Nella prima delle opere citate, ispirata a una vicenda neotestamentaria, il suo modo di guardare alle cose si rispecchia esemplarmente nella figura del fanciullo che da dietro un muro - quello del giardino della sua infanzia, al di là del quale c’era il mondo - sbircia la scena mentre Zaccaria e la moglie Elisabetta compiono un sacrificio. Tale immagine rende conto plasticamente della sua idea di contiguità e assoluta permeabilità di vita quotidiana e sfera soprannaturale, di sacro e profano. La convinzione che il divino partecipasse di tutti gli aspetti della vita degli uomini, compresi i loro desideri, ha suggerito nessi con William Blake e soprattutto con il geniale incisore e designer Eric Gill, di poco più vecchio, il cui fervido cattolicesimo di convertito s’intrecciava con un’ardente sessualità vissuta come santa manifestazione divina.
La certezza che la santità si esprimesse non soltanto negli accadimenti e nelle azioni più insignificanti e umili - Spencer aveva letto le Confessioni di sant’Agostino - ma anche in ogni desiderio emerge in opere degli anni Trenta sul tema dell’amore e della sessualità. Nei suoi quadri del tempo Spencer rappresenta sia rapporti poco convenzionali, allora generalmente considerati disdicevoli - tra vecchi e fanciulle o tra uomini e donne di etnie diverse - sia le propria vicenda coniugale, segnata nel 1937 dal divorzio da Hilda, figlia del pittore George Francis Carline e pittrice essa stessa, cui era seguito un immediato, ma infelice, matrimonio con un’altra pittrice, Patricia Preece, formatasi nell’ambito del gruppo di Bloomsbury. I nudi terribilmente realistici della Preece dipinti da Spencer lasciano trasparire un’ossessione sessuale per un oggetto del desiderio sempre rimasto tale: il loro matrimonio non venne consumato e se la Preece non lasciò mai l’amica e amante dei tempi degli studi artistici a Londra, Dorothy Hepworth, Spencer finì per riversare i propri tormenti sulla prima moglie, alla quale a un certo punto riprese a scrivere lettere, continuando a farlo anche dopo che era morta.
Nel complessivo itinerario artistico di Spencer, segnato da un’eccentricità di visione e di stile che fa della sua opera un unicum nella storia artistica inglese del Novecento, i nudi della Preece - anche combinati con il suo autoritratto, come nel quadro del 1936 della Tate - costituiscono un nucleo d’impressionante pregnanza pittorica: il corpo, con tutte le sue asperità e varianti cromatiche, vi diventa una sorta di paesaggio accidentato, dove al di là del realismo della superficie si proiettano i fantasmi di un’introspezione senza infingimenti. Il corpo come luogo di conflitti erotici e tragici tra esseri umani era già stato trattato da Walter Sickert in composizioni enigmatiche del primo Novecento; lo sarebbe stato qualche anno dopo, con altrettanta intensità, nella pittura di Francis Bacon.