XX secolo. 2
Jules Perahim

l’alchi-PiTTORE

Creare, trasformare, sondare universi ignoti sono gli obiettivi che hanno accompagnato il percorso del franco-rumeno Jules Perahim. Da Bucarest a Parigi, il pittore ha portato con sé i segreti del linguaggio alchemico per farne il tratto caratteristico della propria arte. Vissuta non solo per spaziare verso luoghi fantastici, ma anche per denunciare l’oppressione nazista lottando nel nome dell’«Immagi-Nazione».

Alba Romano Pace

A lezione dall’“alchi-pittore” Jules Perahim - a cui è dedicata la mostra Perahim. La Parade Sauvage, in corso fino all’8 marzo al Musée d’Art Moderne et Contemporain di Strasburgo - si tramanda il segreto dell’“alchipittura”, una fusione di pittura e alchimia che lui stesso è il primo ad avere inventato e sperimentato: «Operazione preliminare: lavarsi bene le mani. Sulla tavolozza di cristallo poniamo il bianco dell’argento, il blu cobalto, il rosso cadmio, le terre e le pietre: la terra bruciata di Siena, il verde smeraldo. Immergiamoci nello spazio vuoto della tela bianca. I pennelli si animano in un andirivieni dalla tavolozza arcobaleno alla tela-crogiolo. In questo universo in ebollizione le trasmutazioni avvengono secondo un gioco d’analogie e corrispondenze che dirigiamo senza troppo saper come»(1). Tratti serpentini come alambicchi, condense di colore, simboli ermetici, Jules Perahim sperimenta unendo forme, creando chimere, intrecciando corpi che tratta come composti chimici, estrapolati dai più profondi strati dell’immaginazione. 

La traiettoria dell’artista franco-rumeno, nato a Bucarest il 24 maggio del 1914, si delinea come una scia multicolore attraverso il cielo oscuro degli eventi del XX secolo. 

Ultimo di cinque fratelli, Jules è figlio di Jacob e Rosa Blumenfeld, cognome che significa “campo di fiori” e che l’artista scompone, in virtù delle sue origini ebraiche, in un gioco verbale: “sade” (campo) e “perahim” (fiore), dando preferenza a quest’ultimo lemma, che ricorda inoltre il nome della madre, con la quale ha un forte legame. Il padre farmacista scompare quando il pittore ha solo cinque anni, da lui eredita la passione per la chimica con i suoi misteriosi strumenti. Perahim inizia a disegnare all’età di nove anni, durante il liceo segue i corsi di Petrescu, professore dell’Accademia di belle arti della sua città e stringe amicizia con lo scrittore Gerashim Luca, di cui fa un ritratto nel 1933 rappresentandolo con un terzo occhio, simbolo di veggenza. Nel 1930 collabora come illustratore alla rivista anticonformista “Unu” di Sasa Pana, insieme a Janco, Voronca, Bogza e il pittore Victor Brauner; poi fonda con Luca e altri poeti la rivista “Alge”, di cui cura la modernissima grafica e le illustrazioni. Nel 1932 è il turno della rivista “Muci”, numero unico, che in tono di sfida il gruppo spedisce a un eminente politico conservatore.

Un’ispezione è inviata alla redazione, vengono trovate riviste provocatorie e disegni erotici. Tacciati di pornografia, Perahim e il suo gruppo trascorrono qualche giorno in prigione dove fanno la conoscenza di militanti politici, marxisti e antinazisti. Le loro discussioni danno un nuovo obiettivo all’arte di Perahim che d’ora in avanti s’impegna in una lotta contro il fascismo e la borghesia. Nel disegno sarcastico Mani-d’opera (1934) l’artista ritrae un uomo nudo e vigoroso che cammina insieme a un ometto in cappotto e cappello che gli ha tolto le braccia e gli circonda la vita con fare minaccioso. La metafora dell’uomo spossessato del lavoro creato dalle sue stesse mani ritorna spesso nelle immagini di questo periodo. Nella tela Mitragliatice (1932), un uomo incappucciato, come un boia, tiene un braccio marmoreo che sembra appartenere a una scultura arcaica ma che in realtà rappresenta l’antico simbolo della forza e del lavoro umano. Sul terreno un’ombra unisce le due figure in un’unica silhouette che forma i contorni di una mitragliatrice: il nuovo braccio meccanico della morte. 

In una Romania stretta nella morsa del nazismo (fu alleata della Germania nella seconda guerra mondiale) le opere di Perahim producono sempre più scalpore. Nel 1936 la sua seconda personale è presa d’assalto dai nazionalisti antisemiti. L’artista decide di partire per Parigi, facendo prima tappa a Praga, terra magica, dove l’alchimia trova terreno fertile.


Mitragliatrice (1932).

(1) Jules Perahim in una lettera ad Arturo Schwarz, in Perahim. La Parade Sauvage, catalogo della mostra (Strasburgo, Musée d’Art Moderne et Contemporain, 15 novembre 2014 - 8 marzo 2015), Strasburgo 2014, p. 15.

Mani-d’opera (1934).


Equilibrio perfetto (1932).

I segreti dell’occulto affascinano Perahim che s’ispira alla lettura del libro di Papus I tarocchi degli zingari (1889) per il suo quadro Equilibrio perfetto


I segreti dell’occulto affascinano Perahim che s’ispira alla lettura del libro di Papus I tarocchi degli zingari (1889) per il suo quadro Equilibrio perfetto (1932), in cui ritrae l’Arcano XII, l’“Appeso”, come l’essere in meditazione, in sintonia con le forze della natura e i simboli dell’anima; Perahim affianca all’Arcano la lettera L: Lamed (dodicesima lettera dell’alfabeto ebraico), rappresentata dall’uomo in diagonale a testa in giù con i piedi appoggiati sul tronco di un albero. A Praga, il pittore incontra il gruppo dei surrealisti cechi e lavora per il teatro D38. La guerra esplode, Perahim, a cui è rifiutato il visto per Parigi, è costretto a rimpatriare per poi fuggire nuovamente. Giunge prima in Bassarabia, prosegue per il Nord del Caucaso su un carro bestiame e attraversa a piedi l’Armenia e la Georgia. Nel 1944 è mobilizzato dall’esercito sovietico come illustratore: dentro un camion disegna volantini contro i nazisti, allora alleati della Romania; quando quest’ultima si stacca dall’Asse per schierarsi con la Russia, l’artista torna in patria a fianco dei sovietici. Il comunismo però non tarda a trasformarsi in un’ennesima dittatura. Perahim decide di abbandonare la pittura: sceglie il silenzio piuttosto che l’obbedienza al realismo socialista. Diventa professore all’Istituto d’arte teatrale e cinematografica di Bucarest, per più di vent’anni limiterà la sua produzione alle illustrazioni di libri (soprattutto classici e libri per l’infanzia) e al teatro, conservando l’idea che bisogna educare all’arte per cambiare il mondo. Nel 1957 crea, con la solita sagacia, le illustrazioni dei Proverbi e dittonghi, dove figure immaginarie rappresentano la realtà assurda dei detti popolari. è nel teatro però, per cui lavora tra il 1948 e il 1969, che trova il suo ideale ambito espressivo. Già nei quadri precedenti, la composizione “a scatola” che si sviluppa su un piano in profondità ricorda il palcoscenico. Nel progetto scenografico del 1957 per Il bagno di Majakovskij, un’architettura complessa, riproduce le macchine del tempo evocate dal testo teatrale. Gli ingranaggi della fantasia dell’artista riprendono rumorosamente a ruotare. È tempo di viaggiare e fuggire, per tornare a dipingere.


Jules Perahim nel 1979 circa.


Progetto scenografco per Il bagno di Majakovskij (1957).

L’essenza magica dell’uomo si erge contro la razionalità, e nella selva dell’inconscio la realtà è ridotta a una linea che il pittore definisce convenzionale


Si reca in Israele per una personale, poi nel 1969 si stabilisce a Parigi dove raggiunge la storica dell’arte Marina Vanci che diventerà sua moglie. Insieme partono alla volta dell’Africa, soggiornano in Zambia, Tanzania, Kenya. Lo spirito ancestrale e primitivo delle tribù africane infervora l’animo del combattente rivoluzionario Jules Perahim che mantiene il sogno di lottare nel nome della sola nazione a cui dice, con Voronca e Brauner, di appartenere: «l’Immagi- Nazione»(2). Perahim richiama i più antichi eserciti per combattere la sua battaglia. Come Zeus libera i ciclopi e i centimani dal ventre della terra, Perahim interroga le cavità più profonde dell’anima e della storia dell’uomo. Totem, figure araldiche, geroglifici che evocano le più antiche divinità egizie, metamorfosi di uomini e animali formano il suo esercito variopinto, un’armata luminosa che nella notte si erge sulla tela, creando fantastiche ronde aeree, accampamenti misteriosi, parate selvagge che operano la vendetta dell’onirismo sulla realtà: «Universi sconosciuti e immaginari sorgono, prendendo ogni volta una scintillante rivincita sul grigiore del quotidiano»(3), scrive nel suo trattato d’“alchi-pittura”, mentre da saggio alchimista mescola tradizioni antiche come la cabala, i tarocchi, l’alfabeto alle immagini di moderne macchine da guerra, vestigia di «un’archeologia futura», come recita il titolo del suo quadro: Cittadella per un’archeologia futura (1987). L’essenza magica dell’uomo si erge contro la razionalità, e nella selva (motivo che ritorna spesso nelle sue opere) dell’inconscio la realtà è ridotta a una linea che il pittore definisce convenzionale (Passeggiata su una linea convenzionale, 1986): frontiera tra sonno e veglia, orizzonte appena percepito, retta geometrica, concreta e astratta nello stesso tempo, filo sottile come quello con cui si dilettano le Parche: il filo della vita. 

A Parigi Perahim espone regolarmente con la galleria A. F. Petit, o con il gruppo Phases di Jaguer. Inventa una nuova tecnica: il collage di adesivi che aggiungono spessore alle sue figure fantastiche. In Italia partecipa a diverse mostre ed espone al padiglione della Biennale di Venezia nel 1986 in occasione della mostra Arte e alchimia curata da Arturo Schwarz. L’artista muore a Parigi nel 2008, ma da “alchi-pittore” Perahim ha trovato la formula per trasformare il buio in colore e nel suo teatro d’ombre al contrario, in cui la tela/sfondo è l’oscurità mentre i personaggi splendono di luce multicolore, scintilla il segreto della sua eterna giovinezza.


Passeggiata su una linea convenzionale (1986).


Cittadella per un’archeologia futura (1987).

(2) Un diamant caché sous les feuilles, intervista di Estelle Pietrzyk a Marina Vanci Perahim, in Perahim. La Parade Sauvage, op. cit., p. 130.
(3) Jules Perahim in una lettera ad Arturo Schwarz, cit., p. 15.

IN MOSTRA
Il Musée d’Art Moderne et Contemporain di Strasburgo (place Hans Jean Arp, orario 10-18, chiuso lunedì; www.musees.strasbourg.eu) rende omaggio per la prima volta, in occasione del centenario della nascita, a Jules Perahim (1914-2008). Pittore, disegnatore, scenografo, l’artista di Bucarest ha animato le sue opere con ibridi, animali fantastici, creature sognanti dettate dalla sua fervida inventiva nutrita continuamente da una grande capacità umoristica e sostenuta da idee e valori contrari al regime nazista. Perahim. La Parade Sauvage (fino all’8 marzo), a cura di Estelle Pietzryk, con più di centocinquanta opere (oltre a dipinti anche lavori grafici) si sviluppa secondo un ordine cronologico: dagli anni Trenta, periodo delle prime creazioni, fino agli anni Novanta del secolo scorso. Catalogo Musées de Strasbourg.

ART E DOSSIER N. 318
ART E DOSSIER N. 318
FEBBRAIO 2015
In questo numero: IL SOGNO I mondi oscuri di Leonora Carrington; Le alchimie di Perahim; Donne e incubi surrealisti; Fantasie settecentesche. ISMAN E PAOLUCCI: la Sistina va difesa dai turisti. IN MOSTRA: Doig, Casati, Gherardo Delle Notti.Direttore: Philippe Daverio