Complesse vicende costruttive, frammenti di storia della museologia, guerre mondiali, disimpegno dello Stato, enormi superfici da mantenere: questi, in sintesi, gli elementi caratterizzanti una delle più bizzarre e ancora poco studiate realtà monumentali italiane, il castello del Catajo. A venti chilometri da Padova, visibile anche dall’autostrada ma forse sconosciuto ai più, questo edificio, dall’aspetto “arcigno”, venne fatto costruire per rendere omaggio alle glorie della famiglia Obizzi - una famiglia di condottieri - da uno dei suoi esponenti più illustri, Pio Enea I degli Obizzi, nella seconda metà del Cinquecento. Il castello, divenuto nel corso dei secoli villa, palazzo ducale e dimora imperiale, presenta internamente gli affreschi realizzati dal prolifico artista rinascimentale veneziano Giovanni Battista Zelotti, esternamente fastose e stravaganti fontane barocche. L’ultimo degli Obizzi, che vi allestì un ricchissimo museo di collezioni archeologiche, d’armi e strumenti musicali, tra i primi aperti al pubblico nel Veneto, morì lasciando l’intero complesso nel 1803 agli Estensi, duchi di Modena. Francesco IV e Francesco V, ultimi a regnare nella città emiliana, austriaci per discendenza e sensibilità, rivoluzionarono l’edificio - usato sia per la villeggiatura sia per ricevere sovrani e parenti - costruendo una nuova ala e ridisegnando il parco all’inglese che tanto piaceva allora. Il Catajo arrivò ad avere più di trecento ambienti, vasti annessi con scuderie, terreni agricoli e una grande collina alle spalle. L’esilio di Francesco V, che si concluse a Vienna, non fu che l’inizio della dispersione per l’antica collezione Obizzi; l’erede Francesco Ferdinando (destinato, come sappiamo, a morire a Sarajevo) fece poi trasferire la straordinaria raccolta di armi e armature nel suo castello di Konopištĕ, vicino a Praga, servendosi di un binario appositamente realizzato che dal castello si innestava sulla linea ferroviaria per Venezia (e da lì per Vienna).
Save Italy
nel deserto
dell’indifferenza
di Leonardo Piccinini
ART E DOSSIER N. 321
MAGGIO 2015
In questo numero: L'INVASIONE DELLE ULTRAMOSTRE Expo, Biennale e le altre, in Italia e in Europa: da Leonardo a Gauguin, da Altdorfer alla Nuova oggettività, dal barocco romano a Diebenkorn. PAGINA NERA La Palermo dell'abbandono.Direttore: Philippe Daverio