Grandi mostre. 4
Diebenkorn a Londra

un’anima
on the road

Forse poco noto al grande pubblico, Richard Diebenkorn ha lasciato un’impronta specifica e al tempo stesso ibrida della sua identità pittorica. Dall’astrattismo passa all’arte figurativa per tornare poi al punto di partenza con nuovi spunti interpretativi, come si evince dalla retrospettiva in corso alla Royal Academy of Arts.

Matteo G. Brega

La personale dedicata a Richard Diebenkorn, in corso fino al 7 giugno alla Royal Academy of Arts di Londra, offre al pubblico la possibilità, per la prima volta in Europa, di osservare da vicino la figura di un artista non molto conosciuto nel Vecchio continente, ma estremamente rappresentativo di un modo tipicamente statunitense di concepire la pittura nel secondo dopoguerra. Diebenkorn, nato nel 1922 a Portland (Oregon) e morto nel 1993 in California, ha sostanzialmente sintetizzato, nella propria vita e nella propria produzione pittorica, tutte le principali istanze figurative ed estetiche che da un pittore americano ci si potrebbero aspettare. Il vertice di questa sua “americanità” è consistito nel sapere esordire come astrattista, quando l’astrattismo negli Stati Uniti si stava affacciando come la “pittura nazionale”, nell’attraversare una seconda fase produttiva legata alla figurazione, per poi ritornare, nella terza e ultima fase della sua vita produttiva, a una sorta di “astrattismo rivisitato”; il tutto sempre rispettando, con un anticipo di cui occorre dargli atto, il “timing” scandito dal susseguirsi dei grandi movimenti pittorici.


Un’estetica pittorica in bilico tra la rappresentazione paesaggistica e l’equilibrio degli spazi


Cityscape #1 (1963), San Francisco, SFMOMA - San Francisco Museum of Art.


Girl on a Terrace (1956), New York, Neuberger Museum of Art, Purchase College State University of New York.

Diebenkorn non è un artista di facile interpretazione, se lo si volesse ricondurre a categorie critiche istituzionali: chi ha provato a farlo ha costantemente dovuto ricorrere a punti di riferimento esterni, e molto spesso assai lontani fra loro, in alcuni casi addirittura in apparente contraddizione con l’estetica proposta dal pittore statunitense. Nel corso della sua vita, Diebenkorn, che si divise tra pittura e insegnamento accademico, si dichiarò sempre seguace di De Kooning, nume tutelare dell’astrattismo americano, ma non di rado la critica è dovuta ricorrere a riferimenti ben anteriori per dar ragione di un’estetica pittorica costantemente in bilico tra la rappresentazione paesaggistica e la risoluzione di problematiche connesse all’equilibrio degli spazi e all’inserimento delle masse geometriche astratte all’interno degli spazi naturali. Per molti è parso, così, normale accostare Diebenkorn a Matisse, piuttosto che a Cézanne o, in tutt’altra direzione, a Mondrian. Si trattava non soltanto di dare un’interpretazione a una concezione di “stile” che il pittore statunitense non ha mai rinnegato - spesso anzi ponendo al centro del discorso la sua essenza ibrida tra astrattismo e figurazione - ma si doveva altresì spiegare al pubblico come mai un astrattista si fosse convertito, e questo nell’insospettabile 1956, al figurativismo, salvo poi, all’inizio degli anni Settanta, ritornare all’astrazione. L’individuazione di un continuo percorso di ricerca personale appare, senza dubbio, una chiave di lettura convincente, sebbene, più che l’alternanza De Kooning-Matisse, la capacità di Diebenkorn di anticipare le linee stilistiche e di mercato rappresenti, a maggior ragione per un pittore così genuinamente statunitense, un punto di forza e non un difetto o una “macchia” della quale scusarsi.


Ocean Park #27 (1970), New York, Brooklyn Museum.

Diebenkorn ha utilizzato l’astrazione come mezzo per descrivere il reale, semplicemente e direttamente “in un altro possibile modo”


Una seconda chiave interpretativa, forse la più interessante, è rappresentata dalla coincidenza tra ricerca pittorica e cambiamenti di ambiente, e di vita, che hanno attraversato l’esistenza di Diebenkorn; a precisi cambiamenti esistenziali e spostamenti sulla West Coast sono corrisposti, infatti, mutamenti di stile, a riprova dell’influenza del paesaggio sul pittore. La mostra londinese, sostenuta dalla Fondazione Diebenkorn e curata da Sarah C. Bancroft ed Edith Devaney, con gli oltre cinquanta pezzi esposti, riesce a offrire una panoramica dei tre periodi del pittore americano anche attraverso un coerente allestimento tripartito che vede nella prima “gallery” i lavori astratti dipinti ad Albuquerque (Nuovo Messico) e durante il primo periodo di Berkeley (California), nella seconda la fase della produzione figurativa legata alla Bay Area, e infine nella terza sezione la produzione, probabilmente più nota al pubblico, definita dalla critica come Ocean Park Series, riferita al periodo 1967-1988.
Fu proprio in forza di quest’ultima produzione che s’impose nel mercato l’idea del Diebenkorn “pittore della West Coast”, limitando forse, per ragioni di mercato, alcune delle istanze estetiche maggiormente dedicate alla ricerca che la sua pittura seppe sviluppare, costantemente in bilico tra risoluzione astratta dei problemi figurativi e resa figurativa di impulsi astrattisti.

Diebenkorn, per dare un’idea del significato anche simbolico che il pittore rivestì negli Stati Uniti degli anni Sessanta e Settanta, è l’autore del quadro che Barack Obama scelse nel 2009 da posizionare nell’ala residenziale della Casa bianca. Con ciò il presidente degli Stati Uniti non fece un gesto eccentrico o da fine “connoisseur”, semplicemente compì la scelta apparentemente più naturale per un uomo della sua generazione e della sua formazione culturale. Probabilmente, malgrado negli Stati Uniti Diebenkorn sia spesso accostato a De Kooning e Pollock, in Europa ha dovuto scontare l’idea dei suoi “tre periodi”, visti più come concessione al mercato che come frutto di ricerca. In realtà, se consideriamo con attenzione le date delle due “conversioni” della pittura di Diebenkorn, noteremo che non si è trattato di opportunismo in quanto la “rinascita figurativa” non si può collocare prima degli anni Ottanta: e Diebenkorn si dedicò alla figurazione nettamente prima; mentre per ciò che riguarda il ritorno finale all’astrattismo, si possono invocare motivazioni sentimentali e personali - una sorta di “risarcimento morale” dopo una ricerca figurativa che non ha portato i frutti auspicati?


Più che un allineamento a un mercato che ormai aveva metabolizzato ogni tipo di astrattismo. Giustamente, a nostro avviso, i curatori della mostra parlano di «poetica dei posti» come di possibile chiave interpretativa della pittura di Diebenkorn, e in fondo sempre di ricerca “on the road” si tratta. Anche quando parliamo di un pittore che insegnò per molto tempo in accademia e che visse tutta la vita sulla West Coast, il tema dell’influenza del panorama-ambiente sull’individuo non può essere disgiunto da un’estetica che, anche nell’astrazione, non volle mai dirigersi verso l’indicibile o l’inesprimibile, come gli europei si sarebbero aspettati da un pittore europeo. Al contrario Diebenkorn, da americano qual era nella sua essenza più profonda, ha inteso utilizzare l’astrazione come mezzo per descrivere il reale, semplicemente e direttamente “in un altro possibile modo”.

Richard Diebenkorn

a cura di Sarah C. Bancroft ed Edith Devaney
Londra, Royal Academy of Arts
Burlington House, Piccadilly
orario 10-18, venerdì 10-22
fino al 7 giugno

catalogo Royal Academy of Arts
www.royalacademy.org.uk

ART E DOSSIER N. 321
ART E DOSSIER N. 321
MAGGIO 2015
In questo numero: L'INVASIONE DELLE ULTRAMOSTRE Expo, Biennale e le altre, in Italia e in Europa: da Leonardo a Gauguin, da Altdorfer alla Nuova oggettività, dal barocco romano a Diebenkorn. PAGINA NERA La Palermo dell'abbandono.Direttore: Philippe Daverio