu seguita da specifici mezzi d’informazione diversi da quelli legati alla cronaca giornalistica. Una delle riviste più importanti, in questo senso, fu “La tradotta. Giornale settimanale della III Armata” che utilizzava il mezzo del fumetto, o meglio, delle vignette con il commento o il dialogo per fare satira sulle vicende della guerra, coinvolgendo i migliori illustratori italiani, da Umberto Brunelleschi a Umberto Gigante, da Giuseppe Mazzoni ad Antioni Rubino che deve essere considerato l’anima del giornale. Si trattava, infatti, di quegli stessi disegnatori che nel 1909 avevano dato vita al “Corriere dei Piccoli” e che adesso mettevano la loro arte a disposizione dell’ideale patriottico per sostenere il morale dei militi e fare una bonaria satira politica che cementasse lo spirito di corpo(34). L’ironia, del resto, ebbe un ruolo importante nella diffusione del messaggio politico legato alla propaganda delle idee che sottesero le ragioni della prima guerra mondiale. Una figura di spicco, in quest’ambito, fu senz’altro il veneziano Amos Scorzon, formatosi a Roma dove prese parte a tutte le principali mostre d’arte in qualità di decoratore e illustratore, che realizzò cartelloni e caricature di grande successo. Disegnatore dal tratto potente e inconfondibile, era capace di lasciar trasparire addirittura un pensiero pacifista nelle grandi tempere destinate a divenire manifesti, come nel caso di L’obiettivo militare del nemico che mostra il bombardamento di una chiesa (le cui forme ricordano quelle del Santo di Padova), a dimostrazione dell’assurdità della guerra(35).


Copertina di “La tradotta. Giornale settimanale della III Armata”, 21 marzo 1918.

Italico Brass, Scena di guerra navale (1915-1918); Roma, Museo centrale del Risorgimento.


“Cartoons Magazine”, gennaio 1916.


“Cartoons Magazine”, gennaio 1916.

Accanto all’illustrazione, alla cartellonistica, oppure alla stampa periodica di propaganda, ci fu una larga produzione artistica tesa a documentare ufficialmente le vicende belliche e la condizione di vita dei soldati. Fra gli artisti più efficaci nella rappresentazione quasi fotografica degli avvenimenti di allora c’è il milanese Lodovico Pogliaghi che si formò ai cavalletti dell’Accademia di Brera dove fu pure allievo di Camillo Boito. Artista a tutto tondo (architetto, scultore, orafo, pittore e decoratore), fu fra i protagonisti del progetto della decorazione del Vittoriano; ma a poco meno di sessant’anni - era nato nel 1857 - non esitò a partire per il fronte, arruolandosi come soldato-pittore che, con rara perizia, seppe documentare le vicende sul fronte orientale del teatro bellico italiano, come dimostra la bella tela intitolata Postazioni degli alpini sulle Alpi durante la prima guerra mondiale, realizzata fra il 1915 e il 1916 con un’attenzione maniacale, quasi miniaturistica, ma non per questo meno grandiosa e monumentale(36). La schiera degli artisti che si sono dedicati ai soggetti bellici è piuttosto nutrita dal momento che, per certi versi, ognuno di loro si è “disegnato” la propria guerra, non di rado a seguito della scelta di arruolarsi volontario.
È il caso, per esempio, di Aldo Carpi che abbracciò le armi allo scoppio del conflitto, sull’onda entusiastica dei suoi ventinove anni. Titolare di uno stile svelto e fresco, già apprezzato dai critici (espose in tutte le Biennali di Venezia dal 1912), realizzò tre serie d’incisioni dedicate alle vicende della marina militare che gli fruttarono la medaglia d’oro del Ministero della pubblica istruzione di allora. In servizio sull’incrociatore San Marco, partecipò alle azioni per Fiume, Pola e Durazzo, dalle quali ricavò altrettanti bozzetti(37). Del resto, l’uso della tecnica dell’incisione e della litografia, in particolare, era assai diffuso fra i pittori soldato i quali potevano facilmente riprodurre le loro creazioni e diffonderle fra la vasta schiera di appassionati e di patrioti. È il caso della cartella di Anselmo Bucci dall’emblematico titolo, Finis Austriae, pubblicata alla fine del conflitto, quasi come una sorta di “de profundis” dell’impero austro-ungarico, ma che era anche il punto di arrivo di una carriera pittorica brillante e felice, iniziata ben prima della guerra. Formatosi presso l’Accademia di Brera fra il 1904 e il 1905, soggiornò a lungo a Parigi, dove ebbe frequentazioni importanti, da Severini ad Apollinaire, da Modigliani a Picasso, anche se il suo stile non risentì di questi stimoli che non lo spinsero neppure ad aderire al futurismo. Tuttavia, con spirito futurista, allo scoppio del conflitto, si arruolò nel corpo dei Volontari ciclisti lombardi e produsse una serie di piccoli dipinti a olio su cartone che coglievano i momenti di vita quotidiana dei soldati al fronte o dei marinai sulle navi(38).


Amos Scorzon, L’obiettivo militare del nemico (1918); Roma, Museo centrale del Risorgimento.

Lodovico Pogliaghi, Postazioni degli alpini sulle Alpi durante la prima guerra mondiale (1915-1916); Roma, Museo centrale del Risorgimento.


Anselmo Bucci, copertina di Finis Austriae, (1918). Nato a Fossombrone, sulle dolci colline marchigiane, Bucci ha trentun anni quando realizza questa serie di dodici litografie che narrano con immagini forti lo scontro fra un mondo destinato al passato (l’Austria) e quello proiettato verso il futuro rappresentato dall’Italia.


Anselmo Bucci, Militari su una banchina e nave, litografia da Finis Austriae (1918).

Ai soldati impegnati in azioni militari, invece, s’ispira l’opera di Italico Brass, nato in una Gorizia austriaca e formatosi presso l’Accademia di belle arti di Monaco di Baviera, dove fu allievo del paesaggista Karl Raupp, ma poi si perfezionò a Parigi, dal 1890, presso l’atelier di uno degli ultimi pittori accademici dell’Ottocento francese: Jean-Paul Laurens. La carriera di Brass fu subito segnata dal successo che lo portò a esporre alla I Biennale di Venezia nel 1895, mentre l’edizione del 1910 gli riservò un’intera sezione nella quale poté esporre ben quarantatre opere. I suoi fogli eseguiti con tecnica mista (matita, carboncino e biacca) ritraggono con grande efficacia soldati impegnati nell’uso delle armi, accentuando l’atmosfera cupa del conflitto(39). Tuttavia fra queste testimonianze spiccano figure significative di pittori che appartengono di diritto alla storia della pittura italiana, come Tommaso Cascella, fratello del più noto Michele, che, in veste di pittore soldato, documentò con quadretti a olio tanto piccoli quanto poetici, nonostante i soggetti obbligati di natura militare, i trasbordi delle truppe e le azioni belliche della campagna d’Albania(40). Non è possibile prodursi in un’indagine accurata di tutta la creazione artistica che scaturì dalla tragedia della guerra, ma almeno alcuni nomi non possono essere taciuti perché, al di là dei cantori della cronaca bellica che abbiamo appena ricordato, oltre a Cascella, pittori come Fortunato Depero, Achille Funi, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Massimo Campigli, Lorenzo Viani, Gaetano Previati e Gherardo Dottori non seppero sottrarsi al fascino tremendo del conflitto mondiale. Tuttavia, il più importante dei pittori-soldato, fu Mario Sironi. In occasione delle ricorrenze del centenario della Grande guerra, si è dato seguito a una profonda ricognizione sul percorso creativo di questo pittore che spaziò dalla documentazione vera e propria, ritraendo commilitoni e ufficiali come Il tenente Gori o Il capitano Fantoni, disegnati a matita e colorati ad acquerello su carta, fino alla cartellonistica, alla grafica e all’illustrazione editoriale, visto che collaborava attivamente a “Il Montello. Quindicinale dei soldati del medio Piave”(41). Non di rado, infatti, Sironi ricorreva a un’ironia corrosiva, anche se amara. È il caso del disegno a china per il periodico “Gli Avvenimenti” che mostra un alto ufficiale austriaco, chiuso nel suo pastrano, con lo spadone ancora insanguinato in mano, dopo aver tagliato il braccio di un civile caduto a terra. In alto, a matita, l’artista ha scritto il titolo del disegno che è anche il commento alla situazione dell’11 aprile 1915: «I nuovi volumi della Kultur tedesca»(42).

Anselmo Bucci, La rada di Pola, litografia da Finis Austriae (1918).


Tommaso Cascella, La baia al porto di Valona (1916); Roma, Museo centrale del Risorgimento.

Allo stesso modo, Sironi non disdegna la caricatura, realizzata con un tratto graffiante e incisivo, talora messo a disposizione dell’invenzione di personaggi nuovi che presto diventeranno famosi, come La scimmietta di Montello, satirica rappresentazione del soldato austriaco, avvicinato a una scimmia furba e dispettosa, ma ciecamente rispettosa degli ordini, incubo delle truppe italiane che dovevano misurarsi pure con l’implacabile precisione dei cecchini. Il «cecchino», ossia soldato di «Cecco Beppe», aveva una mira spietata che ha lasciato tracce perfino in alcune credenze e comportamenti odierni. Sapete perché non bisogna mai accendere tre sigarette sempre con la stessa fiamma? Oggi si dice che porta sfortuna; ma il motivo è che, in trincea, il soldato più basso in grado doveva accendere prima le sigarette dei suoi superiori che aveva dinanzi, per cavalleria. Solo che il cecchino in agguato, soprattutto di notte, alla prima fiamma imbracciava il fucile, alla seconda prendeva la mira e alla terza sparava. Allora, accanto alla Scimmietta di Montello, c’era scritto: «Cecchino […] partecipa della scimmia e dell’uomo, ma mentre non è scimmia non è neppure uomo»(43). Tutto questo, però, non sarebbe stato possibile se non per esperienza diretta. Infatti, come per la maggior parte dei colleghi artisti, anche Sironi la guerra non l’aveva sentita raccontare dagli altri, ma l’aveva vissuta in prima persona. Non si era fatto pregare il pittore sardo quando, con tutti gli altri futuristi che si trovavano a Milano, quello stesso 23 maggio 1915, giorno della reciproca dichiarazione di guerra fra Austria e Italia, s’arruolò nel Battaglione volontario ciclisti. La vita militare non gli impedì di proseguire la sua attività d’illustratore e d’impegnarsi in iniziative di sostegno alla causa italiana collaborando, a Gallarate, alla Grande serata patriottica(44). Le scelte stilistiche abbandonarono il rigore futurista, cui aveva aderito in precedenza, e cominciò ad affiorare quella graffiante ironia che lo renderà celebre fra i soldati. Sironi utilizzò, così, tutte le frecce stilistiche al proprio arco. L’esperienza della guerra, infatti, fu decisamente formativa per l’artista che dovette adattarsi a tutte le esigenze e sperimentare tutte le soluzioni che andarono dalla china alla xilografia, al collage, all’olio e alla tempera su carta, dando vita a una produzione ampia e varia. Si avvicendarono, così, i fogli con i ritratti dei commilitoni (Sironi militava nella XVI Divisione della II Armata) a quelli di commento critico alla situazione politica, come Il borghese, fino alla realizzazione delle vignette, come quella intitolata Chiaro di luna, per il periodico “Gli Avvenimenti”, nella quale l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe e il feldmaresciallo, come due innamorati, si abbracciano su una panchina al chiaro di luna. Solo che non si accorgono che la falce nel cielo è quella della Morte che tiene la roncola dietro di loro(45).


Mario Sironi, Il tenente Gori (1918).

La scimmietta di Montello (1918), tavola del periodico “Il Montello”, n. 3, 15 ottobre 1918. Montello è una lunga collina che si estende a sud del letto del Piave, dopo la grande ansa che dal Bellunese porta il fiume verso l’ultimo tratto che sfocia nell’Adriatico. Oggi i suoi boschi sono dominati dal sacrario che ricorda quei giorni di fuoco, ma allora fu teatro di un’estenuante guerra di posizione. La scimmietta di Montello è la caricatura amara della casualità della morte, quando i cecchini sparavano da una trincea all’altra. Come una scimmia senza criterio che, però, ha in mano il destino di tutti: tiene infatti il fucile, preme il grilletto alla cieca e continua a divertirsi nel suo orribile gioco.


Mario Sironi, Chiaro di luna (1915), illustrazione del periodico “Gli Avvenimenti”, 19 settembre 1915. L’immagine sintetizza la miopia delle scelte austriache e tedesche. I personaggi scambiano per una romantica luna la falce che la morte ha appena levato verso il cielo, in un movimento che precede quello con il quale reciderà di netto le loro povere teste.

(33) In proposito: M. Pizzo, Fondo fotografico della Prima Guerra Mondiale. Inventario, in Fotografie del Risorgimento Italiano, a cura di M. Pizzo, in Repertori del Museo Centrale del Risorgimento, 1, Roma 2004, pp. 291-336.
(34) Della rivista si è consultata la ristampa anastatica: “La tradotta. Giornale della Terza armata”, rist. anast., Milano 1965 e Milano 1968. Naturalmente, “La Tradotta” non fu l’unico giornale legato al mondo militare, durante il conflitto. Conviene, così, almeno ricordare altri titoli come “Il Montello”, “L’Astico. Il giornale delle trincee”, il “San Marco”, tutte pubblicazioni ad uso dei soldati in trincea.
(35) Amos Scorzon e Anselmo Ballester: illustrazione e decorazione agli inizi del ’900, catalogo della mostra (Roma, Museo centrale del Risorgimento, 2 giugno-30 luglio 2003), a cura di M. Pizzo, Roma 2003.
(36) M. Pizzo, I pittori-soldato dal Risorgimento alla prima Guerra Mondiale, in Venezia tra arte e guerra 1866-1918. Opere di difesa, patrimonio culturale, artisti, fotografi, catalogo della mostra (Venezia, Biblioteca nazionale marciana, Sale monumentali - Libreria sansoviniana -, 12 dicembre 2003 - 21 marzo 2004), a cura di G. Rossini, Venezia 2003, pp. 153-159.
(37) La vicenda di Aldo Carpi (morto nel 1973), docente dal 1931 all’Accademia di Brera, attraversò anche la seconda guerra mondiale, quando fu deportato a Mauthausen per antifascismo. Alla fine del conflitto, rientrato nella sua Milano nel 1945, fu nominato direttore dell’Accademia di Brera e tale rimase fino al 1958, quando andò in quiescenza. In proposito: R. Margonari, s.v. Carpi de’ Resmini, Aldo, in Dizionario Biografico degli Italiani, XX, Roma 1977, pp. 604-608.
(38) M. Pergolalto, C. Tonini, Artisti combattenti e testimoni di guerra nelle civiche collezioni veneziane (1915-1918), in Venezia tra arte e guerra 1866-1918…, cit., pp. 199-214.
(39) A. Barricelli, s.v. Brass Italico, in Dizionario Biografico degli Italiani, XIV, Roma 1972, pp. 334-336.
(40) I Cascella. Basilio, Tommaso, Michele, Gioacchino, un secolo di pittura, dal Verismo al Postimpressionismo, catalogo della mostra (Pescara, Museo d’arte moderna Vittoria Colonna, 6 luglio-17 novembre 2013), a cura di G. Benedicenti, R. Cordisco, Pescara 2013.
(41) Sironi e la Grande Guerra. L’arte e la Prima guerra mondiale dai futuristi a Grosz e Dix, catalogo della mostra (Chieti, Museo palazzo de’ Mayo, 22 febbraio-25 maggio 2014), a cura di E. Pontiggia, Torino 2014. Si ringrazia la Fondazione Carichieti che ha procurato il catalogo, ormai esaurito. Si veda pure: Mario Sironi 1885-1961, catalogo della mostra (Roma, Complesso del Vittoriano, 4 ottobre 2014 - 8 febbraio 2015), a cura di E. Pontiggia, Milano 2014. 

(42) Sironi e la grande guerra, op. cit., tav. 18.
(43) Ivi, p. 27 e tav. 29.
(44) Ivi, p. 15.
(45) Ivi, p. 23 e tavv. 10, 11, 2 e 20.

L'ARTE E LA PRIMA GUERRA MONDIALE
L'ARTE E LA PRIMA GUERRA MONDIALE
MARCO BUSSAGLI
La presente pubblicazione è dedicata alla Prima Guerra Mondiale nell'arte. In sommario: I ''mal di pancia'' della storia; La guerra igiene del mondo; Artisti al fronte; L'arte dei vincitori; La rappresentazione della guerra fuori dei confini italiani. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.