I RITRATTI
DI GRUPPO

Almeno alcuni dei grandi affreschi che hanno reso immortale l’arte di Raffaello Sanzio possono considerarsi, per certi versi, dei macroscopici ritratti di gruppo.

Naturalmente non sono stati realizzati con quell’intento, ma l’ambizione di rendere attuale l’antichità e la storia, considerate come un modello cui ispirarsi, ha popolato i grandi affreschi voluti da Giulio II prima e Leone X dopo di vividi ritratti di loro stessi o di personaggi a loro contemporanei che si ammantavano dei panni dei grandi pontefici del passato, ma pure di filosofi, matematici e poeti che avevano reso eterno lo spirito della Grecia di Aristotele e di Platone. È questo il caso di quel monumento figurato al pensiero umano che è La scuola di Atene nella Stanza della Segnatura. Di questa doppia lettura dei personaggi era consapevole anche Giorgio Vasari che, sebbene in maniera per nulla sistematica e non priva di qualche imprecisione, visto che confonde Pitagora con san Matteo, ci restituisce qualche preziosa indicazione. Infatti, ci segnala un paio di sovrapposizioni, a cominciare da «una figura chinata a terra con un paio di seste in mano, le gira sopra le tavole, quale dicono essere Bramante architettore, che egli non è men desso che se e’ fusse vivo, tanto è ben ritratto». È l’architetto che veste i panni di Euclide, anche se Vasari non lo scrive.


La scuola di Atene (1508-1509), Città del Vaticano, Palazzi vaticani, Musei vaticani, Stanza della Segnatura.

Riconosce però, correttamente, che «un giovane di formosa bellezza, il quale apre le braccia per meraviglia e china la testa, è il ritratto di Federigo II, il Duca di Mantova, che si trovava allora in Roma»(24). Il bel confronto con il ritratto di Federico Gonzaga dipinto da Francesco Francia, e oggi conservato al Metropolitan di New York, non lascia dubbi sull’acutezza delle osservazioni di Vasari che, oltretutto, riconosce pure l’autoritratto di Raffaello(25). In realtà, però, sono molti di più i contemporanei del maestro urbinate che prestano il volto ai grandi dell’antichità. Lo dimostra uno studio accurato - basato pure sul confronto con il grande cartone preparatorio dell’affresco conservato presso la Biblioteca ambrosiana di Milano - come quello di Giovanni Reale che ha affinato l’analisi con gli strumenti della sua profonda cultura, anche filosofica(26).


Si può considerare una sorta di risarcimento alla madre Isabella d’Este - che, come s’è detto, non riuscì ad averne il ritratto - l’inserimento del giovane Federico Gonzaga da parte di Raffaello nel grande affresco della Scuola di Atene. Destinato a diventare il primo duca di Mantova, il futuro Federico II, era allora a Roma come ostaggio prezioso presso la curia romana, chiuso in una dorata prigionia negli appartamenti papali, per garantire la libertà al padre Francesco, caduto nelle mani della Serenissima fin dall’8 agosto del 1509. Fu nel corso del soggiorno vaticano che questo bimbetto di dieci anni - già avvezzo al greco e al latino - venne ritratto da Francesco Francia e da Raffaello.


Francesco Francia, Ritratto di Federico Gonzaga (1510); New York, Metropolitan Museum of Art.

(24) G. Vasari, op. cit., p. 623. Giova ricordare che il futuro duca era in ostaggio presso la corte di Giulio II. Si veda: A. Luzio, Federico Gonzaga ostaggio alla corte di Giulio II, in “Archivio della R. Società romana di storia patria”, IX, 1886, pp. 509-582.

(25) Ibidem. Per immagine e notizie sul ritratto newyorkese di Federico Gonzaga: https://artsandculture.google. com/asset/federico-gonzaga-1500-1540-francesco-francia/ uAEuuazMv4lufg

(26) G. Reale, Raffaello. La “Scuola di Atene”. Una nuova interpretazione dell’affresco con il cartone a fronte, Milano 1997.

Lo spazio tiranno ci impedisce di esaminare tutti i personaggi e tutte le ipotesi, ma è noto che figure come quella di Platone e di Eraclito hanno rispettivamente il viso di Leonardo da Vinci e l’aspetto di Michelangelo Buonarroti, aggiunto da Raffaello - come si sa nel 1511 - all’indomani della prima scopertura di una parte della Cappella sistina affrescata dal genio di Caprese. Tuttavia, di tutti gli ipotetici ritratti, variamente adattati alle circostanze, non si può far a meno di richiamare l’attenzione dei lettori su quella figura idealizzata di un giovane di bellissimo aspetto, con una veste candida, che guarda verso gli spettatori. Gli studiosi hanno cercato invano un’identità per questa presenza che, lungi dall’essere quella di un personaggio storico come, per esempio, Francesco Maria della Rovere, di cui pure si è fatto il nome - privo, però, di un valido confronto fisionomico -, va intesa, secondo Giovanni Reale, quale immagine del concetto di greco “kalagathìa”, ossia bellezza-bontà, ideale supremo dello spirito ellenico(27). Posto che sia l’allegoria della bellezza e della bontà, nulla vieta però che Raffaello abbia potuto prendere spunto da una persona reale. L’ipotesi sembra farsi concreta se si guarda allo splendido Ritratto di Bindo Altoviti conservato presso la National Gallery di Washington e pare ancora più plausibile, se si confronta il giovinetto con l’altra figura ideale dipinta nell’affresco della cosiddetta Disputa del Sacramento.


La scuola di Atene (1508-1509), particolare con l’autoritratto di Raffaello; Città del Vaticano, Palazzi vaticani, Musei vaticani, Stanza della Segnatura.

In quest’ultimo caso, la vicinanza è ancora più cogente, perché il personaggio è biondo e ha gli occhi azzurri come quelli di Bindo. Espunto dal catalogo del Sanzio per secoli, nonostante l’esplicita menzione di Vasari, il ritratto di Washington è oggi unanimemente accolto come autografo e collocato fra il 1512 e il 1515, sebbene Raffaello dovesse conoscere il rampollo della ricca famiglia di banchieri, rimasto orfano ancora ragazzo, fin dal soggiorno fiorentino(28). Del resto, pure la Disputa del Sacramento pullula di ritratti più o meno ideali e più o meno riconoscibili. Anche in questo caso non si può procedere a un’analisi sistematica, ma si potrà rilevare che le fattezze di un Giulio II senza barba sono state prestate a san Gregorio Magno, mentre, forse, quelle di Egidio da Viterbo, erudito e poligrafo, a san Gerolamo. Alcuni personaggi, poi, rappresentano se stessi, come Dante Alighieri, Sisto IV, san Tommaso d’Aquino e Gerolamo Savonarola di cui si scorge l’inconfondibile cappuccio. Alcune scritte aiutano chi guarda a identificare sant’Agostino, sant’Ambrogio, oppure san Bonaventura. Altri personaggi sono vicini al mondo di Raffaello, come mostra il profilo di Fra Giovanni da Fiesole, detto il Beato Angelico, che entra da destra, oppure Bramante che si appoggia alla balaustra di sinistra, girandosi indietro(29).


La scuola di Atene (1508-1509), particolare con Platone, Eraclito e il giovane dalla veste candida; Città del Vaticano, Palazzi vaticani, Musei vaticani, Stanza della Segnatura.

Disputa del Sacramento (1509-1510); Città del Vaticano, Palazzi vaticani, Musei vaticani, Stanza della Segnatura.


Ritratto di Bindo Altoviti (fra il 1512 e il 1515); Washington, National Gallery of Art.

(27) Ivi, p. 17.

(28) J. Meyer zur Capellen, The Paintings. The Roman Portraits. 1508-1520, cit., III, pp. 109-114.

(29) Per le identificazioni: Ch. L. Frommel, Raffaello. Le stanze, Milano 2017, pp. 26-32.

Negli altri affreschi successivi, i ritratti in quanto tali, senza più infingimenti, prenderanno uno spazio sempre maggiore. Sono la testimonianza dell’attualità della scena che si svolge alle loro spalle, oppure finiscono per essere protagonisti o comprimari di quell’episodio storico che, così, di nuovo, si fa contemporaneo. Alla prima tipologia appartiene il gruppo dei sediari che sorreggono Giulio II affacciato sul boccascena della Cacciata di Eliodoro che illustra l’episodio del Secondo libro dei Maccabei dove si narra di Eliodoro, l’emissario di Seleuco IV Filopatore che fu davvero, fra il 187 e il 175 a.C., sul trono di Siria. Il generale doveva razziare le ricchezze del Tempio di Gerusalemme per farne la quota che il monarca avrebbe dovuto versare nelle casse della Roma repubblicana. Jahweh non lo permise(30). In primo piano, papa della Rovere (che non per caso presta il volto anche al sacerdote Onia, raccolto in preghiera a invocare la cacciata dell’empio dal luogo più sacro della città) si volta a guardare la scena dalla sua portantina. A sostenere la sedia gestatoria c’è anche Raffaello, a cui sta spuntando una giovane barba, posto sotto la mano del pontefice come un gesto di protezione, sebbene il papa, in realtà, si stia solo appoggiando al bracciolo.


La cacciata di Eliodoro (1511-1514), particolare; Città del Vaticano, Palazzi vaticani, Musei vaticani, Stanza di Eliodoro.

In primo piano, troviamo, forse, anche Marcantonio Raimondi (come pare dimostrare il ritratto da Le vite di Vasari), incisore e collaboratore del Sanzio, oppure Giulio Romano (pure assai somigliante), a capo della bottega di Raffaello. Dietro di lui, secondo Frommel, segue - siamo sempre nel campo delle ipotesi - Gian Pietro de Fogliatis, notaio, che nel 1513 risulta “abbreviator brevium”, compilatore di brevi papali, secondo quanto attesta il foglietto che tiene in mano(31). Certamente ritratti sono quelli che popolano la zona destra della Messa di Bolsena dove i sediari del papa - purtroppo non identificabili - si sono appena messi in ginocchio per permettere al pontefice di salire le scale dell’altare del prodigio e appoggiarsi al ricco faldistorio. Dunque, il principale ritratto è, nuovamente, quello di Giulio II che guarda trepidante all’ostia miracolosa. Dietro i cinque nobiluomini raccolti intorno alla portantina si possono invece riconoscere una figura di spicco come il cardinal Riario e dietro di lui un altro porporato, il cardinale Giovanni Antonio Sangiorgio, secondo Vasari, ma più probabilmente Domenico Grimani, colto porporato, noto per il breviario che porta il nome della famiglia(32). La morte di papa della Rovere, nel 1513, portò al mutamento del programma della decorazione delle stanze che ebbe come primo segno l’attribuzione alla fisionomia di Leone Magno del profilo del nuovo pontefice: Leone X di casa Medici(33).Come si vede, con questo ciclo pittorico che va sotto il nome di Stanze vaticane o Stanze di Raffaello, il Sanzio cambiò il modo di avvicinarsi al tema del ritratto in maniera significativa e, sebbene non mancassero esempi importanti nel secolo precedente - a iniziare dalla Camera degli sposi di Mantegna, per continuare con le Stanze Borgia in Vaticano o il ciclo della Biblioteca Piccolomini a Siena (pure di Pinturicchio, come già gli appartamenti di Alessandro VI), cui aveva messo mano anche il giovane Raffaello - quello dell’appartamento di Giulio II segnò, non soltanto per il maestro urbinate, un giro di boa nel «contrafare bene el naturale» che era un po’ la stella polare nella navigazione pittorica del Sanzio.


La messa di Bolsena (1511-1512), particolare; Città del Vaticano, Palazzi vaticani, Musei vaticani, Stanza di Eliodoro.

(30) Secondo libro dei Maccabei, III, 24-28.

(31) Ch. L. Frommel, Raffaello. Le stanze, cit., p. 44. Il documento di registrazione di Gian Pietro de Fogliatis sta in: J. Hergenröther, Leonis X. Pontificis Maximi Reagesta, Friburgo 1884, p. 91. Altri considerano il personaggio come il ritratto di Baldassarre Peruzzi, ma non convince il confronto fisionomico.

(32) G. Vasari, op. cit., p. 635. Secondo Frommel (Raffaello. Le stanze, cit., p. 46), sarebbe il cardinale Domenico Grimani e l’accostamento pare probabile. La critica si è divisa sull’attribuzione stilistica di questi gruppi pittorici riferendone la paternità ora a Sebastiano del Piombo, ora a Lorenzo Lotto. Tuttavia, i recenti restauri non sembrano lasciar spazio altro che al nome di Raffaello: A. Nesselrath, Vicino a Raffaello. Trent’anni sui ponteggi di restauro: alcune osservazioni, in AA. VV., Raffaello a Roma. Restauri e ricerche, Città del Vaticano 2017, pp. 58-59.

(33) Ch. L. Frommel, Raffaello. Le stanze, cit., pp. 49-52.

RAFFAELLO. I RITRATTI
RAFFAELLO. I RITRATTI
Marco Bussagli
Pittore e architetto, fu uno dei più famosi artisti del suo tempo, mitizzato già in vita, oggi ritenuto tra i massimi artefici del Rinascimento. In questo dossier affrontiamo la sua attività di ritrattista, genere nel quale eccelleva e che contribuì fortemente al suo successo. Potenza, monumentalità, eleganza, aderenza alla fisionomia del soggetto erano le caratteristiche che contraddistinguevano i ritratti di Raffaello da quelli di altri artisti del suo tempo, quasi una garanzia di “eternità”.