Studi e riscoperte. 2
Spitzweg e i romantici tedeschi

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Erotismo sì ma con pudore. Questo era il motto che nell’Ottocento l’Europa, fatta eccezione per Parigi, seguiva con diligente osservanza. Nella rigorosa Germania, per esempio, le raffigurazioni più spinte erano consentite solo se mediate da spunti sacri o mitologici. Un risultato reso evidente da Carl Spitzweg e da altri artisti che come lui, talvolta, aggiungevano alle loro opere un pizzico di ironia senza ledere però la morale comune.

Cristina Beltrami

Mentre a Parigi il realismo di Courbet accoglieva il nudo più esplicito nell’empireo dell’arte - per quanto talvolta ancora in una dimensione di committenza privata, come nel caso dell’Origine del mondo (1866) realizzato per l’ambasciatore turco-egiziano Khalil-Bey (1831-1879) -, nel resto d’Europa il pudore era ancora fortemente radicato. Gli artisti potevano proporre immagini erotiche solo se sdoganate dal filtro della mitologia o del sacro, secondo un processo ben noto nei secoli precedenti. Anche nella potente quanto religiosa Germania, la società è impegnata a dare di sé un’immagine d’inappuntabile rigore, specchio di una borghesia mite e cortese, la stessa che Carl Spitzweg (1808-1885) ritrae in numerose tele con dovizia di particolari ma anche con sottile ironia. Spitzweg del resto conosce bene il mondo che descrive, è il figlio di un mercante che lo indirizza a studi farmaceutici, immaginando per lui un futuro del tutto simile a quello che Carl canzona dalle colonne del “Fliegende Blätter”. A partire dal 1844 infatti l’artista collabora con la rivista satirica tedesca, tarata sul modello delle testate parigine “Caricature” o “Le Charivari”. È proprio a Parigi, nel 1851, che il linguaggio pittorico di Spitzweg evolve nel contatto diretto con i protagonisti della scuola di Barbizon. Mette a punto una pittura fedele ai passaggi tonali del vero che gli consente di creare immagini dalla straordinaria vividezza luministica. 


Dai maestri del Nord Spitzweg apprende quella cura nei confronti del dettaglio che diviene elemento rivelatore di passioni, abitudini o piccole manie dei suoi soggetti come L’amante del cactus


Spitzweg visita sovente l’Italia: nel 1830 si era limitato al Nord - Trieste, Udine e Venezia - e due anni più tardi, nel 1832, si era spinto sino a Napoli, toccando Bologna, Firenze e Roma e rientrando per Trento e Bressanone, dove ebbe modo di fissare nella memoria quei paesaggi boschivi e anfratti rocciosi che fanno da quinta fiabesca a solitarie fanciulle al bagno. Il soggetto, che ha una certa ricorrenza nella produzione spitzweghiana, viene ampiamente accettato dalla società coeva perché calato in una dimensione arcadica che ne stempera il lato erotico. Il nudo è incarnato da una ninfa impegnata in giochi ingenui, spiata da inopportuni osservatori o dallo spettatore stesso. 

Ninfa al bagno ha la vivacità luministica tipica dei dipinti di Spitzweg che esaltano il romanticismo del paesaggio selvaggio e “grottesco”, quasi palpabile nella sua umidità. 

Compositivamente ogni elemento del dipinto, inclusa la deliziosa natura morta con gli abiti abbandonati sul viottolo verso lo specchio d’acqua, è finalizzato alla creazione di una cornice per il nudo femminile di spalle in cui il senso voyeuristico è accentuato dalla figura che sta in piedi su uno scoglio a pelo d’acqua. Sono immagini accattivanti, pensate per un pubblico che ne avrebbe apprezzato la vena erotica, senza sentire intaccata la propria integrità morale. Spitzweg si stabilisce a Monaco di Baviera, condividendo le proprie convinzioni sull’arte con un gruppo di giovani artisti che, a dispetto delle regole imposte dall’accademia, amano sperimentare l’esperienza diretta del paesaggio e affinare la tecnica sull’attento studio della lezione antica, in particolare di quella fiamminga.


Carl Spitzweg, Ninfa al bagno (1855).


Carl Spitzweg, L’amante del cactus (1858).

Dai maestri del Nord Spitzweg apprende quella cura nei confronti del dettaglio che diviene elemento rivelatore di passioni, abitudini o piccole manie dei suoi personaggi come il topo di biblioteca, il poeta squattrinato o L’amante del cactus, soggetto riproposto in più versioni e nel quale la forma vagamente fallica della pianta accentua il lato caricaturale dell’immagine. 

Lo sguardo perso, il naso grossolano, le mani poste dietro la schiena rivelano una certa vena ridicola di quest’uomo che, come sottolinea il titolo tedesco, è un “Liebhaber”, ovvero un innamorato, colui che ha amore per qualcosa, e in questo caso l’estasi amorosa è riservata a una pianta, peraltro dalla forma allusiva. 

Spitzweg scompare il 23 settembre del 1885 a Monaco di Baviera, una città che vanta un’importante accademia e un sistema di mostre e collezionismo a sostegno delle arti pur sempre però con un certo ritardo rispetto a Parigi, capitale di ogni modernità ottocentesca. Qui infatti nel 1867 anche Gabriel Cornelius von Max (1840-1915), che in seguito avrebbe ottenuto una cattedra all’Accademia monacense, trova la chiave della sua maturazione artistica che passa inevitabilmente attraverso la pittura di Courbet e Manet, svecchiando la formazione ceco-viennese. 

Abile virtuosista, al rientro a Monaco nel 1869, Von Max realizza L’anatomista, un dipinto nel quale un medico sta esaminando il cadavere di una fanciulla recentemente deceduta. La trattazione del chiaroscuro che accende le carni della ragazza, lo studio attentamente descritto nella sua immobilità ma soprattutto la fissità dello sguardo dell’uomo sul seno della ragazza insidiano la “pruderie” di chi guarda. 

L’erotismo dell’immagine passa attraverso il filtro della ricerca scientifica, che cela in realtà una certa morbosità.


Gabriel von Max, L’anatomista (1869), Monaco di Baviera, Neue Pinakothek.

Nelle Scimmie come critiche d’arte la vera protagonista, messa in evidenza anche dalla luce, è la scimmia in primo piano che ostenta un atteggiamento sfrontato e velatamente erotico


Artista appassionato di antropologia e zoologia, darwiniano convinto, Von Max accoglie nella sua abitazione di Monaco di Baviera circa quaranta scimmie che egli osserva sia da un punto di vista scientifico, interrogandosi sull’evoluzione della specie umana, che come soggetto della pittura. L’animale è spesso ripreso in attitudini umane, inevitabilmente insistendo su eccessi caricaturali, come nel caso delle Scimmie come critiche d’arte, dipinto realizzato attorno al 1889. Von Max immagina la reazione di un gruppo di scimmie di fronte a un grande dipinto, precluso allo spettatore se non per l’elaborata cornice dorata. Di fronte all’opera i primati hanno reazioni differenti, chi l’osserva con attenzione, chi rivolge lo sguardo verso lo spettatore o altrove ma la vera protagonista, messa in evidenza anche dalla luce, è la scimmia in primo piano che ostenta un atteggiamento sfrontato e velatamente erotico. Giustificando il comportamento della scimmia con la sua natura animale, Von Max la ritrae in una posa lasciva - a gambe divaricate con la lingua in mostra - che non avrebbe mai potuto osare con un essere umano. 

La scena resta in sospeso tra la dimensione dell’ammiccamento erotico e lo sberleffo alla critica d’arte del tardo Ottocento tedesco che l’artista identifica col manipolo di scimmie. 

Tenendo Monaco di Baviera come fulcro di un percorso del gusto che da Spitzweg arriva sino al termine dell’Ottocento e che propone immagini erotiche attraverso il filtro dell’elemento onirico si arriva fino al simbolismo di Oskar Zwintscher (1870-1916). Artista nato a Lipsia ma formatosi a Dresda tra il 1890 e il 1892 e che ebbe spesso occasione di ammirare gli artisti della collezione del conte Adolf Friedrich von Schack (1815-1894). Questi, collezionista e mecenate, fu un importante sostegno per gli artisti tardoromantici, tra i quali naturalmente anche Spitzweg. E forse non è un caso che in Paesaggio primaverile (1895) Zwintscher riproponga lo schema del nudo immerso in una dimensione di sogno. I corpi dei due giovani amanti s’intrecciano in un paesaggio rigoglioso, per quanto stilizzato, mentre un amorino dall’aria trasognata gioca con delle farfalle al culmine della collina. La sensualità dei due corpi è stemperata in questo caso dalle dimensioni ridotte, dalla stilizzazione del paesaggio e dall’abbondanza di simboli come il pesco in fiore. 

Il gusto per immagini allusivamente erotiche tocca naturalmente anche la produzione di oggetti che dalla Boemia si vendono in tutto il territorio tedesco e austriaco, come bene testimonia l’Adamo ed Eva in terraglia inglese della manifattura Týnec nad Sázavou. La gestualità, in particolare la posa nella quale la donna mostra la mela ad Adamo, è un evidente gioco di seduzione - ma pur sempre giustificato dal tema biblico - che certamente avrà deliziato qualche interno borghese della Germania Biedermeier.


Gabriel von Max, Scimmie come critiche d’arte, (1889 circa), Monaco, Neue Pinakothek.


Oskar Zwintscher, Paesaggio primaverile (1895), Dresda, Städtische Galerie.

ART E DOSSIER N. 319
ART E DOSSIER N. 319
MARZO 2015
In questo numero: EROS FUORI PORTA Il corpo e la campagna, seduzioni boschive nella pittura veneta, in Stanley Spencer, in Courbet, nel Romanticismo tedesco. VAN GOGH 125 ANNI DOPO Il nuovo museo e tutti gli eventi. IN MOSTRA: Jacob Lawrence, Morandi, Palma il Vecchio, Carpaccio.Direttore: Philippe Daverio