XXI secolo
Il contemporaneo a Milano

UN MODELLO UNDERGROUNd

Un fermento di idee, un incessante proliferare di sperimentazioni, ricerche, progetti espositivi rendono Milano centro della scena artistica contemporanea. E tutto questo grazie soprattutto all’iniziativa privata e al sostegno di molte fondazioni. In mancanza di risorse pubbliche l’onda creativa prosegue, comunque, senza sosta, coinvolgendo spazi anche inusuali e offrendo idee e opportunità inaspettate.

Francesca Verga

Quando Corrado Levi a metà degli anni Ottanta nelle sue lezioni al Politecnico di Milano raccontava delle sperimentazioni della “new wave” newyorchese nei magazzini sulle sponde del fiume Hudson, alcuni dei suoi studenti - ispirati - decisero di occupare lo spazio industriale Brown Boveri in disuso in Isola, quartiere storico di Milano, ed esso divenne teatro di alcune delle mostre simbolo di quegli anni(1). Tra questi studenti c’erano Francesco Garbelli, Stefano Arienti e Stefano Sevegnani. L’esperienza era sintomatica dell’esigenza di un sistema autonomo di produzione e promozione dell’arte, e maturava dalla volontà di agire senza vincoli commerciali e senza alcun patronato o committenza. Purtroppo pochi sono i documenti rimasti di quel singolare episodio che vitalizzò la scena artistica milanese verso gli anni Novanta. Erano gli anni in cui “Flash Art” trasferiva la sede da Roma a Milano, riconoscendo il capoluogo lombardo come il fulcro della fiducia economica e sociale del paese e il centro di nuove sperimentazioni e contaminazioni. 

Nel 1989, ancora una volta da un’iniziativa artistica, nasceva lo Spazio di via Lazzaro Palazzi, che si proponeva come nuovo centro per le espressività emergenti, al di fuori dei luoghi tradizionali deputati alle arti e al di là dei confini disciplinari, con l’idea di fornire nuove opportunità agli artisti. Si trattava di un luogo autogestito, come il gruppo di via Fiuggi che negli anni successivi a Milano promuoveva nuove vie di ricerca e di divulgazione dell’arte contemporanea. Nascevano anche spazi no profit per assolvere la funzione di luoghi di conservazione e di archivio della memoria artistica, luoghi di dibattiti e di residenze, luoghi di opportunità: questo è il caso di realtà più strutturate e ancora attive, come Viafarini e Careof con l’archivio DOCVA (Documentation Center for Visual Arts).


Elena Radice, Dispersion of still life / natura morta. Second (2013), opera esposta in occasione del progetto Academy Awards. Homeostasis is not enough (Milano, Archivio DOCVA - Documentation Center for Visual Arts / Viafarini 27 novembre - 7 dicembre 2013).

(1) Artisti che facevano parte della Brown Boveri: Andrea Andronico, Pietro Aresca, Stefano Arienti, Guglielmo Emilio Aschieri, Cosimo Barna, Cristina Cary, Umberto Cavenago, Elisa Chierici, Vittoria Chierici, Libero Concordia, Enzo Contini, Luigi Corte Rappis, Anna Falcone, Gianni Gangai, Francesco Garbelli, Alexander Garbin, Nicola Gianmaria, Elena Giorcelli, Danusia Horst, Yochi Yakir, Corrado Levi, Antonio Maniscalco, Anna Mari, Amedeo Martegani, Marco Mazzucconi, Esther Musatti, Camillo Pennisi, Paolo Pellegrini, Pier Vincenzo Rinaldi, Giona Rossetti, Milo Sacchi, Stefano Sevegnani, Michele Sigurani, Pino Spadavecchia, Carlo Spoldi, Antonello Tagliaferro, Vittorio Valente, Fosco Valentini, Enrico Valli, Paolo Ventriglia, Francesco Volpe.

Una scena multiforme,
dove realtà più storiche si
mescolano a spazi più giovani
e indipendenti


Paolo Dalla Sega scrive: 

«Succede allora che questi spazi indipendenti e interstiziali, oasi di libertà (oasi deboli ma oasi) diventino anche archivi, musei vivi del presente, alternativi e auspicabilmente complementari a tutti gli altri musei del passato - anche i più “moderni” o, nei titoli, “contemporanei” - in quanto luoghi di memorie fondamentalmente cangianti e contaminate, nel corso di un tempo presente e vivo»(2)

Nel corso degli ultimi dieci anni, il numero di realtà autogestite e no profit a Milano è notevolmente aumentato: Brown Project Space, MARS e Lucie Fontaine sono ulteriori esempi di spazi gestiti da artisti; il Crepaccio, Gasconade, O’ Artoteca, Anonima Nuotatori, Spazio Morris e Marsèlleria sono iniziative di curatori e operatori del settore. 

Una scena multiforme, dove realtà più storiche (Careof) si mescolano a spazi più giovani e indipendenti (Gasconade); dove luoghi che si dedicano alla promozione della giovane arte italiana (Lucie Fontaine) convivono con realtà che guardano con attenzione alla scena internazionale (Peep-Hole); dove spazi la cui sede è stata stabilita in abitazioni o in garage (come Spazio Morris e MARS) si affiancano a spazi più convezionali (Viafarini) e con sede itinerante (il Crepaccio). 

Spesso questi progetti restano realtà opache e forse talvolta autoreferenziali, e il loro mancato riconoscimento formale ne impedisce la costituzione come entità più solide e strutturate nel tessuto della città di Milano e nel contesto ufficiale dell’arte contemporanea. Essi rappresentano dunque degli emblemi di una mancanza, ma incarnano anche la presenza di una realtà sperimentale locale e l’esistenza di una vitalità contemporanea in crescendo.


Veduta della mostra Regina José Galindo ESTOY VIVA (Milano, PAC - Padiglione d’arte contemporanea, 25 marzo - 8 giugno 2014).


Veduta della mostra Quarant’anni d’arte contemporanea Massimo Minini 1973-2013 (Milano,Triennale, 19 novembre 2013 - 2 febbraio 2014).

(2) Arte contemporanea e audio visuale, in Le organizzazioni culturali di fronte alla crisi. Enti teatrali, musicali, di produzione e promozione dell’arte contemporanea e audio visuale, rapporto di ricerca a cura di M. Gallina, C. Balestra, P. Dalla Sega, in “Quaderni dell’Osservatorio” n. 10, 2013, p. 102.

Milano coinvolge anche piattaforme di diffusione dell’informazione artistica contemporanea sul web, alcune più storiche come UnDo.net, costituito dal gruppo artistico Premiata Ditta (Anna Stuart Tovini e Vincenzo Chiarandà) ed Emanuele Vecchia, o più recenti come atpdiary.com, blog d’arte contemporanea, e thatscontemporary.com, piattaforma che raccoglie realtà ed eventi sul territorio. Sino alla fondazione di vere e proprie realtà editoriali, come “Mousse” e “Kaleidoscope”, giornali e riviste di informazione sull’arte contemporanea con distribuzione internazionale, dirette rispettivamente da Edoardo Bonaspetti e Alessio Ascari, che rappresentano un’eccellenza nell’editoria di settore mondiale. 

Purtroppo a Milano, si sa, manca la presenza di un vero e proprio museo di arte contemporanea, ma numerose sono le interazioni con il mondo privato e delle fondazioni, che spesso supportano le sperimentazioni e le ricerche artistiche sul territorio, nell’incertezza dell’entità e destinazione degli stanziamenti pubblici per questo settore. 

La nuova sede della Fondazione Prada è al centro di un processo di trasformazione che coinvolge il complesso industriale di largo Isarco (nella periferia sud di Milano) e che vedrà la nascita di un museo di arte contemporanea su progetto di Rem Koolhaas. Viceversa, la Fondazione Trussardi ha seguito un percorso curatoriale inusuale: invece di scegliere uno spazio espositivo permanente, Beatrice Trussardi e Massimiliano Gioni negli scorsi anni hanno deciso di realizzare un’istituzione nomade, che potesse portare l’arte direttamente alla gente diffondendola e infiltrandola nel tessuto della città, in palazzi dimenticati o in luoghi da tempo inaccessibili. 

Un altro esempio di un’iniziativa privata nel contesto urbano è la riqualificazione della zona Lambrate a Milano, dove Mariano Pichler(3) ha supportato diverse iniziative curatoriali ai fini di sviluppare l’area e gli immobili di via Ventura: gallerie d’arte e altre realtà hanno trasferito qui la sede, tra le quali Massimo De Carlo, Francesca Minini, Galleria Monopoli, Prometeogallery, Mimmo Scognamiglio, Zero (che poi ha cambiato sede nel 2009), la libreria Art Book Milano, la Scuola politecnica di design e la rivista “Abitare”, e più recentemente la Galleria Vavassori. 

Un processo analogo è stato realizzato nel quartiere Isola, in particolare dall’operazione di Isola Art Center, e nella zona Bicocca, area industriale divenuta centro di un progetto di riqualificazione che comprende, tra gli altri, edifici universitari, residenze private e la Fondazione HangarBicocca. 

Poche le iniziative pubbliche-private sostenute dal Comune di Milano, che si prefiggeva di costituire un museo del contemporaneo progettato da Daniel Libeskind, ma poi annullato per insufficienza di fondi da investire nel progetto. La sfera pubblica attiva nel campo dell’arte contemporanea costituisce un settore composto da micro particelle isolate, come il PAC - Padiglione d’arte contemporanea, la cui identità si è indirizzata recentemente sulla scena artistica italiana più giovane. 

Nonostante la mancanza di supporto pubblico, la vitalità e la visibilità della nuova scena artistica milanese non si può certo dire in crisi, e la proliferazione di progetti, iniziative private, autogestite e di nuove fondazioni potrebbe rappresentare forse un modello alternativo di crescita in campo culturale.


Installazione della mostra Riccardo Benassi. Techno Casa (Milano, Marsèlleria, 15 novembre - 5 dicembre 2013).


Installazione della mostra Micol Assaël. ILIOKATAKINIOMUMASTILOPSARODIMAKOPIOTITA (Milano, HangarBicocca, 31 gennaio - 4 maggio 2014).

(3) Mariano Pichler è un architetto e collezionista d’arte contemporanea. Nel 2000 inizia un’opera di riqualificazione urbana dell’area di Lambrate dando vita a un nuovo polo dell’arte, del design e dell’architettura per Milano.

ART E DOSSIER N. 317
ART E DOSSIER N. 317
GENNAIO 2015
In questo numero: MILANO CAPUT MUNDI Leonardo designer di corte; La città al tempo della Spagna; Il laboratorio del contemporaneo, dal Futurismo al dopoguerra, a oggi. IN MOSTRA: Rembrandt, I Maya.Direttore: Philippe Daverio