Grandi mostre. 2
La 56. Biennale di Venezia e dintorni

militanza
in tempo di crisi

L’arte contemporanea raccontata dalla Biennale 2015 in questa “age of anxiety” si scopre vitale e impegnata, per tradurre le energie dell’instabilità e del disordine in stimoli creativi e ridisegnare così i confini storici e geografici del panorama artistico mondiale.


Ilaria Ferraris

A centoventi anni dalla prima edizione, la 56. Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia All the World’s Futures apre il 9 maggio - con un mese di anticipo rispetto al solito, per agganciarsi così all’altro grande evento italiano del 2015, l’Expo - fino al 22 novembre. La formula espositiva è quella consueta, con la mostra internazionale del curatore Okwi Enwezor nel padiglione centrale ai Giardini, attorno a cui ruotano le ottantanove partecipazioni nazionali, suddivise tra gli storici padiglioni nazionali ai Giardini, e gli spazi all’Arsenale (dove continuano i restauri) e in altri edifici in città. A latere, i quarantaquattro eventi collaterali approvati dal curatore (per l’elenco completo: labiennale.org/it/arte/esposizione/eventi-collaterali). Cinque sono i paesi presenti per la prima volta - Grenada, Mauritius, Mongolia, Mozambico, Seychelles -; tornano a esporre Ecuador, Filippine, Guatemala. Il Padiglione Italia, all’Arsenale, ospita Codice Italia, a cura di Vincenzo Trione. Dopo la Biennale di Bice Curiger del 2011, IllumiNATIONS, che indagava il processo creativo come momento di conoscenza intuitiva, e dopo quella di Massimiliano Gioni nel 2013, con il suo utopico Palazzo Enciclopedico, la mostra curata da Okwui Enwezor si apre alla pluralità di voci della storia, come momento di memoria e di elaborazione corale del futuro. «Okwui non pretende di dare giudizi o di esprimere una predizione, ma vuole convocare le arti e gli artisti da tutte le parti del mondo e da diverse discipline », spiega il presidente Paolo Baratta.

Centotrentasei sono gli artisti presenti nella mostra del curatore, da cinquantantre paesi. Delle opere esposte, centocinquantanove sono nuovi lavori, di recentissima realizzazione o site-specific, intervallati da prospettive storiche organizzate in forma di piccole antologie, di artisti viventi e non. Inoltre, ispirandosi a un progetto della Biennale del 1974 - come spiega a Ludovico Pratesi che lo ha intervistato per noi - Enwezor presenta Arena, uno spazio nel padiglione centrale dei Giardini dedicato a una programmazione interdisciplinare dal vivo, incentrata sulla lettura dei tre volumi del Capitale di Marx (il “capitale” come preoccupazione e dramma al centro dell’epoca attuale) come un testo drammaturgico, con attori e la regia di Isaac Julien. Inoltre, durante i sette mesi della mostra, l’Arena sarà lo spazio dedicato all’oralità, alla parola ma anche al canto, al recital, alle discussioni, alla performance. Questa Biennale vuole dunque essere un momento di narrazione collettiva vitale e militante, per cercare di dare un senso - attraverso la produzione di materiali con valenza estetica o simbolica - agli sconvolgimenti e ai drammi del nostro tempo.

ART E DOSSIER N. 321
ART E DOSSIER N. 321
MAGGIO 2015
In questo numero: L'INVASIONE DELLE ULTRAMOSTRE Expo, Biennale e le altre, in Italia e in Europa: da Leonardo a Gauguin, da Altdorfer alla Nuova oggettività, dal barocco romano a Diebenkorn. PAGINA NERA La Palermo dell'abbandono.Direttore: Philippe Daverio