IL RITRATTO
DELL’AMORE

«Fu Raffaello persona molto amorosa et affezionata alle donne, e di continuo presto ai servigi loro.

La qual cosa fu cagione che, continuando i diletti carnali, egli fu dagl’amici, forse più che non conveniva, rispettato e compiaciuto»(34). Con questo celebre passo Vasari sintetizza un atteggiamento nei confronti del genere femminile che alimenterà leggende e racconti sulla personalità del Sanzio, al punto che si finirà addirittura per attribuire la causa della sua morte a un eccesso amoroso. La sensualità delle figure muliebri di Raffaello è una costante di tutta la sua produzione artistica e si ritrova anche in un’esigua, ma significativa raccolta di versi da cui è tratto il passo di questa terzina, tolta da una delle sue cinque poesie: «Quanto fu dolce el giogo e la catena /De’ tuoi candidi bracci al col mio vol(ti), che sciogliendomi io sento mortal pen(a)»(35).


La Fornarina (1518-1520); Roma, Galleria nazionale d’arte antica - palazzo Barberini.


Madonna sistina (1512-1513), particolare; Dresda, Gemäldegalerie.
Per quanto strano possa sembrare, la celeberrima Madonna sistina è un esempio della ritrattistica di Raffaello. I principali personaggi della scena (v. p. 37), infatti, sono altrettanti ritratti a cominciare dal martire Sisto II cui presta la bellissima testa barbuta papa Giulio II, suo devoto. Anche santa Barbara è un ritratto, forse di Giulia Farnese - sposa di Orsino Orsini e, da giovane, amante di papa Alessandro VI -, oppure Lucrezia della Rovere, nipote di Giuliano, ossia Giulio II. Pure la splendida Madonna è un ritratto, sebbene di difficile identificazione. Per quanto vicina alla figura della Velata, di cui ricalca la fisionomia, rimane anonima giacché neppure dell’identità di questa siamo sicuri. La tradizione vuole che si tratti della fascinosa Fornarina.

Questo slancio poetico, al di là della qualità petrarchesca dei versi appena citati, rivela una sensibilità identica a quella che attraversa alcuni dei capolavori del maestro, fra i quali i più celebri sono tradizionalmente riferiti all’unico amore che il mito di Raffaello ci abbia consegnato. Per la verità, sappiamo che nella vita del Sanzio ci fu certamente anche un’altra donna. È ancora una volta il solito bene informato Giorgio Vasari che, infatti, ricorda come «avendo Raffaello stretto amicizia con il cardinale di Bibbiena, costui lo tormentò per anni per dargli moglie e così accettò per donna una nipote di detto cardinale». Dalle parole dell’eclettico aretino, si capisce che l’artista si dispose benevolmente nei confronti di Maria Dovizi, la nipote del porporato, perché, verosimilmente, il rapporto con lei avrebbe facilitato l’ingresso dell’artista nella nobiltà romana(36). Tuttavia è chiaro che non doveva essere questo il leggendario amore di Raffaello, ossia quella donna che la tradizione ci ha consegnato come “la Fornarina”. Di Margherita Luti, figlia di un fornaio senese, però, l’unica notizia certa riguarda una notula pubblicata nel 1897 da Antonio Valeri che riferisce di una tale «Madama Margherita vedoa figliuola del quodam Francesco Luti di Siena» che, il 18 agosto 1520, venne ospitata nel conservatorio del monastero romano di Santa Apollonia in Trastevere(37). Il che diede corpo alla leggenda che “la Fornarina” - ammesso che fosse Margherita Luti - avrebbe preso i voti dopo la scomparsa di Raffaello. Solo che il fatto stesso che la donna venga definita «vedoa» pone seri dubbi sulla possibilità che si tratti della donna di Raffaello; a meno di non supporre un matrimonio tenuto segreto per non dispiacere il cardinal Bibbiena e sfruttare così i vantaggi sociali che potevano derivare dal legame con Maria Dovizi.

Certo è che l’identità dei personaggi ritratti nei due capolavori noti come La velata, conservata a palazzo Pitti a Firenze, e la cosiddetta Fornarina di palazzo Barberini a Roma che si riferiscono, per tradizione, a Margherita Luti, è del tutto aleatoria. Del resto - a ben guardare - le due donne non si somigliano neppure, ma se la prima è assai vicina alla modella che prestò il volto alla Madonna sistina (il che lascia presupporre un forte interesse per la donna), della seconda non si potrà negare una sensualità e una carica erotica che sono davvero prorompenti e da riferirsi, incontestabilmente, alla sfera sentimentale di Raffaello che appone la sua firma sul ricco bracciale “alla schiava” indossato dalla “Fornarina”.


Arte romana, Venere accovacciata (I secolo d.C.); Firenze, Gallerie degli Uffizi.


Schiava d’amore, ovviamente. Un aspetto che è stato da poco sottolineato nella recente mostra per il cinquecentenario della scomparsa del grande artista, grazie all’accostamento dell’opera con la bella Venere accovacciata degli Uffizi (I secolo d.C.) che esibisce in modo sensuale il bracciale che fascia l’omero destro(38). In definitiva, però, al di là dell’identità delle due donne, che rimane comunque un mistero, i due capolavori si possono considerare un doppio “ritratto dell’amore” che rappresenta gli ideali erotici del grande maestro. Quasi si trattasse delle immagini dei due concetti speculari dell’eterno femminino: la Venus Urania e la Venus pandemones; ossia, rispettivamente immagine di amore spirituale (La Fornarina) e carnale (La velata).

(34) G. Vasari, op. cit., p. 635.

(35) Raffaello, Gli scritti: lettere, firme, sonetti, saggi tecnici e teorici, a cura di E. Camesasca, con la collaborazione di G. M. Piazza, Milano 1994, p. 25.

(36) G. Vasari, op. cit., p. 639.

(37) A. Valeri, Nelle feste di Urbino. Chi era la Fornarina?, in “La vita italiana”, III, 17, Roma 1897, pp. 353-363.

(38) V. Farinella, Scheda VII. 6, in Raffaello 1520-1483, catalogo della mostra, cit., p. 312. Su La velata, si veda: J. Meyer zur Capellen, The Paintings. The Roman Portraits. 1508-1520, cit., III, 2008, pp. 116-119. Su La Fornarina: Ivi, pp. 144-149.

RAFFAELLO. I RITRATTI
RAFFAELLO. I RITRATTI
Marco Bussagli
Pittore e architetto, fu uno dei più famosi artisti del suo tempo, mitizzato già in vita, oggi ritenuto tra i massimi artefici del Rinascimento. In questo dossier affrontiamo la sua attività di ritrattista, genere nel quale eccelleva e che contribuì fortemente al suo successo. Potenza, monumentalità, eleganza, aderenza alla fisionomia del soggetto erano le caratteristiche che contraddistinguevano i ritratti di Raffaello da quelli di altri artisti del suo tempo, quasi una garanzia di “eternità”.