Letture iconologiche. 1
La facciata di palazzo Spada a Roma

un
capolavoro

manierista

Costruito a partire dal 1548, palazzo Spada colpisce per la sua splendida facciata, decorata in stucco da Giulio Mazzoni, allievo di Vasari. Ricca di sculture raffiguranti le gesta di illustri personaggi romani come quelle di Cesare e Pompeo. Presenze che rimandano ai contrasti tra papato e impero nel XVI secolo.

Giulia Cosmo

Rispetto all’immensa mole, per l’epoca e per il quartiere, del vicino palazzo Farnese, la residenza romana del cardinale Girolamo Capodiferro (1502- 1559)(1), passata poi alla famiglia Spada, sembra assai più discreta. Eppure la piazza a essa antistante è frutto della distruzione di parecchi edifici, abbattuti per ampliare un modesto slargo e concedere cosi maggiore visibilità alla bellissima facciata che, grazie ai suoi stucchi, costituisce un unicum in tutta Roma. L’architettura, ispirata ai palazzi di Antonio da Sangallo il Giovane, è di Bartolomeo Baronino, forse in collaborazione con Giulio Merisi da Caravaggio(2) del quale costituisce l’unica opera a noi nota, mentre gli stucchi che si trovano all’interno sono del piacentino Giulio Mazzoni, che lavorò con Vasari a Napoli in San Giovanni a Carbonara e a Monteoliveto e frequentò poi la scuola di Daniele da Volterra. A Mazzoni e ai suoi aiuti sono stati attribuiti anche gli stucchi della facciata e del cortile. La costruzione fu iniziata verso la fine del 1548 e nell’aprile del 1550 papa Giulio III concesse al cardinale di “fare piazza” sul davanti; nel 1551 il palazzo compare nella pianta di Roma stampata il 26 maggio da Leonardo Bufalini anche se il cardinale abitava ancora in una casa in affitto.


Palazzo Spada a Roma.

(1) Ringrazio per consigli e suggerimenti Sabina Alessi, Carlo de Simone, Marcello Fagiolo, Maria Luisa Madonna, Antonio Passa, Claudio Strinati, Lucrezia Vicini. Cfr. L. Neppi, Palazzo Spada, Roma 1975, pp.1-120; sul cardinale cfr. G. Fragnito, Girolamo Capodiferro, Dizionario biografico degli Italiani, XVIII, Roma 1975, pp. 626-629; P. Murray, L’architettura del Rinascimento italiano, Bari 2007, pp. 164-165; J. Hunter, The Life and Work of Girolamo Siciolante da Sermoneta, Ph. D. 1983, pp. 205-206; J. Hunter, The Architectus Celeberrimus of the Palazzo Capodiferro, “Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte”, 21 (1984), p. 403.
(2) Cfr. L. Neppi, op. cit., p. 49.

L’elegantissimo cortile è ornato dalle statue, sempre in stucco, degli dei dell’Olimpo


Nel 1632 il palazzo fu acquistato dal cardinale Bernardino Spada, il cui stemma compare al centro della facciata affiancato dalle statue raffiguranti la Fede e la Carità. 

La facciata si presenta con il primo piano a bugnato a conci alterni ma la sua peculiarità è costituita dalla decorazione in stucco, e sempre in stucco sono le otto statue di grandi personaggi della Roma antica al piano nobile; al piano ammezzato sono otto medaglioni con l’impresa del cardinale a bassissimo rilievo, il che dimostra che sono state eseguite direttamente sulla facciata mentre le statue devono essere state modellate a terra e poi collocate nelle nicchie. Nell’impresa del cardinale compare un cane, simbolo di fedeltà, che guarda un tronco d’albero attorno a cui è avvolto un nastro con la scritta «Utroque tempore», che significa “con entrambi i tempi”, e cioè che nella buona e nella cattiva sorte verrà mantenuta la fedeltà. 

Nell’attico sono inserite delle epigrafi che celebrano le gesta delle statue-ritratto sottostanti, e solo in due casi, quelli di Cesare e di Pompeo esprimono un giudizio venato di accenti drammatici. Di quest’ultimo è scritto che: «Per grande offesa della fortuna ovunque vincitore con una morte indegna della vita fu privato della sepoltura»(3)

Pompeo fu assassinato mentre, inseguito da Cesare, era sceso dalla sua nave in una barca che doveva portarlo verso la costa egiziana. Fu pugnalato per ordine di Tolomeo XII, fratello di Cleopatra, che gli fece tagliare la testa per poterla mostrare poi a Cesare nella speranza di ingraziarselo, ma questi indignato fece restituire le ceneri dei resti di Pompeo alla moglie e questo fu uno dei motivi che lo spinsero ad appoggiare Cleopatra nella sua lotta contro il fratello per diventare regina d’Egitto(4).


La facciata del cortile di palazzo Spada.


Lo stemma del palazzo romano tra due statue raffiguranti la Fede e la Carità.

(3) Cfr. Ivi, p. 65.
(4) Cfr. E. Bradford, Cleopatra, Milano 1977, pp. 56-59. G. S. Tranquillo, Vite dei Cesari, I, Milano 2009, pp. 91-93.

L’epigrafe relativa a Cesare ricorda invece come questi, dopo avere sparso il sangue dei suoi nemici in tutto il mondo, inondasse alla fine la curia con il proprio. Se è già strano che in un palazzo di Roma compaiano nelle lapidi ricordi così foschi di Cesare e Pompeo non si capisce perché le effigi dei due personaggi siano poi state collocate in facciata. Poiché fra tutte le campagne militari di Cesare la più famosa è sicuramente quella delle Gallie, bisogna considerare che lo stemma francese compare sia nei medaglioni, con l’impresa del Capodiferro sotto forma di un singolo giglio, sia nell’elegantissimo cortile - ornato dalle statue sempre in stucco degli dei dell’Olimpo - affiancato da quello di papa Giulio III. Tanto spazio concesso ai gigli di Francia è dovuto al fatto che il cardinale Capodiferro si formò alla corte del cardinale Alessandro Farnese a contatto con i più illustri artisti e letterati dell’epoca, dove ebbe modo di raffinare il suo gusto e la sua cultura; quando il Farnese divenne papa Paolo III, Capodiferro fu più volte inviato in Francia come nunzio apostolico. Alla morte del papa, nel 1549, quando tutti pensavano che si sarebbe schierato con il cardinale Farnese che capeggiava il partito filoimperiale, i cardinali francesi tentarono d’imporlo come loro candidato al papato(5), ma senza successo. Non stupisce quindi l’epigrafe drammatica dedicata a Cesare se si considera che i francesi non hanno mai dimenticato l’invasione delle Gallie (come dimostra la creazione, ancora nel XX secolo, del fumetto Asterix e Obelix dove i galli sono rappresentati quali vincitori dei romani). Ma Cesare fu anche protagonista d’una fulminea e brillantissima campagna militare in Spagna che da sola sarebbe bastata a consacrarlo come uno dei più grandi generali del mondo antico, campagna oscurata poi dalla grandezza dei successivi trionfi(6)

E alla Spagna ci riconduce anche Pompeo che sottomise le province spagnole che si erano ribellate e fu più tardi incaricato di governare la penisola, impegno assolto tramite dei legati mentre lui rimase a Roma. 

Quindi l’iscrizione relativa a Pompeo va interpretata come un omaggio al partito imperiale degli Asburgo che regnavano sulla Spagna, in accordo con quella che era stata la politica papale di Paolo III che aveva tentato in ogni modo di riconciliare Francesco I e l’imperatore Carlo V nella speranza di convincerli a unire le loro forze per combattere contro i turchi di Solimano che avanzavano nel Mediterraneo(7). Va ricordato che anche la politica matrimoniale rientrava in questa strategia e quando nel 1538 Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V, aveva sposato Ottavio Farnese, nipote di Paolo III, la notizia aveva seminato il panico nella corte francese per timore che si formasse un’alleanza troppo stretta fra il papa e Carlo V. Lo stesso cardinale Capodiferro aveva avuto l’incarico di negoziare il matrimonio fra Vittoria Farnese, nipote del papa, e il duca d’Orléans, figlio di Francesco I; e più tardi sempre Capodiferro aveva trattato per concordare le nozze fra un altro nipote del papa, Orazio Farnese, e Diana di Francia, figlia naturale di Francesco I. 

Lo stemma francese ritorna all’interno, nel soffitto della sala delle Quattro Stagioni vicino a tre mezzelune sacre alla dea Diana che richiamano appunto il nome della principessa francese. 

Uomo del Rinascimento, mondano e affabile, protetto da Paolo III in modo tale che si sospettava fosse un suo figlio naturale, Capodiferro fu assiduo compagno di quel papa festaiolo che fu Giulio III, ma non poté godersi molto il suo palazzo. La nomina al soglio pontificio dell’austero Paolo IV Carafa nel 1555 comportò per lui la perdita della legazione di Romagna e l’allontanamento da Roma, per cui dovette rifugiarsi a Padova per sottrarsi all’inasprirsi della lotta contro l’eresia e contro i facili costumi. Tornò a Roma per partecipare al conclave che vide l’elezione di Pio IV, e nel corso del quale morì il 2 dicembre 1559.


La statua di Cesare sulla facciata di palazzo Spada.

La statua di Pompeo sulla facciata di palazzo Spada.

(5) Cfr. G. Fragnito, op. cit..
(6) Cfr. G. S. Tranquillo, op. cit., p. 69.
(7) Cfr. L. Von Pastor, Storia dei papi e sviluppo delle missioni nel XVIII secolo, vol. V, Paolo III (1534-1549), Roma 1913, pp. 213-215 e passim.; R. Zapperi, Tiziano, Paolo III e i suoi nipoti, Torino 1990, passim.

ART E DOSSIER N. 320
ART E DOSSIER N. 320
APRILE 2015
In questo numero: LE FACCE DEL BRONZO Originali, falsi e repliche: bronzi e bronzetti dai greci a Giambologna, a Pomodoro. IN MOSTRA: Bronzi ellenistici, Durand-Ruel, Il demone della modernità, Matisse.Direttore: Philippe Daverio