“CUPIDI AETERNITATIS”:
RITRARRE PER RENDERE
IMMORTALI

È una finestra che si apre sull’eternità quella che i pittori, soprattutto del Rinascimento, concepivano realizzando il ritratto di qualcuno.

L'idea di lasciare ai posteri la percezione esatta delle proprie fattezze, infatti, costituiva, allora come ora, uno dei tanti espedienti che gli uomini hanno messo in atto per gabbare la morte. Naturalmente, è un’illusione, ma ha la sua efficacia. In quest’ottica, il successo di Raffaello come ritrattista si spiega assai bene, al di là del suo importante contributo a questo genere artistico, di cui ha profondamente mutato la tipologia e l’assetto compositivo. Non si ritenga questa riflessione insulsa perché, se avessero potuto, ammirando i ritratti del grande urbinate, i suoi committenti avrebbero volentieri detto quel che, sia pure sbagliando (non si può qui affrontare il problema e, certo, si tratta di una semplificazione), possiamo dire oggi con un paragone improprio: «Sembra una fotografia! ». È tuttavia a quel massimo grado di aderenza alla fisionomia originale che tendevano le sue opere. Neanche questa considerazione, sebbene iperbolica, può dirsi banale perché, per esempio, non si potrebbe dire la stessa cosa dei ritratti di Rembrandt, ma neppure di quelli di Botticelli. La radice del percorso del Sanzio ritrattista nasce dall’ambito quattrocentesco guardando più a Perugino, però, di cui non si può non ricordare un quadro come il Ritratto di Francesco delle Opere che contiene in nuce molti dei suggerimenti che poi il giovane Raffaello svilupperà nei suoi capolavori. Non è un caso che sia stato proprio il XV secolo quello nel quale, in epoca moderna, prese piede il genere del ritratto, sull’onda di una crescita sociale e di una ricchezza diffusa che non era più solo appannaggio dei sovrani e della nobiltà, ma che si poteva finalmente allargare alla classe mercantile e agli artigiani benestanti, insomma a quella proto-borghesia a cui appartenevano pure Francesco delle Opere e la stessa famiglia del Sanzio.

Ci si spinse, perciò, alla ricerca di soluzioni compositive nuove che andavano dall’impiego della posa di profilo, come nel caso del Ritratto di giovane uomo di Cosmè Tura, conservato al Metropolitan Museum di New York, databile fra il 1470 e il 1480, fino al Ritratto di giovane di Botticelli, dipinto fra il 1483 e il 1484 (Londra, National Gallery) che, invece, mostra una posizione decisamente frontale, per arrivare, poi, al ricordato ritratto di Perugino (oggi agli Uffizi), di dieci anni più tardo, che allarga la luce della “finestra dipinta” fino a includere le mani e il paesaggio.

Quando Piero Vannucci realizzò l’opera, Raffaello aveva ormai undici anni, aveva già conosciuto il maestro umbro perché la cura amorevole del padre lo aveva portato a bottega da Perugino, come racconta Vasari, per una valutazione del suo talento e, da ben più di un lustro, lavorava e trafficava, sia pur bambino, nell’impresa paterna. Non si sa se Raffaello abbia mai avuto modo di conoscere quest’opera ma, di sicuro, molti dei ritratti dell’età giovanile e della prima maturità del maestro di Urbino attingono a quel compendio d’insegnamenti che la tavola degli Uffizi rappresenta.

D’altra parte, è significativo che uno degli studiosi più attenti alla produzione pittorica mobiliare di Raffaello, Jürg Meyer zur Capellen, che a questo aspetto del corpus del Sanzio ha dedicato tre volumi, indichi una relazione fra il ricordato quadro di Perugino e il Ritratto di giovane uomo conservato a Budapest (Szépmüvészeti Múzeum, inv. 72)(1). Da qui, infatti, prese le mosse il maestro urbinate che non realizzerà mai un ritratto di profilo, se non contestualizzandolo, come nel caso della Messa di Bolsena in Vaticano, dove Giulio II “deve” assumere quella posa perché gliela impone il racconto, come - d’altra parte - accade a Leone X nell’Incontro di Attila e Leone Magno, oppure in situazioni similari. Infatti, Raffaello saprà sempre collocare la figura nello spazio e sfruttare il paesaggio come espediente per commentare e nobilitare la persona ritratta.


Cosmè Tura, Ritratto di giovane uomo (1470-1480); New York, Metropolitan Museum of Art.


Sandro Botticelli, Ritratto di giovane (1483-1484); Londra, National Gallery.

Il percorso di miglioria nella resa del ritratto, dal Medioevo alla fine del Quattrocento, infatti, sarà un lento progressivo girarsi della figura, dal profilo ai tre quarti, fino alla posizione lungo la diagonale dell’ideale “finestra” del quadro. Questa, poi, si aprirà su un panorama di sfondo dallo scopo compositivo preciso. Lungi dall’essere una mera notazione naturalistica, servirà, invece, a esaltare la statura morale e monumentale del personaggio ritratto, il cui confronto con l’alberello o il profilo della montagna in lontananza lo farà giganteggiare sulla tavola (o, più avanti negli anni, sulla tela), come se fosse una figura di straordinaria potenza. Anche il taglio della tavola a filo delle mani avrà uno scopo preciso: suggerire la presenza di un davanzale e, quindi, la solidità di un appoggio; nonché la pienezza di uno spazio che a stento contiene chi lo occupa, dimostrandone l’importanza. In questo modo si faceva piena e concreta l’aspirazione dei personaggi ritratti, desiderosi di eternità, per quanto effimera: “cupidi aeternitatis”, per usare quell’appellativo con cui il Ripa, nella sua Iconologia, alla “voce” Eternità, indica i sovrani desiderosi di perpetuare la propria immagine.


La scelta medievale del profilo era dettata dal desiderio di facilitare il riconoscimento facciale. La nascita della prospettiva scientifica, che permetteva il dominio geometrico dello spazio, favorì il progressivo passaggio dalla vista laterale a quella frontale, fino ad arrivare alla figura di tre quarti. Non è un caso che fra gli esempi studiati da Piero della Francesca nel suo De prospectiva pingendi ci sia la testa vista da vari punti di vista disegnati su piani di proiezione che potremmo definire proto-cartesiani.


Ritratto di giovane uomo (1503-1504); Budapest, Szépmüvészeti Múzeum.

(1) J. Meyer Zur Capellen, Raphael. The Paintings. The Beginnings in Umbria and Florence, ca. 1500-1508, Ladshut 2001, I, pp. 282-284.

RAFFAELLO. I RITRATTI
RAFFAELLO. I RITRATTI
Marco Bussagli
Pittore e architetto, fu uno dei più famosi artisti del suo tempo, mitizzato già in vita, oggi ritenuto tra i massimi artefici del Rinascimento. In questo dossier affrontiamo la sua attività di ritrattista, genere nel quale eccelleva e che contribuì fortemente al suo successo. Potenza, monumentalità, eleganza, aderenza alla fisionomia del soggetto erano le caratteristiche che contraddistinguevano i ritratti di Raffaello da quelli di altri artisti del suo tempo, quasi una garanzia di “eternità”.