CATALOGHI E LIBRI

APRILE 2015

LUCIO FONTANA ALLA SCALA

Per le monografie che gli Amici della Scala dedicano ogni anno agli artisti, a coloro che hanno collaborato alla prestigiosa istituzione meneghina, spicca il libriccino su uno dei personaggi italiani più amati e stimati: Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé 1899 - Varese 1968), sul quale ci siamo qui soffermati di recente, a proposito della sua stima verso il più giovane Piero Manzoni. Prima di ripercorrere sinteticamente la biografa del maestro dei “concetti spaziali” e dei buchi nelle tele, nato in Argentina da una famiglia italiana, Vittoria Crespi Morbio ricorda come esista un suo unico intervento di collaborazione teatrale: quello, appunto, per la Scala, realizzato fra il 1966 e il 1967 per il Ritratto di Don Chisciotte, balletto su musica di Goffredo Petrassi, con coreografia e libretto di Aurel Miholy Milloss. A Fontana il teatro doveva esser più che familiare: se il padre Luigi, di origine lombarda, aveva aperto alla fine del XIX secolo uno studio di scultore in Argentina, dove il giovane si era formato, la madre, Lucia Bottino, era stata un’attrice di teatro. Ma solo qualche anno prima di morire, da tempo definitivamente stabilitosi a Milano e ormai artista affermato di fama internazionale, si dedicò con entusiasmo al disegno dei costumi e della scena di questo balletto. Petrassi ne aveva composto la partitura nel 1947, e la prima rappresentazione era avvenuta a Parigi. Prima di Fontana un altro artista, Afro, esponente della Scuola Romana, si era cimentato in questa impresa, nel 1957, per il Teatro dell’Opera di Roma. Anni fa Petrassi, che fu collezionista raffinato e ottimo conoscitore di arte contemporanea, ricordava alla Crespi il suo incontro, nel 1966, con un Fontana «affaticato ma ancora interessato a nuove esperienze» e «al colmo della propria eccezionale maturità artistica». Fontana disegnò la scena, in perfetta sintonia con i suoi “concetti spaziali”, e i costumi: e affondò il coltello come scrive bene la Crespi Morbio «non nella tela, ma nelle convenzioni di fare teatro». Lo spettacolo andò in scena il 31 maggio 1967 sotto la direzione di Piero Bellugi.

Vittoria crespi Morbio Amici della Scala, Milano 2014 72 pp., 40 ill. b/n e colore € 19,90

LA MIA VITA CON LEONARDO

Pinin Brambilla è nota a tutti coloro che si sono occupati di Leonardo e del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie (Milano), una delle opere più enigmatiche dell’arte di tutti i tempi, e fra le più rovinosamente disastrate: già nel 1860, uno scrittore come Henry James vide l’affresco quasi illeggibile, l’ombra di se stesso. Leonardo, si sa, aveva usato una tecnica subito rivelatasi fallimentare. Il tempo, le guerre, i restauri inopportuni fino al bombardamento del 1943 fecero il resto. La storia dell’impresa titanica del restauro dell’affresco da parte di Pinin Brambilla inizia nel 1977, e dura vent’anni. In questo libro la restauratrice lombarda ripercorre quel lungo appassionante periodo con una poesia di cui solo una grande donna può esser capace. Il suo intimo rapporto con l’opera e con il genio diventa esso stesso un grande affresco di una vita spesa bene, come Leonardo direbbe.


Pinin Brambilla Barcilon Electa, Milano 2015 128 pp., 12 ill. colore € 19,90

MICHELANGELO AGLI UFFIZI, DENTRO E FUORI

Sono qui raccolti alcuni saggi di Antonio Natali su due capi d’opera di Michelangelo, il Tondo Doni e il David: l’uno dentro gli Uffizi, l’altro fuori (alla Galleria dell’Accademia, com’è arcinoto). S’inaugura così una collana d’iconologia diretta da Natali stesso, che a questi aspetti tiene da sempre. Di rado i suoi studi sul Quattro e Cinquecento, infatti, prescindono da considerazioni di natura teologica, letteraria o filosofica. A lui si devono, non a caso, indagini fondamentali su opere d’arte incomprese (di Donatello, Leonardo, Andrea del Sarto, Bronzino, Pontormo) in precedenza troppo spesso “osservate” senza aperture di ordine iconologico. Natali non è solo studioso di valore ma infaticabile e coraggioso direttore del più celebre museo fiorentino, fra i più importanti e antichi del mondo, nel quale iniziò a lavorare sotto la direzione di Luciano Berti. Si deve a lui, dopo anni di lavori difficili sotto ogni aspetto, la conduzione (quasi) finale di un’operazione eccezionale di restauro, riallestimento e ampliamento del museo. Processo, va detto, che a differenza di altri grandi musei stranieri, non ha impedito la quotidiana apertura al pubblico della Galleria. Qui, fra altri dipinti e sculture, il Tondo Doni campeggia in una delle nuove Sale rosse, senza per questo stare come in vetrina su un idealizzato piedistallo, come accade per molti capolavori idolatrati in altri musei. Anzi, è preceduto da due deliziose salette che rendono conto dello studio dell’Antico da parte degli artisti che come il giovane Michelangelo si riunivano nel giardino di San Marco. Sul Tondo Doni Natali ha condotto indagini serrate che oltre a svelare le citazioni antiche, hanno messo in luce i più reconditi (almeno per noi contemporanei) significati teologici, arrivando anche a restringere la possibile datazione al 1507, anno di nascita della figlia dei Doni. Per il David, emblema della virtus repubblicana, ha offerto spiegazioni più che plausibili al fatto che il colossale marmo raffiguri un giovane uomo anziché il piccolo adolescente biblico. E sul perché sia nudo, e senza la testa mozza di Golia ai suoi piedi.

Antonio natali Maschietto editore, Firenze 2014 79 pp., 36 ill. colore € 24

I DENTI DI MICHELANGELO

Questa ultima scoperta (o meglio penultima), a giudicare dall’articolo che pubblichiamo in questa stessa rivista, è davvero clamorosa. Bussagli è studioso curioso, attento ai problemi di natura teologica e all’iconografia. E anche conoscitore di anatomia, sulla quale ha scritto preziosi manuali, con suoi disegni. Perché sì, è anche artista, e da pittore ha partecipato, giovanissimo, alla Biennale di Venezia. Piano piano, negli anni, la sua intuizione nei confronti di un aspetto del tutto ignorato dagli storici dell’arte ha preso forma, e i risultati (in progress, per così dire) si leggono in questo libro, che può essere una sostanziale premessa al suo articolo (qui alle pp. 58-61). Finora nessuno si era accorto che molte figure dipinte o scolpite da Michelangelo (e non solo da lui), a partire dalla Sibilla delfica sulla volta della Cappella sistina (1509 circa), hanno un’insolita anomalia dentaria. Al posto dei due incisivi mediali che ogni essere umano mostra nella chiostra superiore, alcuni personaggi ne hanno uno solo, centrale, il cosiddetto “mesiodens”. Forse Michelangelo si era sbagliato? Impossibile, si era risposto subito Bussagli. Troppo era l’interesse dell’artista per l’anatomia da indurlo a un tale errore. Doveva esserci un’altra spiegazione, certo di natura teologica. Piano piano lo studioso ha srotolato una matassa parecchio aggrovigliata, perché se è vero che ha ritrovato tante figure michelangiolesche, fino alla Ugly Cleopatra del celebre disegno di Casa Buonarroti (1535) con questo strano incisivo mediale, pareva altrettanto difficile trovare un nesso iconologico fra di loro. Anche un non specialista di questi temi può leggere il libro e capirci qualcosa, tanto è chiaro il suo autore: il presupposto per il “mesiodens” va cercato in primo luogo in un’accezione negativa, quella legata al peccato, che risale alle Sacre Scritture ma rivive anche nelle parole dei teologi quattro-cinquecenteschi (anche Savonarola parlava del dente del peccato).


Marco Bussagli Medusa, Milano 2014 176 pp., 66 ill. b/n e colore € 19

ART E DOSSIER N. 320
ART E DOSSIER N. 320
APRILE 2015
In questo numero: LE FACCE DEL BRONZO Originali, falsi e repliche: bronzi e bronzetti dai greci a Giambologna, a Pomodoro. IN MOSTRA: Bronzi ellenistici, Durand-Ruel, Il demone della modernità, Matisse.Direttore: Philippe Daverio