SFORTUNA CRITICAGLI ANNI DEL SIMBOLISMO

La spedizione francese fu un insuccesso poiché il quadro non fu notato.

E Previati, che era stato consigliato da Grubicy a inoltrarsi nella dispendiosa avventura parigina, scrisse al fratello nell’aprile 1892 di aver avuto come unico «vantaggio» del «salone Péladan» un «residuo di imballaggio…. e le spese di ritorno».
Le lettere degli anni che seguirono il 1891 parlano di un artista sempre più affranto e povero, oppresso da ulteriori responsabilità essendosi sposato in quello stesso anno e avendo avuto subito un figlio. Per questa ragione, nel relativo periodo Previati produsse quadri col contagocce.
L’8 giugno 1893, giustificata la scelta pionieristica di eseguire quadri con la nuova tecnica, in una lettera al fratello elenca i quadri che gli spediva per una mostra a Ferrara indicandone prezzi piuttosto modesti: «Oltre il quadro Re Sole ti mando l’acquerello delle Fumatrici [di hashish] - una testa d’espressione - un Gesù sotto la croce - un paesaggio con due bambini e altro piccolo paesaggio con su una sola vite a pergolato - in tutto sei quadri - di vario valore che all’ingrosso avrebbero questo valore: Re Sole 3000, Fumatrici 500, Testa 200, Paesaggio con bambini 300, Gesù sotto la croce 300, Paesaggio con vite 150».
Anche questa mostra però si trasformò in un insuccesso, provocando una volta di più critiche negative. Solo tre anni più tardi - pure qui suscitando aspre polemiche - Previati riuscì a vendere il Re Sole (1893-1896) alla Promotrice di Torino.
L’anno prima, il 1895, il pittore aveva esposto alla 1. Biennale di Venezia. Come ha evidenziato Paola Zatti(7), in questa e nelle successive edizioni fino alla personale del 1901, la critica più accorta (Silvio Brenna, Mario Pilo, Pompeo Dini, Mario Morasso) aveva sottolineato la matrice europea dell’artista inserendolo a pieno titolo nella corrente “ideista” - cioè, secondo la già vista definizione di Aurier, “simbolista” - ma respingendone con forza la tecnica divisionista.


Via Crucis, Ecce Homo (1901-1902); Città del Vaticano, Musei vaticani.
A differenza del ciclo di affreschi realizzato fra 1882 e 1888 nel Comune di Castano Primo (Milano), dopo aver vinto il relativo concorso, Previati eseguì questa Via Crucis privatamente, senza committenza, misurandosi con uno dei temi più coinvolgenti della Cristianità. Ne colse in modo impareggiabile il fascino Margherita Sarfatti, che nel 1927 scrisse: «I profondi rossi di Gaetano Previati! Quelle scarlatte, non purpuree vesti dell’Ecce Homo, nella Via Crucis urlano, rappreso sangue – anzi, dentro il tono aurato – che dai bagliori dell’orizzonte si irradia per tutto il paesaggio di esaltazione mistica».


I funerali di una vergine (1895); Milano, Pinacoteca di Brera.

(7) Vedi P. Zatti, Le presenze di Gaetano Previati alle Biennale di Venezia (1895-1914), in Gaetano Previati 1852-1920. Un protagonista del simbolismo europeo, catalogo della mostra, cit., passim pp. 54-58. Tutte le citazioni relative alla Biennale di Venezia, se non indicate diversamente, s’intendono tratte da qui.

Per trovare una prima valutazione positiva si dovrà attendere l’edizione del 1899 con Vittorio Pica. Intellettuale cosmopolita, divulgatore in Italia dei poeti simbolisti francesi, redattore e poi direttore di “Emporium” e, dal 1914 al 1926, segretario della Biennale di Venezia, quantunque prudente nel valutarne l’arte, Pica sarà fra i principali sostenitori di Previati in occasione della Biennale del 1901. Anche se, introducendo la sua sala, scriverà in catalogo: «Spirito irrequieto, fantasia fervidissima, carattere sdegnoso del volgare e schivo di ogni concessione ai gusti plateali della folla, Gaetano Previati [dovrà persuadersi] a piegare la vivida intelligenza alle esigenze ferree di una lenta elaborazione creativa: [e ciò accadrà solo] se saprà, d’ora innanzi, evitare di accoppiare una soave figura di sogno intensamente espressiva ad una informe figura di realtà, come è accaduto più d’una volta»(8).
Previati, comunque, continuò a collezionare insuccessi, almeno quanto a vendite, se fino alla Biennale del 1901 non vendette alcuna opera e, in quest’ultima edizione, appena qualche quadro alla Casa reale, e qualche disegno. Ciò, nonostante che nel gennaio dello stesso anno fosse uscito su “Emporium” un importante articolo monografico di Domenico Tumiati su di lui.
Quello che tuttavia era mutato e aveva contribuito a creare un consistente interesse verso di lui fu il contratto che due anni prima gli aveva proposto il fratello di Vittore Grubicy, Alberto, in base al quale Previati vendeva gran parte della sua produzione pittorica e grafica alla sua galleria per una cifra considerevole; contratto riproposto alla sua scadenza dieci anni più tardi, secondo cui l’artista si sarebbe impegnato a cedergli tutte le sue future opere.
Secondo Barbantini, l’azione di Grubicy ebbe effetti benèfici sull’evoluzione artistica di Previati: «Sollevato dalle angustie economiche, egli poté dedicarsi al lavoro - per la prima volta - tutto intero, senza distrazioni, senza pesi sul cuore, e poteva dipingere appena gli veniva l’estro, dipingere in grande come gli piaceva». In realtà, questa interpretazione di Barbantini era troppo ottimistica. Come ha ben argomentato la Zatti, quello del mercante era un atteggiamento quasi ossessivo, spinto solo dalla necessità di esporre sempre nuovi lavori dell’artista, specie all’estero.


Il Re Sole (1901); Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts.

Il quadro, che riprendeva un’opera di soggetto analogo dipinta nel 1893, fu presentato alla Biennale di Venezia del 1901 e, in seguito, all’Esposizione universale internazionale di Bruxelles del 1910. Acquistato dal Belgio rappresentò il primo importante riconoscimento internazionale di Previati. Rispetto alla versione precedente, questa ribadiva, rafforzandolo, il progressivo distaccarsi del pittore dal naturalismo e il suo immergersi in una dimensione quasi astratta di matrice simbolista. Come lo stesso scrisse in alcune lettere del 1893 al fratello, sua intenzione era di evidenziare attraverso una luce sempre più simbolica «la labilità delle glorie mondane», «il concetto dell’esteriorità del sentimento monarchico nella società francese», destinata a passare dai fasti illusori di Luigi XIV alla tragica fine di Luigi XVI.


Il carro del sole (1907). Il dipinto fa parte di un trittico che comprende anche Il giorno e La notte.

(8) Così V. Pica, Mostra del pittore Gaetano Previati, in Prima Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, catalogo della mostra (Venezia, Biennale, aprile-ottobre 1901), Venezia 1901, pp. 147-150.

Quanto all’accoglienza italiana, essa continuava a essere abbastanza tiepida, anche in chi lo aveva appoggiato. Per esempio, a proposito della Sala del sogno della Biennale del 1907 - cui lavorarono, oltre a Previati, che inviò il trittico del Giorno, ora alla Camera di commercio di Milano, Galileo Chini, Plinio Nomellini e Edoardo de Albertis - Pica parlò di «una figurazione mitologica di carattere decorativo, in cui la tecnica divisionista non ottiene quella completa e persuadente vittoria luminosa che [la] potrebbe giustificare».
All’Esposizione del Sempione del 1906, che ne celebrava il traforo, la Mostra nazionale di belle arti articolata per regioni vide anche la partecipazione di Previati. Nello stesso anno fu pubblicata la prima monografia sull’artista, nella quale il pittore e critico Achille Locatelli Milesi elogiò invece la tendenza al misticismo dell’artista, ben visibile a suo dire nel ciclo dei dipinti della Via Crucis (1901-1902).
Resta da parlare della sua produzione grafica. In un saggio magistrale nel più volte ricordato catalogo del 1999 Flavio Fergonzi ha cercato di ricostruirne i diversi stili a partire dal 1884 - anno del disegno Il coscritto - fino ai primi del Novecento, individuandone almeno sei: a) al principio, un disegno “morelliano” con violenti contrasti fra luce e ombra; b) in illustrazioni come, per esempio, quelle per La vita militare di Edmondo De Amicis, o in alcune per I promessi sposi, si nota un aumento di luminosità e una diminuzione di dettagli;)
un segno «sfilacciato e ripassato» caratterizza alcune illustrazioni manzoniane e dei racconti di Edgar A. Poe; d) questo segno contrasta con quello «forse più sorprendente della serie delle illustrazioni per Poe, quello a onde concentriche, che si dispone in fitte traiettorie»; e) vi sono poi disegni con «tessitura luminosa capace, negli interni, di profilare le sagome degli oggetti, creare strani e inquietanti effetti chiaroscurali»: e qui Fergonzi cita, quali esempi, due illustrazioni per il Doppio delitto della rue Morguepubblicato da Poe nel 1841, e qualche altra tavola manzoniana; infine, «un segno per lo più a carboncino, attorcigliato su se stesso come in matasse, con un segno di contorno assente o quasi invisibile», che si ritrova in altri disegni ispirati a Poe o altre immagini manzoniane ancora.


Illustrazioni per I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
Tentativo di matrimonio (1895-1897); Milano, Castello sforzesco, Gabinetto dei disegni.


Illustrazioni per I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
I mendicanti davanti al duomo (1891 circa); Ferrara, Galleria d’arte moderna e contemporanea.

Fergonzi, che trova modelli ispiratori di Previati in grandi simbolisti quali il francese Odilon Redon ma soprattutto il belga Felicien Rops, osserva acutamente come, mentre la tecnica divisionista nelle riproduzioni fotografiche in bianco e nero offre dei quadri una resa scadente poiché si «impasta e si opacizza» - cosa che spingeva i critici a ritenere Previati incapace di disegnare -, al contrario, nel disegno, «con la sua precisione filamentosa e la sua nitidezza chiaroscurale», le stesse riproduzioni danno una resa migliore. Si dovette anche a ciò la sempre maggiore presenza di disegni di Previati alle esposizioni.
Questa attitudine al disegno fu coronata dalla vittoria che l’artista ottenne a metà degli anni Novanta, quando vinse il concorso bandito dalla Hoepli per illustrare i Promessi sposi. Nonostante alcune perplessità confidate al fratello in una lettera dell’11 luglio 1895 («la quasi certezza che al concorrente più forte attaccheranno al sedere, tanto per rompere i c.-… un qualche collaboratore»), la consistente somma messa in palio (novemila lire) spinse Previati a parteciparvi.
Il capitolo scelto dalla commissione era il XXI, quello in cui l’Innominato incontra Lucia, iniziando un percorso che lo porterà alla conversione.
Per immedesimarsi il più possibile nei luoghi del romanzo, Previati si trasferì con la famiglia a Olate (Lecco). Qui, perennemente affranto da problemi economici, inviò ripetute lettere al fratello auspicando di riceverne poche decine di lire. Queste lettere sono però preziose per capire il modo con cui si avvicinava al tema, per rivelarne la mente fantasiosa che transitava iperbolicamente da una sensazione all’altra estraniandosi dalla realtà. Per esempio, in una del 14 agosto, così scriveva: «Caro Beppe, che diavolerio [sic]! Mi è venuto in mente di prendere in mano il lapis giorni fa e addio a Olate adesso sono colla fantasia nel castello dell’Innominato, ma pazienza, il bello si è che effettivamente ricordo poco in che mondo mi trovi. Se non riesco magari a fare gran cosa colla mano certo è che quando lavoro di invenzione! è proprio un vero bazar magico che mi passa davanti - peccato che tutto non è utilizzabile specie con Manzoni». E concludeva al solito con la sua situazione economica precaria:
«Intanto siamo naturalmente privi di soldi e senza il ricordo pressante di Nilda [la moglie] io seguitavo a rovinare un occhio all’Innominato che non vuole smaniarsi a dovere nel suo letto. Che razza di argomento quella notte dell’Innominato come si dice in letteratura tutto il capitolo XXI. Manda dunque la mezza quota residua avvertendo che al 20 vi sono le 40 [lire] della balia».
Questa volta tuttavia, dopo uno sforzo incredibile che andava ben oltre il compenso - Previati dovette realizzare quasi trecento disegni - la commissione ne decretò l’anno dopo la vittoria. Giustamente, nella sua monografia, Barbantini invitava a distinguere quelli che l’artista aveva eseguito prima del 1890 - a suo dire facilmente riconoscibili in quanto realizzati «con fiacchezza e convenzionalismo della forma» - da quelli realizzati fra il 1895 e il 1897, «delineati con un segno pulito che, nonostante le levigature imposte, lascia intravedere lo stile che Previati s’era costituito verso il ’90». Già. Perché Ulrico Hoepli ci mise del suo in quanto, «colla scusa delle esigenze tipografiche, [pretese] dal pittore la “finitezza”». Perdipiù, osserverà sempre Barbantini, i disegni furono «riprodotti male» nell’edizione del 1900.


Orango che scala la casa di rue Morgue (1888-1890), illustrazione per Doppio delitto della rue Morgue di Edgar Allan Poe.


Discesa nel Maelström (1888-1890), illustrazione per Discesa nel Maelström di Edgar Allan Poe.

PREVIATI
PREVIATI
Sileno Salvagnani
Gaetano Previati (Ferrara 1852 - Lavagna 1920) si forma a Milano nell’ambiente della Scapigliatura ma sceglie prestissimo di avvicinarsi alle sperimentazioni dei divisionisti francesi e di Segantini. Divisionista è il suo primo lavoro di successo, Maternità (1890). Col tempo sviluppa anche tematiche mistico-simboliste sulla scia di Redon e Rops. Nel 1907 è alla Biennale di Venezia e poi alla mostra dei divisionisti italiani che sitiene a Parigi su iniziativa del mercante Grubicy, che sarà il suo principale sostenitore. Esplora i più diversi soggetti – compresi paesaggi e nature morte – ma torna più spesso su temi religiosi, fantastici, letterari.