Quanto all’accoglienza italiana, essa continuava a essere abbastanza tiepida, anche in chi lo aveva appoggiato. Per esempio, a proposito della Sala del sogno della Biennale del 1907 - cui lavorarono, oltre a Previati, che inviò il trittico del Giorno, ora alla Camera di commercio di Milano, Galileo Chini, Plinio Nomellini e Edoardo de Albertis - Pica parlò di «una figurazione mitologica di carattere decorativo, in cui la tecnica divisionista non ottiene quella completa e persuadente vittoria luminosa che [la] potrebbe giustificare».
All’Esposizione del Sempione del 1906, che ne celebrava il traforo, la Mostra nazionale di belle arti articolata per regioni vide anche la partecipazione di Previati. Nello stesso anno fu pubblicata la prima monografia sull’artista, nella quale il pittore e critico Achille Locatelli Milesi elogiò invece la tendenza al misticismo dell’artista, ben visibile a suo dire nel ciclo dei dipinti della Via Crucis (1901-1902).
Resta da parlare della sua produzione grafica. In un saggio magistrale nel più volte ricordato catalogo del 1999 Flavio Fergonzi ha cercato di ricostruirne i diversi stili a partire dal 1884 - anno del disegno Il coscritto - fino ai primi del Novecento, individuandone almeno sei: a) al principio, un disegno “morelliano” con violenti contrasti fra luce e ombra; b) in illustrazioni come, per esempio, quelle per La vita militare di Edmondo De Amicis, o in alcune per I promessi sposi, si nota un aumento di luminosità e una diminuzione di dettagli;)
un segno «sfilacciato e ripassato» caratterizza alcune illustrazioni manzoniane e dei racconti di Edgar A. Poe; d) questo segno contrasta con quello «forse più sorprendente della serie delle illustrazioni per Poe, quello a onde concentriche, che si dispone in fitte traiettorie»; e) vi sono poi disegni con «tessitura luminosa capace, negli interni, di profilare le sagome degli oggetti, creare strani e inquietanti effetti chiaroscurali»: e qui Fergonzi cita, quali esempi, due illustrazioni per il Doppio delitto della rue Morgue, pubblicato da Poe nel 1841, e qualche altra tavola manzoniana; infine, «un segno per lo più a carboncino, attorcigliato su se stesso come in matasse, con un segno di contorno assente o quasi invisibile», che si ritrova in altri disegni ispirati a Poe o altre immagini manzoniane ancora.