Nel Sogno di Raffaello Marcantonio Raimondi pone in primo piano quattro piccoli scherzi della natura come allusione alle distorsioni prodotte dalla mente sognante
Un elemento figurativo che diverrà paradigmatico è la presenza nella scena di uno o più mostriciattoli, creature ibride, in parte insetti, in parte pesci, in parte uccelli che bene rappresentano il fenomeno di deformazione che Freud attribuiva al meccanismo della “condensazione”, ma che già Artemidoro di Daldi aveva descritto nella sua Interpretazione dei sogni, il trattato di oniromanzia dell’antichità pubblicato da Aldo Manuzio nel 1518. Tali creature, parenti alla lontana dei diavoli che tentano sant’Antonio nell’incisione di Martin Schongauer, rammentano piuttosto Bosch e godono di una loro autonoma fortuna in piccole sculture in bronzo come il Mostro marino della bottega di Severo Calzetta (Venezia, Museo Correr); e possono simboleggiare disgrazia e lutto come nell’incisione dell’Astrologo di Giulio Campagnola. Ma in loro prevale il carattere di strano e di inusitato, come ci sovviene Vasari a proposito di Michelangelo giovane, intento a copiare la menzionata incisione di Schongauer, che «andava a comperare pesci che avevano scaglie bizzarre di colori»(2). E quindi si può comprendere perché nell’incisione Il sogno di Raffaello (1508 circa) Marcantonio Raimondi ponga in primo piano, ai piedi della coppia di nude sognatrici, quattro piccoli scherzi della natura come allusione alle distorsioni prodotte dalla mente sognante. Più avanti nel Cinquecento Battista Dossi popolerà la sua Allegoria della notte (1543-1544) di creature inverosimili cui legare l’improbabilità e la deformazione dei sogni; esse più che gli incubi ricordano le bizzarrie oniriche. Infatti, nonostante il titolo convenzionale, il protagonista dell’Incubo di anonimo tedesco del Musée des Beaux-Arts di Strasburgo (1580 circa) non è atterrito ma sorpreso, da qui l’atto di grattarsi il capo alla vista dello stuolo di mostriciattoli che lo circonda; quando in effetti la sorpresa è, secondo la moderna scienza del sogno, l’iniziale reazione del sognatore di fronte agli eventi distorti.
Nel cosiddetto Sogno di Raffaello inciso da Giorgio Ghisi (1561) - in realtà Titone che invoca l’intervento di Aurora(3) - spicca per la posizione centrale, all’interno di una fauna composta da ben sessantasette animali tra mostruosi e non(4), la figura di un draghetto. Se pensiamo che uno dei figli del Sonno, Icelo, secondo Ovidio (Metamorfosi, XI) poteva assumere le caratteristiche di belve, uccelli e serpenti, il drago ne diventa la sintetica rappresentazione; lo prova la scena di Iride che giunge alla casa del Sonno di Primaticcio (1541-1544; Fontainebleau, vestibolo della Porte Dorée), dove Icelo ha l’aspetto del fantastico animale. La multiformità del mitico figlio del Sonno ne fa l’espressione del fenomeno della deformazione onirica, e quindi il drago è da considerarsi un altro degli elementi iconografici che segnalano la bizzarria dei sogni.