Studi e riscoperte. 3
Il sogno di Raffaello di Marcantonio Raimondi

nude
in riva
al fiume

Durante il soggiorno veneziano Marcantonio Raimondi, talentuoso incisore emiliano, affina le sue abilità tecniche dando alla luce Il sogno di Raffaello, stampa che trova in Giorgione, Dürer, Jacopo de Barbari e altri maestri suggestivi richiami iconografici.

Francesca Di Gioia

Se la fortuna critica di Marcantonio Raimondi, detto il Bolognese, si presenta in modo frammentario, ci raggiungono invece notizie per intero su un particolare momento della sua produzione grafica: quella delle stampe “d’après” Raffaello Sanzio. Tale attività si colloca cronologicamente negli anni romani del lavoro imprenditoriale del Baviera, con il quale Marcantonio collabora fattivamente in qualità di primo incisore. È grazie a questa impresa che nasce una bottega di incisori molto attiva nella Roma di Giulio II prima e di Leone X poi, a cui Raffaello “manu propria” affida fogli da tradurre a stampa.


Marcantonio Raimondi, Il sogno di Raffaello (1508 circa), Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi.

La Vittoria adagiata tra i trofei di Jacopo de’ Barbari ripropone la stessa posa discinta che utilizza il Raimondi per la sua musa pensata però in controparte


A raccogliere la fiducia incondizionata dell’Urbinate arriva a Roma il Bolognese, dopo una formazione a seguito del maestro niellatore Francesco Francia, un breve soggiorno nella Serenissima e un passaggio da Firenze. È il concittadino Jacopo Ripanda, impegnato a Palazzo dei conservatori (Roma), a segnalargli la possibilità di ricevere commissioni prestigiose nella città che aveva già attratto a sé un altro bolognese, l’eccentrico Amico Aspertini che lavora in Campidoglio, gomito a gomito proprio con Ripanda. Arrivato a Roma, anche Raimondi non perde tempo e, dopo aver riprodotto a bulino un trionfo all’antica ispirato al ciclo di Ripanda, viene chiamato da Raffaello. Grazie alla maestria tecnica e al suo indiscusso talento artistico, i fogli del Sanzio vengono tradotti dando vita a un’operazione sistematica di diffusione di modelli iconografici. 

Oggetto del nostro studio è la stampa Il sogno di Raffaello che la critica attribuisce agli anni vissuti da Marcantonio a Venezia e dunque a ridosso del soggiorno romano. Il sogno sarebbe “nato” da suggestioni lagunari, negli anni in cui Giovanni Bellini tenta di metter fine al Festino degli dei per il camerino di Isabella d’Este e Giorgione è sui ponteggi del Fondaco dei tedeschi aiutato nell’opera da un apprendista cadorino, tale Tiziano Vecellio. Di quest’ultima impresa rimane un saggio di inestimabile valore, nel lacerto di affresco conservato a Venezia, noto come La nuda delle Gallerie dell’Accademia, facente parte di un ciclo ormai perduto, terminato nel 1508 circa. 

Il pittore di Castelfranco Veneto, in quegli anni, aveva messo su tela La ninfa dormiente (detta anche La nuda) di Dresda, ultimata da Tiziano tra il 1508 e il 1512, che ha legami strettissimi con la Nuda nel paesaggio incisa a puntinato da Giulio Campagnola, entrambi i pezzi molto vicini alla sensualità femminea delle donne addormentate del Raimondi. 

La stampa di Marcantonio dunque si colloca a contatto con quest’ambiente e con un altro stimolante snodo artistico che si viene a creare nel primo decennio del Cinquecento tra Giorgione, negli anni della maturità, Dürer al tempo del suo secondo soggiorno veneziano, e Jacopo de’ Barbari, misterioso artista che si firma con il caduceo, simbolo mercuriale ed esoterico per eccellenza.


Jacopo de’ Barbari, Vittoria adagiata tra i trofei (1498 circa).


Giulio Campagnola, Nuda nel paesaggio (1482 circa - dopo il 1515), Vienna, Albertina.

Uno stimolante spunto nasce mettendo a confronto le opere che si pongono ai vertici di questo “triangolo alchemico” e che sono le Nude di Giorgione, la stampa con Il sogno del dottore di Dürer e l’incisione a bulino con La Vittoria e la Fama di Jacopo de’ Barbari. In particolare, quest’ultima sembra essere una versione “all’impiedi” delle due donne dormienti sulla riva del fiume immaginate dal Raimondi, al quale sarebbe toccato l’ingrato compito di ruotarle di novanta gradi in senso antiorario, di adagiarle lievi su di una sponda e di coprirne qua e là le nudità; la soluzione formale adottata è la medesima. Oltre a questa stampa nella produzione grafica del De’ Barbari si trovano altri esemplari affini alle nude dormienti. È questo il caso per esempio della Vittoria adagiata tra i trofei che ripropone la stessa posa discinta che utilizza il Raimondi per la sua musa pensata però in controparte. 

Un suggestivo confronto stilistico si pone anche tra la nostra stampa e una delle tavole xilografiche della Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, raffinato prodotto letterario di ambito umanistico, editato a Venezia per i tipi di Aldo Manuzio nel 1499, raffigurante Polifilo che visita con Polia il palazzo di Venere. In questa tavola la dea dormiente appoggiata su un fianco, seminuda e ammirata da un satiro, ha stringenti legami anche col Sarcofago Mattei di età severina (220 d.C. circa) di cui daremo cenno. A tal fine proponiamo qui, non senza certezze iconografiche, una traccia formale ben leggibile a fronte della stampa remondiana. Da questa poi si farà riferimento anche a un probabile tema ispiratore del soggetto della nostra stampa. 

Per quanto riguarda l’opera di Raimondi rispetto al Sarcofago Mattei, il legame tra i due nasce dall’osservazione della scena con Marte e Rea Silvia sulla parte destra del fronte di quest’ultimo murato lungo lo scalone di palazzo Mattei a Roma (i fianchi del sarcofago sono conservati nel Museo Pio Clementino dei Musei vaticani e contengono due raffigurazioni: i gemelli allattati dalla lupa e il Tevere). Sul fronte del sarcofago la vasca decorata ad altorilievo presenta l’incontro tra Marte e Rea Silvia che, sorpresa nel sonno, una volta concupita dalla divinità resterà gravida dei gemelli Romolo e Remo. La vestale, per giacere con Marte, avrebbe lasciato la guardia del sacro fuoco del tempio, divenendo “rea” dell’incendio divampato per incuria e di aver disobbedito al voto di castità. 

Nel rilievo e nella stampa remondiana sono presenti diverse figure in pose sovrapponibili: Venere a destra e Tellus sdraiata si affrontano nella composizione marmorea, mentre nella stampa le due donne si pongono in posa speculare con il fiume che corre indisturbato tra le due sponde della città. Le annotazioni formali si rivelano stringenti nelle raffigurazioni femminili che mostrano, in ambo le prove, un ventre scolpito e fianchi generosi, un busto ampio con vita stretta e seni piccoli ma torniti; analogie che riscontriamo anche nella capigliatura raccolta tutt’attorno alla testa che si libera sulle spalle con un cascame di composti boccoli nelle donne scolpite e incise. Nell’incisione si potrebbe persino ipotizzare la presenza di Marte in una versione allegorica, nei panni di un mostro alato (il moscone in primo piano) dal chiaro simbolismo fallico che volge dritto verso Silvia (la donna che è di fronte) pronta ad accoglierne il fecondo seme.


Albrecht Dürer, Il sogno del dottore (1498 circa), Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi.


Giorgione, La nuda (1508 circa), Venezia, Gallerie dell’Accademia.

Sul fronte del sarcofago e nella stampa remondiana le donne mostrano un ventre scolpito e fianchi generosi


Del sarcofago in oggetto esiste un disegno eseguito dalla bottega di Pisanello tra il 1431 e il 1432, che ne testimonia una circolazione in area padana, in piena temperie rinascimentale come dimostrerebbe il legame iconografico con la Nuda del Campagnola e le “nude riflesse” del Raimondi. Ciò attesterebbe probabilmente la presenza dello stesso fronte marmoreo nella disponibilità degli artisti del tempo, ancor prima che entrasse a far parte della collezione Mattei della Villa celimontana al Celio. Inoltre l’incisore bolognese non è nuovo a queste imprese legate alla traduzione a stampa di sarcofaghi antichi e le connessioni tra l’arte del Raimondi e i rilievi del mondo classico sono ormai del tutto acclarati dalla critica. I riferimenti del Sogno di Raffaello al Sarcofago Mattei sarebbero un altro tassello a comprova della consapevolezza nell’uso degli stilemi classici traslati nella semantica rinascimentale, operata dal Raimondi nella sua produzione grafica. 

A questo punto, forti del confronto iconografico con il Sarcofago Mattei, si potrebbe proporre un’analoga trasposizione anche per il soggetto e pensare dunque alla leggenda fondativa di Roma “narrata” dal Raimondi. Il bolognese forse ha voluto rendere omaggio alla gloriosa storia dell’Urbe, giunto ormai nella capitale ma avendo ancora negli occhi il tonalismo veneziano e il classicismo padano, e “sognando” Roma, nuova Troia.


Arte romana, copia del Sarcofago Mattei (220 d.C.), fronte, Roma, Museo della civiltà romana.


Pisanello (bottega), figure dal Sarcofago Mattei con Marte e Rea Silvia (1431-1432), Milano, Biblioteca ambrosiana.

Sul tema segnaliamo: G. Bernini Pezzini, S. Massari, S. Prosperi Valenti Rodinò, Raphael invenit. Stampe da Raffaello nelle collezioni dell’Istituto Nazionale per la Grafica, Roma 1985. S. Ferrari, Jacopo de’ Barbari. Un protagonista del Rinascimento tra Venezia e Dürer, Milano 2006; Dürer e l’Italia, a cura di K. Herrmann Fiore, Milano 2007; C. Rabbi Bernard, A. Cecchi, Y. Hersant, Il sogno nel Rinascimento, Livorno 2013.

ART E DOSSIER N. 319
ART E DOSSIER N. 319
MARZO 2015
In questo numero: EROS FUORI PORTA Il corpo e la campagna, seduzioni boschive nella pittura veneta, in Stanley Spencer, in Courbet, nel Romanticismo tedesco. VAN GOGH 125 ANNI DOPO Il nuovo museo e tutti gli eventi. IN MOSTRA: Jacob Lawrence, Morandi, Palma il Vecchio, Carpaccio.Direttore: Philippe Daverio