DA EXIT THROUGH
THE GIFT SHOP
A DISMALAND

Le ricerche di Banksy sugli interstizi tra vero e verosimile lo spingono a cimentarsi, forte del suo approccio eclettico, finanche nel campo del cinema.

Nel 2010 viene presentato nell’ambito del Sundance Film Festival di Park City il suo Exit Through the Gift Shop, sottotitolato The World’s First Street Art Disaster Movie. Nominato all’Oscar nel 2011 come miglior documentario, il film racconta le vicende di un francese trapiantato a Los Angeles, Thierry Guetta, che dopo essersi avvicinato alla Street Art per realizzare un documentario, ne diventa - spinto da Banksy - un improbabile protagonista col nome d’arte di Mr. Brainwash. 
Il film, gustosa satira del mondo dell’arte in cui chiunque può diventare famoso anche se privo di talento, è al contempo un significativo documentario sulla nascita e il divenire della Street Art, con particolare attenzione ad artisti come Shepard Fairey, Invader e allo stesso Banksy (nel filmato appaiono per esempio le riprese della sua incursione a Disneyland), ma con interventi anche di Swoon, Buff Monster, Michael De Feo, André, Ron English e altri. 
Un accento satirico caratterizza pure la seconda incursione di Banksy nel mondo del cinema, quando, sempre nel 2010, firma una sigla iniziale dei Simpson.

Shop till You Drop (2011); Londra.


Locandina di Exit Through the Gift Shop (2010).

Se la prima parte appare una divertente variante della classica sigla, con Bart che scrive per punizione alla lavagna (e sui muri) «Non devo scrivere sui muri» e una tag di Banksy sopra un cartellone pubblicitario, la seconda parte della sigla assume tratti cupi e ci porta in un buio scantinato asiatico ove adulti e bambini, in mezzo a sporcizia, veleni e ossa di animali, producono in catena gadget dei Simpson. 

Atmosfere tetre sono presenti ugualmente in alcuni stencil del periodo, come I Remember when All This Was Trees (2010), dipinto a Detroit sul muro di una fabbrica d’auto abbandonata, e Shop till You Drop (Londra, 2011), ennesima critica dell’artista al consumismo, in cui una ragazza precipita da un palazzo col carrello della spesa, allusione al modo di dire inglese «Consuma finché precipiti». 

L’avversione di Banksy per quella che il sociologo americano George Ritzer ha definito «religione dei consumi» e per le sue cattedrali - ipermercati e centri commerciali, soprattutto - è ben evidente anche in una delle sue più discusse stampe del periodo, Tesco Petrol Bomb (2011), tirata in duemila esemplari e venduta a sole cinque sterline in occasione della Fiera del libro anarchico di Bristol, benefit a favore di alcuni ragazzi arrestati in seguito a degli scontri per l’apertura di un nuovo ipermercato Tesco. 

Nello stesso anno Banksy rinnova la pratica del “brandalism” nei confronti della Disney, dipingendo su un cartellone pubblicitario la sua più nota coppia di personaggi, Mickey Mouse e Minnie, lui ritratto mentre palpeggia visibilmente ubriaco il seno della ragazza raffigurata sul cartellone, lei che ha appena finito di sniffare della cocaina e osserva divertita la scena. La sovversione iconografica dell’artista colpisce in questi anni anche soggetti religiosi (già al centro di alcune opere fin dalla mostra Crude Oils del 2005), come nel caso della Madonna con la pistola dipinta in piazza dei Girolamini a Napoli nel 2010, e - altra costante nel suo lavoro - la segnaletica urbana, come nell’opera Parking Girl Swing (Los Angeles, 2010), in cui in un parcheggio cancella le ultime tre lettere di «PARKING», trasformando la scritta in «PARK» e aggiungendo uno stencil di una ragazza in altalena.


I Remember when All This Was Trees (2010) Detroit.


Parking Girl Swing (2010); Los Angeles.

Tesco Petrol Bomb (2011).


Madonna con la pistola (2010); Napoli.

Il biennio 2011-2012 è caratterizzato da una relativa calma, tant’è che in molti pensano a un affievolirsi della vena creativa dell’artista. Oltre alle opere già menzionate, tra gli stencil più significativi del periodo spicca un gruppo dedicato alle Olimpiadi londinesi del 2012, anno in cui cade anche il Giubileo della regina Eisabetta. Banksy lo celebra a modo suo, con Slave Labour, opera che rivela lo sfruttamento della manodopera minorile che si nasconde dietro la produzione dei gadget patriottici che vanno a ruba in tali occasioni.

Slave Labour (2012); Londra.


Ghetto 4 Life (2013), opera realizzata nell’ambito di Better Out than In; New York.

Dopo la grande mostra del 2009 a Bristol, Banksy non terrà più delle mostre personali, per quanto pure le precedenti fossero state decisamente sui generis. Tra il 2011 e il 2012 partecipa ad Art in the Streets (prima al MOCA di Los Angeles e poi al Brooklyn Museum di New York), mentre il 2013 è interamente dedicato alla progettazione di Better Out than In, la spettacolare residenza d’artista che Banksy tiene a proprie spese a New York per l’intero mese d’ottobre, realizzando un intervento al giorno e guidando tramite un account Instagram folle di persone in una stravagante caccia al tesoro per la Grande mela. L’evento, raccontato anche dal documentario Banksy Does New York di Chris Moukarbel, si è concretizzato nella produzione nell’arco di un mese di una trentina di opere, poi in gran parte deturpate e in qualche caso rubate. Oltre a numerosi stencil - tra cui un omaggio alle torri gemelle -, Banksy ha prodotto video (Dumbo abbattuto da jihadisti), postazioni per selfie (un palloncino a forma di cuore per impersonarsi in uno dei capolavori di Banksy), mezzi in movimento per la città (un furgone per il trasporto bestiame carico di peluche di animali piangenti), performance (un attore vestito di cenci lustra le scarpe a una statua di Ronald McDonald collocata davanti a un fast food del Bronx) e perfino una bancarella in cui poter acquistare degli stencil di Banksy per soli sessanta dollari.


Il venditore di veri stencil di Banksy per $60 (2013), azione realizzata nell’ambito di Better Out Than In; New York.

Ronald Mcdonald Shoe Shine (2013), performance realizzata nell’ambito di Better Out Than In; New York.


Spy Booth (2014); Cheltenham.

Sebbene Banksy, per dirigere l’operazione Better Out than In, abbia utilizzato la tecnologia, questa ha in genere per l’artista una valenza prevalentemente negativa, in quanto emblema del potere e del suo desiderio di controllo, come nello stencil Spy Booth (2014) a Cheltenham, dove tre agenti segreti spiano il traffico di una vera cabina telefonica, o in Girl with a Pierced Eardrum (2014) dipinta a Bristol, grande monocromo in cui un vero allarme dell’azienda ADT diviene l’elemento cardine di una gustosa parodia della Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer. In altri casi la tecnologia diventa anche emblema della nostra miseria emotiva, come in Mobile Lovers (2014), dipinto sulla porta di un pub di Bristol, in cui due amanti si abbracciano con lo sguardo diretto ai loro rispettivi cellulari, in una totale assenza di passione.

Dalla miseria personale a quella collettiva, segnata dalla tragedia dei conflitti. Nel 2014 Banksy, in occasione del terzo anniversario della guerra civile in Siria, aderisce alla campagna #WithSyria realizzando una nuova versione della sua celebre bambina col palloncino, There Is Always Hope. 

Nel 2015 ritorna a parlare del dramma palestinese, postando un video che promuove sarcasticamente il turismo a Gaza, nel quale, tra le macerie della città distrutta dai raid israeliani, appaiono alcuni nuovi stencil dell’artista, tra cui un gattino, appositamente dipinto per rendere provocatoriamente ancora più virale il messaggio d’indignazione. Nel dicembre dello stesso anno realizza alcuni lavori nella cosiddetta “giungla di Calais”, punto d’approdo di numerosi migranti speranzosi di raggiungere il Regno Unito.



Jan Vermeer, Ragazza con l’orecchino di perla (1665 circa); L’Aja, Mauritshuis.

Girl with a Pierced Eardrum (2014); Bristol.

Kitten (2015); Gaza.


Théodore Géricault, La zattera della Medusa (1819); Parigi, Musée du Louvre.


Refugees (2016); Calais.

Oltre a una versione contemporanea della Zattera della Medusa di Géricault, il tema del dramma dei migranti è al centro di The Son of a Migrant from Syria, ritratto di Steve Jobs con un fagotto sulle spalle e un Mac in mano, a ricordare come anche l’idolatrato fondatore della Apple fosse figlio di un profugo siriano. 

Già alcuni mesi prima Banksy aveva trattato col suo inconfondibile gusto per la provocazione il dramma dei migranti, all’interno della sua nuova, scenografica “Gesamtkunstwerk”: il parco tematico Dismaland (ovvero “Paese della tristezza”), parodia di Disneyland, allestito tra l’agosto e il settembre del 2015 in un centro balneare in disuso nella mesta località marina di Weston-super-Mare, nel Somerset. Una volta varcato l’ingresso, il visitatore poteva divertirsi guidando una barca a motore carica di migranti, o acquistare per i propri pargoli un palloncino con la scritta «I’m an imbecile», o ancora giocare a minigolf tra barili di sostanze tossiche. Ma Dismaland, visitata da oltre centocinquantamila visitatori, è stata nondimeno una mostra collettiva alla quale hanno partecipato cinquantotto artisti, tra cui Damien Hirst, Jenny Holzer e lo stesso Banksy, autore di una delle opere-simbolo del parco, una carrozza di Cenerentola rovesciata a seguito di un incidente stradale, con il cadavere dell’aspirante principessa fotografato da una moltitudine di paparazzi: scena che ha fatto molto discutere in quanto esplicita allusione alla violenta morte di Lady Diana.


The Son of a Migrant from Syria (2015); Calais.

Veduta del parco Dismaland, (2015); Weston-super-Mare.


Cinderella’s Carriage (2015), installazione a Dismaland; Weston-super-Mare.

BANKSY
BANKSY
Duccio Dogheria
Lo scopo della Street Art è quello di trasformare un angolo di città in un terreno di confronto e riflessione su temi sociali ed esistenziali. In questo senso si può affermare che il più noto, efficace, controverso e dibattuto protagonista del genere è Banksy (Bristol 1974). Come per Elena Ferrante, fama e incertezza sull’identità anagrafica possono felicemente coesistere. La vera identità di Banksy, al di là delle molte illazioni, non è nota. Resta la sua capacità di far parlare di sé attraverso le proprie opere. Graffiti eseguiti con lo stencil sparsi in mezzo mondo – dal muro che separa Cisgiordania e Israele a Venezia, a New York – diffondono le sue immagini che, in modo chiaro e leggibile a chiunque, parlano di violenza urbana, ingiustizie sociali, guerre, libertà violate, consumismo. Sempre con una vena di ironia e con una particolare capacità di adattare il messaggio al supporto, facendolo diventare parte dell’opera stessa.