All the World’s
Futures

Intervista a Okwui Enwezor, curatore della 56.
Esposizione internazionale d’arte,

Ludovico Pratesi


Nel 2002 la decima edizione di Documenta fece scalpore, soprattutto per la presenza di artisti impegnati a livello sociale e politico, ma destinati a carriere luminose. E a guidare la mostra più prestigiosa del pianeta c’era un curatore di origine africana, non ancora quarantenne ma con le idee molto chiare: il nigeriano Okwui Enwezor. Un cursus honorum di tutto rispetto: a vent’anni lascia la Nigeria per New York, dove studia scienze politiche, per poi fondare nel 1994 la prima rivista d’arte contemporanea africana, “Nka: Journal of Contemporary African Art”. Tre anni dopo è il curatore della seconda edizione della biennale di Johannesburg, già caratterizzata da quell’approccio multidisciplinare protagonista della sua Documenta. Nel 2013, mentre dirigeva la programmazione della Haus der Kunst a Monaco di Baviera, viene chiamato a curare la 56. edizione della Biennale Arti visive: un incarico doppiamente prestigioso, visto che è il secondo curatore al mondo, dopo lo svizzero Harald Szeemann, a firmare sia Kassel che Venezia.

«Una sorta di “Parlamento delle forme” vivace e dinamico, per comprendere le contraddizioni del presente attraverso l’esperienza della storia»


Come ha vissuto questa esperienza così anomala?

Come un giocatore di baseball, che si prepara al triplo doppio, una delle azioni più difficili in assoluto. Dopo Venezia e Kassel, spero di avere una terza occasione!


Venezia dopo Kassel: un incubo o un privilegio?
Un grande privilegio: sono importanti entrambi, ma molto diverse. Quello che rende unica la Biennale è la sua storia, che dura dal 1895: un grande palinsesto col quale confrontarsi in maniera precisa e consapevole.


E lei l’ha fatto?

Ho scoperto negli archivi l’edizione del 1974, che mi ha molto colpito e si è poi rivelata fondamentale per strutturare All the World’s Futures. Quell’anno la Biennale era stata definita una “manifestazione culturale”, basata su un rinnovamento generale dell’istituzione e una forte presa di posizione contro il fascismo (era l’anno del golpe di Pinochet) condotta con grande coraggio da Carlo Ripa di Meana e Vladimiro Dorigo, che oggi sarebbe impensabile. Vorrei che anche la mia edizione fosse una manifestazione culturale.


Marlene Dumas, Justice (1992).

In che senso?
A cominciare dalla parola, che è la vera protagonista della mostra. Scritta, cantata, recitata, dipinta, fotografata, performata: un’esposizione viva e dinamica che si potrà leggere come un libro. E di fatto parte da un libro, e da un dipinto.

Quali?
Il libro è Il capitale di Karl Marx, che verrà letto in diretta durante i sette mesi di durata della mostra. Il dipinto è l’Angelus Novus di Paul Klee, acquistato e descritto da Walter Benjamin, che lo considera come l’emblema di un mondo che si lascia alle spalle le rovine della storia, spinto dal vento del futuro.


Quanti sono gli artisti invitati?
Gli invitati ufficiali sono centotrentasei, di cui ottantanove non sono mai stati in Biennale. A parte i maestri, ho avuto rapporti diretti con tutti, perché volevo presentare opere realizzate per l’occasione, delle quali ho visionato i progetti personalmente. Ci sono anche alcuni collettivi, come Gulf Labor Coalition, che si batte per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori negli Emirati.

Qualche nome?

Il polo principale della mostra è Arena, uno spazio costantemente attivo in mezzo al padiglione centrale dei Giardini, costruito dall’architetto David Adjaye. Qui vanno in scena opere di vario genere legate al canto, come una performance di Olaf Nicolai che reinterpreta una composizione di Luigi Nono, dove si fondono poesie di Pavese e suoni registrati durante le manifestazioni politiche. O Staged di Jason Moran, che ripropone i canti di lavoro nelle prigioni in Angola. Un altro progetto interessante è la performance di Allora & Calzadilla In The Midst of Things, un coro ispirato alla Creazione di Haydn, che si terrà all’Arsenale.


Wangechi Mutu, Blue eyes (2008).

Prima ha citato la presenza di alcuni maestri tra gli invitati. A chi si riferiva?
Mi riferisco a una tradizione che risale alle prime edizioni della Biennale, che dedicavano intere sale a personalità significative. Ho voluto riprendere questa consuetudine per ricordare figure di riferimento come Bruce Nauman, Robert Smithson, Hans Haacke, Walker Evans e altri.

Tra questi c’è l’italiano Fabio Mauri, uno dei quattro artisti italiani presenti.
Gli italiani sono Pino Pascali, Rosa Barba, Monica Bonvicini e, “last but not least”, Fabio Mauri (1926-2009). Considero Mauri uno degli artisti più completi e attuali della storia italiana recente: non per nulla ha lavorato con Pier Paolo Pasolini. Sarà la sua opera Macchina per forare acquerelli ad accogliere i visitatori all’ingresso del padiglione centrale ai Giardini.

Quattro non sono pochi?
Ho saputo che nel Padiglione Italia gli artisti invitati sono molti. La loro presenza compenserà le scelte della mostra internazionale.

Per concludere, qual è il messaggio che vuole dare al pubblico con questa mostra?
Una sorta di “Parlamento delle forme” vivace e dinamico, per comprendere le contraddizioni del presente attraverso l’esperienza della storia.

56. Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia All the World’s Futures

9 maggio - 22 novembre
Venezia, Padiglione centrale ai Giardini della Biennale
Partecipazioni nazionali:
Giardini della Biennale, Arsenale, sedi varie nella città di Venezia
orario 10-18; Arsenale 10-20 venerdì e sabato fno al 26 settembre
chiuso il lunedì (escluso 11 maggio, 1° giugno e 16 novembre)

info e prenotazioni 041-5218828
Catalogo Marsilio
www.labiennale.org

ALTRE MOSTRE A VENEZIA
Come sempre, durante i primi mesi di apertura della Biennale si concentrano a Venezia alcune tra le mostre più interessanti della stagione espositiva italiana e internazionale, alcune incluse nel programma degli eventi collaterali. Nei Musei civici, una delle mostre di maggiore richiamo è, a Palazzo ducale, Henri Rousseau. Il candore arcaico (fino al 5 luglio), con quaranta opere dell’artista - figura spesso sbrigativamente bollata come “naïf”, particolarmente significativa tra Ottocento e le avanguardie, assolutamente da riscoprire - e oltre sessanta opere di confronto. Al Museo Correr (1° maggio - 30 agosto) è di scena il realismo della Nuova Oggettività. Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar (1919- 1933), che approfondiamo qui alle pp. 24-25 con un intervento della curatrice Stephanie Barron, del LACMA - Los Angeles County Museum of Art, seconda sede della mostra dopo Venezia. Ancora al Correr, spazio al contemporaneo con i War Paintings dell’artista concettuale Jenny Holzer (6 maggio - 22 novembre), ricavati dall’elaborazione di materiali riservati del governo degli Stati Uniti riguardante la guerra al terrorismo dopo l’11 settembre 2001. Con un richiamo alle atmosfere della Nuova oggettività, Ca’ Pesaro (6 maggio - 27 settembre) ospita un omaggio a Cagnaccio di San Pietro (1897- 1946), maestro del realismo magico tra gli anni Venti e Trenta, della cui opera ci parla il Museo Immaginario qui alle pp. 26-27. Sempre a Ca’ Pesaro, si svolge l’importante monografica Cy Twombly. Paradise (6 maggio - 13 settembre).

A Palazzo Fortuny apre un nuovo episodio della serie di mostre prodotte in collaborazione con la Axel and May Vervoordt Foundation: Proportio (9 maggio - 22 novembre), con accostamenti insoliti tra arte antica e contemporanea, s’ispira alle leggi matematiche della “divina proporzione”, alla base dell’armonia universale, indagate da Luca Pacioli nel trattato illustrato da Leonardo e stampato a Venezia nel 1509.

Dopo la riapertura a febbraio con un nuovo allestimento, Il Museo del vetro di Murano ospita una mostra sull’opera di- Luciano Vistosi (fino al 30 agosto), e la mostra itinerante di EGE - European Glass experience (fino al 7 giugno).

Un evento unico, il 10 maggio a Ca’ Rezzonico, con la performance Musica ad arte di Corrado Levi, incentrata sulla corrispondenza tra i suoni del violoncello e i modi di condurre il pennello in pittura. Per il programma completo delle mostre nei musei Civici veneziani fino alla fine della Biennale: visitmuve.it

Negli spazi della Fondazione Pinault, Palazzo Grassi (fino al 30 novembre, palazzograssi.it), offre un’importante antologica su Martial Raysse, con oltre trecentocinquanta opere che coprono tutto l’arco temporale della sua produzione, dal 1958 al 2015, mentre Punta della Dogana presenta Slip of the Tongue, una selezione di trentacinque opere della collezione Pinault, tra cui anche maestri italiani del Medioevo e artisti della scuola di Tiziano (fino al 31 dicembre).


Henri Rousseau, L’incantatrice di serpenti (1907), Parigi, Musée d’Orsay.

La Peggy Guggenheim Collection (guggenheim-venice.it) ospita Charles Pollock, una retrospettiva (fino al 14 settembre), dedicata al fratello maggiore del più celebre Jackson Pollock, e Jackson Pollock, Murale. Energia resa visibile (fino al 9 novembre) riservata al gigantesco murale realizzato dall’artista per l’appartamento neworchese di Peggy Guggenheim. Alla Fondazione Bevilacqua la Masa si svolge la prima personale italiana di Peter Doig (1959), uno degli artisti più talentuosi e quotati della sua generazione, di cui sono esposti alcuni grandi dipinti e opere di piccolo formato realizzate per l’occasione (5 maggio - 4 ottobre, bevilaqualamasa.it).

Diversi sono gli eventi organizzati dalla Fondazione Giorgio Cini: sull’isola di San Giorgio, tra gli altri, Il vetro finlandese nella collezione Bischofberger (fino al 2 agosto, stanzedelvetro.it), la mostra fotografica di Matthias Schaller Das Meisterstück (8 maggio - 7 giugno) al Cenacolo palladiano e Magdalena Abakanowicz: Crowd and Individual, a cura di Luca Massimo Barbero (7 maggio - 2 agosto). In città, è invece in mostra Ettore Spalletti. Palazzo Cini (fino al 23 agosto, cini.it). A Ca’ Corner della Regina, alla Fondazione Prada, apre il 9 maggio Portable Classic, mostra di arte antica curata da Salvatore Settis (fino al 13 settembre, fondazioneprada.org), in contemporanea con l’inaugurazione della nuova sede milanese progettata dallo studio OMA guidato da Rem Koolhas e della mostra Serial Classic, sempre a cura di Settis. Per gli amanti della fotografia, da non dimentare Photissima. This is contemporary art (6 maggio - 30 ottobre; 28-31 maggio a Milano; 4-30 novembre a Torino; photissima.it), appuntamento che affianca mostre e interventi curatoriali alla fiera con espositori italiani e internazionali. E infine, la lirica: in occasione della Biennale, il teatro La Fenice ha affidato all’artista afroamericana Kara Walker la regia, i costumi e le scene della Norma di Vincenzo Bellini. Il 20 maggio la prima (teatrolafenice. it).


Charles Pollock, Fireworks (1950).


Martial Raysse, Peinture à haute tension (1965), Amsterdam, Stedelijk Museum.

ART E DOSSIER N. 321
ART E DOSSIER N. 321
MAGGIO 2015
In questo numero: L'INVASIONE DELLE ULTRAMOSTRE Expo, Biennale e le altre, in Italia e in Europa: da Leonardo a Gauguin, da Altdorfer alla Nuova oggettività, dal barocco romano a Diebenkorn. PAGINA NERA La Palermo dell'abbandono.Direttore: Philippe Daverio