UOMINI E DONNE
ILLUSTRI

È discussa la datazione del ciclo degli Uomini e donne illustri, affrescato da Andrea nella loggia della villa che Filippo di Giovanni Carducci, banchiere e mercante iscritto all’Arte della seta, acquistò nel 1445 a Legnaia, alle porte di Firenze.

L'edificio alla sua morte, avvenuta nel 1449, passò ai Pandolfini. La decorazione risale probabilmente al 1448-1449: dopo il Cenacolo di Sant’Apollonia (ultimato nel dicembre 1447) e prima dell’Assunzione per San Miniato fra le Torri, eseguita tra il novembre 1449 e il luglio 1450.

Andrea ha creato una complessa architettura illusionistica su tre lati dell’ambiente, mentre nel quarto una loggia si apriva sulla campagna. Oggi l’aspetto è molto differente perché l’affaccio esterno col tempo fu chiuso, l’ambiente trasformato in un salone e le pareti scialbate. Gli affreschi del lato lungo vennero riscoperti nel 1847: il granduca li acquistò facendoli staccare quattro anni dopo; furono quindi esposti nel Museo del Bargello, transitando anche - da fine Ottocento - nel Cenacolo di Sant’Apollonia, come mostra la foto scattata nel 1891, dove rimasero fino all’alluvione del 1966. Dal 1969 sono esposti nell’ex chiesa di San Pier Scheraggio, al pian terreno degli Uffizi. Gli affreschi di un lato corto, ancora in loco, furono ritrovati solo nel 1948-1949, mentre è totalmente perduto il lato di fronte, che accoglieva probabilmente un Crocifisso, San Girolamo e nuovamente la Vergine, secondo quanto descritto dalle fonti.


Villa Carducci (poi Pandolfini) a Legnaia, Firenze. Stato attuale dell’ambiente in cui Andrea del Castagno nel 1448-1450 circa affrescò il ciclo degli Uomini e donne illustri. Restano in loco le figure della parete corta a est, mentre su quella lunga si intravedono le impronte degli stacchi, eseguiti nel 1851.

Le figure dei personaggi illustri risaltano sui rivestimenti marmorei divisi da paraste corinzie decorate, al pari dei capitelli e dell’architrave, da cardi stilizzati per alludere alla casata del committente Filippo Carducci. In alto corre un fregio con putti reggi-ghirlanda e a ciascuna figura corrispondono in basso specchiature colorate già presenti in Sant’Apollonia. L’erudito richiamo è ad ambienti del mondo antico, come il Foro di Augusto che Svetonio descrive con le statue collocate entro nicchie e gli effigiati individuati da iscrizioni. Il ciclo inizia con Eva e Adamo (danneggiato) sulla parete rimasta nella collocazione originaria, inseriti in grandi scatole prospettiche e, anche per la presenza di bassi piedistalli, assimilati a statue. Vestiti di pelli, li contraddistinguono conocchia e zappa, in accordo con la Genesi: solo a seguito del peccato originale si resero infatti conto di essere nudi e «Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì» e furono condannati a procurarsi il cibo con «il sudore». Anche Boccaccio nel De mulieribus claris e nel De casibus illustrium virorum, testi che influenzarono il programma iconografico del ciclo, comincia la narrazione dai progenitori. Tra i due personaggi, al centro della parete, due angeli reggono le cortine di un tendaggio che, aperto, svela sopra la porta la figura della Vergine a mezzo busto col Bambino, dipinta a imitare un bassorilievo. Il tema del padiglione e la posa speculare degli angeli dagli abiti verdi e rossi, rinvia alla Madonna del parto di Piero della Francesca, del 1459 circa, che rappresenta un’ulteriore attestazione che il rapporto tra i due artisti non si è interrotto dopo il soggiorno giovanile fiorentino di Piero.


Eva (1448-1450 circa); Firenze, villa Carducci a Legnaia.


Filippo Scolari detto Pippo Spano (1448-1450 circa); Firenze, Gallerie degli Uffizi, ex chiesa di San Pier Scheraggio, già nella villa Carducci a Legnaia.


Le nove figure della parete lunga sono inserite in spazi chiusi il cui fondo imita lastre di marmi contro cui si stagliano con evidenza. Le personalità, identificate da iscrizioni latine sullo zoccolo inferiore, sono divise in triadi tematiche: tre condottieri e uomini politici fiorentini (Filippo Scolari, Farinata degli Uberti e Niccolò Acciaiuoli), tre donne virtuose (la sibilla cumana, Ester e Tomiri) e tre poeti fiorentini (Dante, Petrarca e Boccaccio). Le prime figure sono di uomini d’arme fiorentini che hanno reso onore alla patria. Apre Filippo Scolari (1369- 1426), detto Pippo Spano, che combatté per Sigismondo, re di Ungheria e Boemia, contro gli ottomani, come ricorda l’iscrizione. Il cavaliere in armatura – dai lunghi capelli come in uso in Ungheria, e la cui posizione a gambe saldamente aperte ricorda quella del San Giorgio di Donatello – guarda verso sinistra al suo vicino, Farinata degli Uberti (morto nel 1264), definito “liberatore della patria” perché, a capo dei ghibellini vittoriosi nella battaglia di Montaperti del 1260, era riuscito a impedire che Firenze, guelfa, venisse saccheggiata. Il suo elaborato copricapo è simile a quelli adottati da Paolo Uccello nella Battaglia di San Romano e ritornerà nel Monumento equestre a Niccolò Tolentino di Andrea, mentre la posa, con una mano al fianco e l’altra che regge la spada, riecheggia il David di Donatello. Per dipingere Niccolò Acciaiuoli (1310-1365), tesoriere del regno di Napoli, Andrea si ispirò alla figura sulla tomba conservata alla certosa del Galluzzo, presso Firenze: infatti per raffigurare gli uomini illustri l’artista si documentò accuratamente, riproducendo con attenzione i differenti abbigliamenti.


Niccolò Acciaiuoli (1448-1450 circa); Firenze, Gallerie degli Uffizi, ex chiesa di San Pier Scheraggio, già nella villa Carducci a Legnaia.


Farinata degli Uberti (1448-1450 circa); Firenze, Gallerie degli Uffizi, ex chiesa di San Pier Scheraggio, già nella villa Carducci a Legnaia.


Donatello, David (1435-1440 circa); Firenze, Museo nazionale del Bargello.

ANDREA DEL CASTAGNO
ANDREA DEL CASTAGNO
Ludovica Sebregondi
Andrea di Bartolo, detto Andrea del Castagno (Castagno 1421 - Firenze 1457) è il volto “espressionista” del Quattrocento fiorentino. Appartiene alla generazione di Paolo Uccello, Beato Angelico, Domenico Veneziano, e come loro porta avanti le innovazioni prospettiche e naturalistiche di Donatello e Masaccio, ma rispetto ai colleghi le sue forme appaiono più contorte, le espressioni più marcate, i colori più scuri. Nel contesto mediceo del tempo, in cui si promuoveva una pittura raffinata e ispirata al culto dell’Antico, le sue posizioni rimangono ai margini, e troveranno invece sviluppo nella scuola ferrarese.