Studi e riscoperte. 4
Iconografia onirica nell’arte del Cinquecento

A OCCHI
CHIUSI

In sogno possono comparire le immagini più strane, creature ibride e stravaganti presenti in molti dipinti e incisioni del XVI secolo dedicati al fenomeno onirico, indagato anche dall’Allegoria dello specchio solare di Leonardo da Vinci.
Opere che ricordano la genialità e lo stupore suscitato dal mondo grottesco e fantastico di Bosch.

Marco Paoli

Il Cinquecento, secolo della trattatistica, accoglie anche una nutrita serie di opere teoriche sul sogno, almeno dodici stampate nella nostra penisola(1). Alcuni di questi scritti affrontano il tema della bizzarria onirica, cioè di quel fenomeno per cui il sognatore assiste a distorsioni visive o a incongruenze narrative che lo pongono in contrasto con le leggi naturali e con la logica. Così, per esempio, Daniele Barbaro nella sua Predica dei sogni (1542) e Stefano Maria Ugoni che vede nei sogni «le più strane cose, che si possano immaginare» (Dialogo della vigilia, et del sonno, 1562); mentre Giovan Battista della Porta parla di «imagini storpiate e mostruose» (Magia naturale, 1589). Prevedibile che anche in opere di pittori e incisori dedicate al sogno nel corso del XVI secolo e nei primi anni del precedente si possano cogliere riferimenti a questo caratteristico aspetto dell’esperienza onirica. Si vuole qui evidenziare come gli artisti abbiano dato vita a peculiarità iconografiche che dovevano risultare ben comprensibili agli osservatori contemporanei; da affiancare ad altre immagini allusive ormai scontate: la civetta per la notte, il gallo per la lucianesca isola dei sogni, le maschere per la fallacia dei sogni.


Dosso Dossi, Giove che dipinge le farfalle (1524 circa), Cracovia, Castello reale di Wawel.

(1) M. Paoli, Sognare nel Cinquecento. I trattati sul sogno, in “Rara Volumina”, 1-2, 2011, pp. 29-57.

Nel Sogno di Raffaello Marcantonio Raimondi pone in primo piano quattro piccoli scherzi della natura come allusione alle distorsioni prodotte dalla mente sognante


Un elemento figurativo che diverrà paradigmatico è la presenza nella scena di uno o più mostriciattoli, creature ibride, in parte insetti, in parte pesci, in parte uccelli che bene rappresentano il fenomeno di deformazione che Freud attribuiva al meccanismo della “condensazione”, ma che già Artemidoro di Daldi aveva descritto nella sua Interpretazione dei sogni, il trattato di oniromanzia dell’antichità pubblicato da Aldo Manuzio nel 1518. Tali creature, parenti alla lontana dei diavoli che tentano sant’Antonio nell’incisione di Martin Schongauer, rammentano piuttosto Bosch e godono di una loro autonoma fortuna in piccole sculture in bronzo come il Mostro marino della bottega di Severo Calzetta (Venezia, Museo Correr); e possono simboleggiare disgrazia e lutto come nell’incisione dell’Astrologo di Giulio Campagnola. Ma in loro prevale il carattere di strano e di inusitato, come ci sovviene Vasari a proposito di Michelangelo giovane, intento a copiare la menzionata incisione di Schongauer, che «andava a comperare pesci che avevano scaglie bizzarre di colori»(2). E quindi si può comprendere perché nell’incisione Il sogno di Raffaello (1508 circa) Marcantonio Raimondi ponga in primo piano, ai piedi della coppia di nude sognatrici, quattro piccoli scherzi della natura come allusione alle distorsioni prodotte dalla mente sognante. Più avanti nel Cinquecento Battista Dossi popolerà la sua Allegoria della notte (1543-1544) di creature inverosimili cui legare l’improbabilità e la deformazione dei sogni; esse più che gli incubi ricordano le bizzarrie oniriche. Infatti, nonostante il titolo convenzionale, il protagonista dell’Incubo di anonimo tedesco del Musée des Beaux-Arts di Strasburgo (1580 circa) non è atterrito ma sorpreso, da qui l’atto di grattarsi il capo alla vista dello stuolo di mostriciattoli che lo circonda; quando in effetti la sorpresa è, secondo la moderna scienza del sogno, l’iniziale reazione del sognatore di fronte agli eventi distorti. 

Nel cosiddetto Sogno di Raffaello inciso da Giorgio Ghisi (1561) - in realtà Titone che invoca l’intervento di Aurora(3) - spicca per la posizione centrale, all’interno di una fauna composta da ben sessantasette animali tra mostruosi e non(4), la figura di un draghetto. Se pensiamo che uno dei figli del Sonno, Icelo, secondo Ovidio (Metamorfosi, XI) poteva assumere le caratteristiche di belve, uccelli e serpenti, il drago ne diventa la sintetica rappresentazione; lo prova la scena di Iride che giunge alla casa del Sonno di Primaticcio (1541-1544; Fontainebleau, vestibolo della Porte Dorée), dove Icelo ha l’aspetto del fantastico animale. La multiformità del mitico figlio del Sonno ne fa l’espressione del fenomeno della deformazione onirica, e quindi il drago è da considerarsi un altro degli elementi iconografici che segnalano la bizzarria dei sogni.


Marcantonio Raimondi, Il sogno di Raffaello (1508 circa), Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi.


Battista Dossi, Allegoria della notte (1543-1544) Dresda, Staatliche Kunstsammlungen.


Giorgio Ghisi, Il sogno di Raffaello (1561), Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi.

(2) G. Vasari, Delle vite de’ più eccellenti pittori, scultori et architettori, III. 2, Firenze 1568, p. 718.
(3) Cfr. M. Paoli, Il sogno di Giove di Dosso Dossi, Lucca 2013, pp. 41-42.
(4) Cfr. Il sogno nel Rinascimento, catalogo della mostra (Firenze, palazzo Pitti - Galleria palatina, 7 ottobre 2013 - 26 gennaio 2014), a cura di C. Rabbi Bernard, A. Cecchi, Y. Hersant, Livorno 2013, p. 198.

«O maraviglia delle umane spezie» affermerà Leonardo al pensiero delle immagini e delle storie che l’uomo può generare nelle “tenebre” del sonno


Leonardo ne era attratto, per la forza che il drago simboleggia (Lotta fra il drago e il leone del Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi), ma soprattutto per essere il prodotto di un processo di trasformazione che egli visualizza nei due disegni della collezione reale di Windsor (RL 12363 e 12331), partendo ora dalle forme del gatto, ora da quelle del cavallo(5). Non era nota tuttavia la circostanza che il grande artista avesse raffigurato il drago anche in un contesto onirico. Si tratta del disegno della cosiddetta Allegoria dello specchio solare, conservato al Louvre(6), e di cui una copia è al British Museum di Londra, raffigurante un giovane dai lunghi capelli seduto su una pietra, con la testa reclinata, in atto di sostenere uno specchio riflettente la luce del sole che egli indirizza su un gruppo di animali in lotta: un drago sta azzannando un grosso felino ma è aggredito alle spalle da un lupo, mentre un liocorno gli si avventa contro e un gatto assiste indispettito; dietro le rocce spunta un cinghiale. La scena è stata variamente interpretata: allegoria politica adombrante il conflitto tra Ludovico il Moro e la Casa d’Aragona (Solmi), allegoria morale con il sole che rappresenta la Verità e la figura maschile la Virtù o la Scienza (Fumagalli); allegoria della luce purificatrice che tiene lontane le passioni, simboleggiate dagli animali in lotta (Popp); allusione al mito di Orfeo (Chastel); allegoria della lotta tra il Male e la Verità simboleggiata dal sole fiammante (Pedretti). Da valorizzare a questo punto due particolari finora non notati: il giovane ha gli occhi in ombra, come se fossero chiusi, e poggia la testa reclinata su di un secondo specchio, riconoscibile dalla cornice ovale e apparentemente privo di riflessi. L’assenza di luce negli occhi del personaggio e lo specchio oscuro (ben visibile nella copia londinese) dichiarano la sua condizione di dormiente, come suggeriscono anche la posa della testa e la gamba tesa. Eppure egli dirige i «razzi del sole» con uno specchio che ha tutte le caratteristiche dello strumento ottico esaltato nel Trattato della pittura (summa delle teorie di Leonardo sulla pittura raccolte dal suo allievo Francesco Melzi e pubblicate dopo la sua morte), e che lo rende partecipe della scena di lotta che si svolge al suo cospetto.


Leonardo da Vinci, Allegoria dello specchio solare (1494 circa), Parigi, Louvre, Département des Arts Graphiques.

(5) Cfr. S. Taglialagamba, La rappresentazione del grottesco in Leonardo, in “Raccolta Vinciana”, 2007, pp. 187-192.
(6) Cfr. Léonard de Vinci. Dessins et manuscripts, catalogo della mostra (Parigi, Musée du Louvre, 8 maggio - 14 luglio 2003), a cura di F. Viatte e V. Forcione, Parigi 2003, pp. 156-161; si veda anche J. Keizer, Leonardo and Allegory, in “The Oxford Art Journal”, 5, 2012, p. 444.

Leonardo era consapevole dell’enorme potere della mente dell’uomo durante il sogno: «O maraviglia delle umane spezie» affermerà al pensiero delle immagini e delle storie che l’uomo può generare nelle “tenebre” del sonno. Ma subito dopo si chiederà: «Qual frenesia t’ha sì condotto?»(7), mostrando inquietudine per l’insensatezza delle fantasie oniriche. Il disegno del Louvre allegorizza dunque il fenomeno del sogno, quando la verità della realtà vigile, simboleggiata dal sole, viene distorta dagli “occhi” del sognatore («parrà vedere»), dando vita a basse passioni («userai carnalmente con madre e sorelle») e a false immagini. Da cui il liocorno e il drago. 

Ulteriori particolarità iconografiche rappresentano la bizzarria onirica, e le caratteristiche di illogicità e di stravaganza dei sogni vengono rese dagli artisti con situazioni improbabili o dettagli incongrui. Nel Sogno del dottore di Albrecht Dürer (1498 circa) Cupido tenta di camminare sui trampoli, come allusione all’instabilità della sfera onirica; nell’Apollo addormentato di Lorenzo Lotto (1530 circa; Budapest, Szépművészeti Múzeum) l’angolo di Parnaso dove il dio sta sognando è trasformato in un caotico ammasso di vesti, libri aperti e strumenti che va ben oltre le esigenze della storia narrata; nel Giove che dipinge le farfalle di Dosso Dossi (1524 circa) il dio dipinge a occhi chiusi, nella zona più oscura dell’Olimpo perché sta sognando e il suo sogno rischia di essere disperso dall’Aurora; nel Sogno di Michelangelo (1533-1535, Londra, Courtauld Gallery) la prima figura sulla sinistra manovra bizzarramente lo spiedo con un elmo in testa.


Copia dell’Allegoria dello specchio solare (XVII secolo?) di Leonardo da Vinci, Londra, British Museum.


Albrecht Dürer, Il sogno del dottore (1498 circa), Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi.

(7) Profezia intitolata Del sognare, in Codice Atlantico, c. 393r, da cui sono tratte anche le citazioni successive.

ART E DOSSIER N. 318
ART E DOSSIER N. 318
FEBBRAIO 2015
In questo numero: IL SOGNO I mondi oscuri di Leonora Carrington; Le alchimie di Perahim; Donne e incubi surrealisti; Fantasie settecentesche. ISMAN E PAOLUCCI: la Sistina va difesa dai turisti. IN MOSTRA: Doig, Casati, Gherardo Delle Notti.Direttore: Philippe Daverio