Grandi mostre. 3
Palma il Vecchio a Bergamo

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La prima monografica mondiale dedicata a Palma il Vecchio, in programma dal 13 marzo alla GAMeC, è l’occasione per riscoprire un grande artista, artefice di memorabili pale d’altare, dipinti biblici, mitologici, ritratti femminili ricercati che diventano l’espressione di un nuovo codice estetico.

Maurizia Tazartes

Le donne sono procaci, eleganti e spregiudicate. Hanno lunghi capelli sciolti o pettinati alla moda. Belle, fresche e ammalianti: erano davvero così? Probabilmente sì, erano le bellezze del tempo. Certo, Palma il Vecchio sa cogliere con maestria ogni accenno di malizia, ogni sfida in quegli sguardi che sembrano “bucare la tela”, ogni piega erotica in quei corpi nudi, che precorrono di secoli Goya e Modigliani. E i prati, i boschi, i castelli, i piccoli paesi degli sfondi? Magici, ma veri. Sono quelli di allora, che il bravo Palma batteva per spostarsi da Bergamo a Venezia e che riesce a restituirci con il loro profumo di terra e di erba. 

Insomma, Palma il Vecchio è davvero un grande artista, come conferma la sua prima mostra monografica mondiale, organizzata in occasione dell’Expo milanese 2015 alla GAMeC - Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo (Palma il Vecchio. Lo sguardo della bellezza, dal 13 marzo al 21 giugno): più di una quarantina di opere tra pale d’altare, ritratti, dipinti mitologici e allegorici, giunte da musei italiani e stranieri, che permettono di riscoprirlo e dargli il suo posto accanto a grandi colleghi come Giorgione, Tiziano, Lorenzo Lotto, Sebastiano del Piombo e vari ferraresi, veneti, emiliani, padani che respirano la stessa aria.


Bagno di Diana e delle sue ninfe (o Ninfe al bagno) (1519-1520), Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Palma il Vecchio sa cogliere con maestria ogni accenno di malizia, ogni sfida in quegli sguardi che sembrano “bucare la tela”


La mostra, ideata e curata da Giovanni C. F. Villa, permette non solo di ammirare il pittore, ma di ripercorrere idealmente o in pratica tutto il territorio bergamasco grazie a varie iniziative collegate, itinerari nelle chiese e restauri di opere come il Polittico della presentazione della Vergine e l’Adorazione dei pastori delle parrocchie di Santa Maria Annunciata di Serina e di San Lorenzo Martire di Zogno. Perché, come dice Angelo Piazzoli, segretario generale della fondazione bancaria che ha finanziato i restauri, «l’obiettivo non è solo quello di svolgere una fondamentale azione di tutela del patrimonio, ma anche quello di portare il territorio al centro di un percorso virtuoso, con tappe turistiche importanti in occasione dell’Expo 2015». 

Palma il Vecchio nasce a Serina in Val Brembana intorno al 1480, con il nome di Jacopo Negretti o “Nigreti de Lavalle” (o anche “De la Valle”), figlio di Antonio. La data si desume dalla testimonianza di Giorgio Vasari che, nell’edizione delle Vite del 1550, lo dice morto all’età di quarantotto anni, scomparsa che gli archivi veneziani registrano il 30 luglio 1528. Non sappiamo quando l’artista arrivi a Venezia, dove è ricordato come «Iacomo de Antonio Negreti depentor» in un testamento dell’8 marzo 1510. Due anni dopo, l’8 gennaio 1513 in un altro testamento è indicato come «Jacomo Palma depentor», con il soprannome che passerà al pronipote. Quest’ultimo si prenderà l’appellativo di Giovane lasciando al predecessore quello meno felice di Vecchio. 

La prima formazione avviene in ambito locale, ma già intorno ai vent’anni il giovane pittore deve essere arrivato nella Serenissima, attratto dalla fama di Giovanni Bellini, Cima da Conegliano, Vittore Carpaccio e dei Vivarini. Nel 1513 diventa membro della Scuola grande di San Marco e il 5 febbraio 1514 è attestato il pagamento di cinquanta ducati di accredito per la sua prima pala d’altare nota, l’Assunzione della Vergine per la Scuola di Santa Maria Maggiore, giunta in mostra dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia. 

Ma prima di quella data Palma ha già realizzato dipinti sacri, mitologici, pale d’altare (la Madonna leggente della Gemäldegalerie di Berlino, la Madonna col Bambino in trono tra le sante Barbara e Cristina e due committenti della Galleria Borghese di Roma, le Due ninfe in un paesaggio del Städelsches Kunstinstitut di Francoforte), mettendo a punto un suo linguaggio originale in continuo dialogo con la lezione di Giorgione e la pittura del coetaneo Tiziano. Un ruolo, il suo, che Giovanni Battista Cavalcaselle nel 1871 definisce come quello di «modernizzare e rigenerare l’arte veneziana» insieme ai due celebri colleghi. Nasceranno così nel secondo decennio del Cinquecento Sacre conversazioni con sfondi paesaggistici, destinate a chiese lombarde e venete. Forse al 1523-1524 risale il Polittico di Santa Barbara e vari santi per la Scuola dei bombardieri nella chiesa di Santa Maria Formosa a Venezia, ricordata da Vasari nel 1568: «Ma la Santa Barbara è delle migliori figure, che mai facesse questo pittore».


Polittico della presentazione della Vergine (1515-1517 circa), particolare, Serina (Bergamo), Santa Maria Annunciata.

Madonna col Bambino tra i santi Maria Maddalena, Giovanni Battista, Caterina e il committente (Francesco Priuli?) (1515 circa), Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza.

Assunzione della Vergine (1514 circa), Venezia, Gallerie dell’Accademia.

Nel Ritratto di giovane donna in abito blu con ventaglio o nel Ritratto di donna, detta La bella, le figure hanno forme morbide e ampie, le vesti di seta e velluto, gli incarnati chiari e rosati


Nasceranno dipinti mitologici come le varie Ninfe al bagno o distese in profondi paesaggi verdi sole o in gruppo (Ninfa in un paesaggio di Dresda, Bagno di Diana e delle sue ninfe o Ninfe al bagno di Vienna), destinate a una committenza intellettuale raffinata. Dipinti biblici, come Incontro di Giacobbe e Rachele (o Promessa d’amore nel paesaggio montano), uno spaccato contadino del tempo con due popolani che si baciano tra nugoli di animali al pascolo: emerge un nuovo naturalismo, intriso di poesia. Ritratti femminili capaci di creare una nuova estetica, come il Ritratto di giovane donna in abito blu con ventaglio (1518 circa) del Kunsthistorisches Museum di Vienna o la Sibilla di Hampton Court, o il Ritratto di donna, detta La bella, del Thyssen-Bornemisza di Madrid, figure dalle forme morbide e ampie, le vesti di seta e velluto, gli incarnati chiari e rosati. Ritratti maschili intensi, come il Ritratto d’uomo coi guanti (1517-1518) dell’Ermitage di San Pietroburgo o l’affascinante Ritratto d’uomo con mantello di pelliccia (1516 circa) dell’Alte Pinakothek di Monaco, lodato da Vasari. 

E a proposito di ritratti c’è un aspetto interessante, che la rassegna sottolinea. Quelle opere permettono di seguire lo sviluppo della moda nei territori della Serenissima, dove si diffonde uno stile “all’italiana”, caratterizzato da una continua ricerca di novità, varietà, tagli fantasiosi, ampi volumi e colori accesi, in auge nelle maggiori corti padane. 

Una moda già superata nel 1528, come lamenta Baldassarre Castiglione nel Cortegiano (II, XXVI), pubblicato a Venezia in quello stesso anno, quando ormai vanno per la maggiore vesti «alla francese, alla spagnola, alla tedesca», ma che i ritratti di Palma documentano nel dettaglio. Nel Ritratto di giovane donna in abito blu con ventaglio, per esempio, troviamo un look tipico italiano-lombardo di quegli anni: una veste abbondante con ampia scollatura quadrata, il corpetto allacciato da fiocchi, le maniche a sbuffo staccate con sottomaniche strette all’avambraccio, una camicia di batista di lino finissima. Il Ritratto virile, il cosiddetto Ariosto della National Gallery di Londra del 1520-1525 presenta invece l’abbigliamento di un gentiluomo: veste, sopravveste con pelliccia, camicia di batista di lino plissettata, guanti di pelle. 

Molta cura era poi data ai capelli: sciolti sulle spalle come nel magnifico Ritratto di tre donne (1518-1520) della Gemäldegalerie di Dresda. Oppure raccolti in trecce a costruire complicate acconciature trattenute da sottili turbanti di seta, secondo una moda femminile diffusa da Isabella d’Este. Capelli rigorosamente lunghi e fluenti per gli uomini, che addirittura ne aggiungevano di posticci per aumentare il volume, corta barba dal terzo decennio sull’esempio di Francesco I di Valois. 

Grande Palma. Ma che fine fa? Muore quasi cinquantenne nel 1528 per un’improvvisa malattia (il 28 luglio detta il proprio testamento), lasciando tutto ai figli del fratello, scomparso quattro anni prima di lui. 

In bottega rimarranno quarantasette dipinti, alcuni solo abbozzati.


Incontro di Giacobbe e Rachele (o Promessa d’amore nel paesaggio montano) (1524 circa), Dresda, Gemäldegalerie.


Ritratto di donna, detta La bella (1518 circa), Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza.


Ritratto di giovane donna in abito blu con ventaglio (1518 circa), Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Palma il Vecchio. Lo sguardo della bellezza

a cura di Giovanni C. F. Villa
Bergamo, GAMeC - Galleria d’arte moderna e contemporanea
via San Tomaso 53
telefono 035-270272
orario 10-19, giovedì 10-20, chiuso lunedì
dal 13 marzo al 21 giugno
catalogo Skira
www.palmailvecchio.it

ART E DOSSIER N. 319
ART E DOSSIER N. 319
MARZO 2015
In questo numero: EROS FUORI PORTA Il corpo e la campagna, seduzioni boschive nella pittura veneta, in Stanley Spencer, in Courbet, nel Romanticismo tedesco. VAN GOGH 125 ANNI DOPO Il nuovo museo e tutti gli eventi. IN MOSTRA: Jacob Lawrence, Morandi, Palma il Vecchio, Carpaccio.Direttore: Philippe Daverio