XX secolo. 1
Stanley Spencer

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e sesso

I villaggi di Cookham e Burghclere, sprofondati nella campagna a sud-ovest di Londra, nelle contee confinanti di Berkshire e Hampshire, sono i luoghi – reali e mentali – della vicenda artistica di Stanley Spencer.

Antonello Negri

A Cookham, sul Tamigi, Spencer era nato nel 1891, ma è a Burghclere che si trova la sua prima opera di speciale rilievo anche pubblico: il ciclo pittorico murale, realizzato a cominciare dal 1923 e concluso nel 1932, per la Sandham Memorial Chapel, commissionatogli dai coniugi Behrend in memoria del fratello di lei, caduto in guerra. La cappella era stata progettata dall’architetto Lionel Pearson, in base a indicazioni dello stesso Spencer, per accogliere adeguatamente i dipinti che l’artista intendeva eseguire: alcune tele, da collocare a parete, erano così grandi da dover essere tessute appositamente in Belgio, poiché in Inghilterra non esistevano telai abbastanza larghi. In anni in cui, in Italia come pure negli altri paesi coinvolti, la memoria della guerra continuava a favorire la retorica celebrativa e il monumentalismo - la famosa “monumentomania” deprecata da Carlo Carrà - Spencer, formatosi nella londinese Slade School of Art, seguiva una chiave di stile piuttosto eccentrica, che per la concezione generale partiva dal ricordo degli affreschi di Piero della Francesca realizzati nella chiesa di San Francesco ad Arezzo, visti in riproduzione, per rievocare in senso del tutto antieroico l’esperienza militare, da egli stesso condivisa sul fronte macedone.


Spencer seguiva una chiave di stile piuttosto eccentrica, che per la concezione generale partiva dal ricordo degli affreschi di Piero della Francesca realizzati nella chiesa di San Francesco ad Arezzo


Tutte le opere riprodotte in questo articolo, dove non diversamente indicato, sono di Stanley Spencer.
Autoritratto con Patricia Preece (1936), in prestito alla Tate Gallery di Londra dal Fitzwilliam Museum di Cambridge.


Lettura della mappa dal ciclo pittorico (1923-1932) della Sandham Memorial Chapel a Burghclere.

Nell’impegnativa impresa di Burghclere si colgono i due principali registri della sua pittura: da una parte l’antinaturalismo visionario, come nella spettacolare scena della Resurrezione dei soldati sulla parete di fondo, dietro l’altare; dall’altra - nelle pareti laterali, eseguite a conclusione dell’opera - il realismo narrativo, stralunato e sognante, di una serie di micro-storie di vita militare quotidiana, dal Lavaggio del pavimento a Il tè nella corsia dell’ospedale, dalla Lettura della mappa a Rifarsi il letto. In quest’ultimo episodio, le serie di fotografie ricordo appuntate alla parete corrispondono ad altrettanti altarini privati dei soldati dove immagini anche colte, come la riproduzione di una pittura sacra antica, si mescolano a cartoline, figure e ricordi personali in sequenze quasi anticipatrici di ben più tardi “montaggi”, tra Pop Art e mitologie individuali. Il tono generale, di questa come delle altre “storie” di Burghclere, fa emergere un tratto distintivo della maniera di Spencer: lo stupore dello sguardo di fronte ad abitudini, situazioni e azioni banali, ripetute anche in condizioni estreme - qui in guerra - e comunque avvertite e messe in scena come riflessi del divino. 


Nel Cristo che porta la croce episodi della storia sacra sono ambientati nel villaggio e nella campagna di Cookham, con il coinvolgimento degli abitanti nelle vicende soprannaturali


Spencer, che aveva un radicato sentimento del sacro anche per la familiarità con le storie bibliche che il padre gli leggeva, ha dipinto alcuni dei più originali quadri religiosi del Novecento, a loro volta singolarmente basati su quel gusto del racconto che conferisce al ciclo di Burghclere il suo carattere più sorprendente e innovativo, anche di rivisitazione, in termini di stile aggiornati, di quel piacere dell’aneddoto e del dettaglio occasionale già tipici di una certa tradizione figurativa vittoriana. In quadri degli anni Dieci-Venti come Zaccaria ed Elisabetta e Cristo che porta la croce episodi della storia sacra sono infatti ambientati nel villaggio e nella campagna di Cookham, con il coinvolgimento degli abitanti nelle vicende soprannaturali che si srotolano davanti a chi guarda, e prima ancora nell’immaginazione di Spencer che conservava, ancora da adulto, la forza fantastica e sognatrice di quando era bambino.


Zaccaria ed Elisabetta (1914), Londra, Tate.


Cristo che porta la croce (1920), Londra, Tate Gallery.

Nella prima delle opere citate, ispirata a una vicenda neotestamentaria, il suo modo di guardare alle cose si rispecchia esemplarmente nella figura del fanciullo che da dietro un muro - quello del giardino della sua infanzia, al di là del quale c’era il mondo - sbircia la scena mentre Zaccaria e la moglie Elisabetta compiono un sacrificio. Tale immagine rende conto plasticamente della sua idea di contiguità e assoluta permeabilità di vita quotidiana e sfera soprannaturale, di sacro e profano. La convinzione che il divino partecipasse di tutti gli aspetti della vita degli uomini, compresi i loro desideri, ha suggerito nessi con William Blake e soprattutto con il geniale incisore e designer Eric Gill, di poco più vecchio, il cui fervido cattolicesimo di convertito s’intrecciava con un’ardente sessualità vissuta come santa manifestazione divina. 

La certezza che la santità si esprimesse non soltanto negli accadimenti e nelle azioni più insignificanti e umili - Spencer aveva letto le Confessioni di sant’Agostino - ma anche in ogni desiderio emerge in opere degli anni Trenta sul tema dell’amore e della sessualità. Nei suoi quadri del tempo Spencer rappresenta sia rapporti poco convenzionali, allora generalmente considerati disdicevoli - tra vecchi e fanciulle o tra uomini e donne di etnie diverse - sia le propria vicenda coniugale, segnata nel 1937 dal divorzio da Hilda, figlia del pittore George Francis Carline e pittrice essa stessa, cui era seguito un immediato, ma infelice, matrimonio con un’altra pittrice, Patricia Preece, formatasi nell’ambito del gruppo di Bloomsbury. I nudi terribilmente realistici della Preece dipinti da Spencer lasciano trasparire un’ossessione sessuale per un oggetto del desiderio sempre rimasto tale: il loro matrimonio non venne consumato e se la Preece non lasciò mai l’amica e amante dei tempi degli studi artistici a Londra, Dorothy Hepworth, Spencer finì per riversare i propri tormenti sulla prima moglie, alla quale a un certo punto riprese a scrivere lettere, continuando a farlo anche dopo che era morta. 

Nel complessivo itinerario artistico di Spencer, segnato da un’eccentricità di visione e di stile che fa della sua opera un unicum nella storia artistica inglese del Novecento, i nudi della Preece - anche combinati con il suo autoritratto, come nel quadro del 1936 della Tate - costituiscono un nucleo d’impressionante pregnanza pittorica: il corpo, con tutte le sue asperità e varianti cromatiche, vi diventa una sorta di paesaggio accidentato, dove al di là del realismo della superficie si proiettano i fantasmi di un’introspezione senza infingimenti. Il corpo come luogo di conflitti erotici e tragici tra esseri umani era già stato trattato da Walter Sickert in composizioni enigmatiche del primo Novecento; lo sarebbe stato qualche anno dopo, con altrettanta intensità, nella pittura di Francis Bacon.


Walter Richard Sickert, L’affaire di Camden Town (1909).


Francis Bacon, Lying Figure in Mirror (1971), Bilbao, Museo de Bellas Artes.

ART E DOSSIER N. 319
ART E DOSSIER N. 319
MARZO 2015
In questo numero: EROS FUORI PORTA Il corpo e la campagna, seduzioni boschive nella pittura veneta, in Stanley Spencer, in Courbet, nel Romanticismo tedesco. VAN GOGH 125 ANNI DOPO Il nuovo museo e tutti gli eventi. IN MOSTRA: Jacob Lawrence, Morandi, Palma il Vecchio, Carpaccio.Direttore: Philippe Daverio