Grandi mostre. 2 
Klein e Fontana a Milano

creatori
di mondi nuovi

Una mostra, organizzata nel Museo del Novecento, affronta il tema del rapporto artistico e personale fra due grandi protagonisti del contemporaneo, Yves Klein e Lucio Fontana. Ce ne parlano qui i due curatori.

Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti

tKlein rappresenta lo spirito nuovo. È diverso da un pittore espressionista come Rothko, che è interessato alla vibrazione luminosa dello spazio, e da Pollock, che vuole distruggerlo, farlo esplodere, rompendo il quadro. È diverso da me, perché io cerco uno spazio ulteriore. Lui voleva l’infinito». Con queste parole, nel 1968, Lucio Fontana ricorda l’artista francese Yves Klein, le cui straordinarie ricerche sul monocromo e sulla smaterializzazione dell’arte aveva incoraggiato e condiviso tra il 1957 e il 1962.
Si tratta di due artisti di generazioni diverse - Fontana era nato a Rosario di Santa Fé, in Argentina, nel 1899, Klein a Nizza nel 1928 - che hanno sviluppato ricerche autonome e indipendenti, come entrambi hanno sempre voluto specificare nelle loro dichiarazioni. Eppure, per cinque intensissimi anni che hanno cambiato l’arte mondiale, sono stati strettamente legati da un profondo rapporto di stima reciproca e dalla comune aspirazione a rinnovare radicalmente tutti gli aspetti dell’arte del proprio tempo, per inaugurare un’epoca nuova.
La mostra del Museo del Novecento, attraverso settanta opere fondamentali giunte da musei e collezioni di tutta Europa, racconta i loro universi paralleli - per usare la diffusa immagine coniata in riferimento alla teoria dei molti mondi formulata nel 1957 dal fisico quantistico americano Hugh Everett III - dal gennaio del 1957, quando Fontana è il primo acquirente di un monocromo blu di Klein alla sua mostra dell’“epoca blu” alla Galleria Apollinaire di Guido Le Noci a Milano, fino alla morte improvvisa del giovane artista francese il 6 giugno 1962.
Oltre ai rapporti diretti tra i due, la mostra dedica ampio spazio alla presenza di Yves Klein in Italia e, viceversa, a quella di Fontana a Parigi dove - grazie a critici come Tapié, Rivière, Jouffroy, Restany e a galleristi come Stadler, Clert, Larcade e Gualtieri di San Lazzaro - prende il via la sua avventura internazionale, sfidando i canoni ormai consolidati dell’Informale.
Anche il percorso dell’esposizione - la prima di questa portata per il museo milanese giunto al quarto anno di attività - è un po’ una sfida. Si snoda infatti in otto nuclei principali attraverso tutte le sale, rispettandone l’ineccepibile ordinamento storico-scientifico e sforzandosi di integrarsi con i suoi spazi, ma anche offrendo allo spettatore opere e installazioni di grande effetto e impegno.
Si va da una ricostruzione della celebre Galleria Apollinaire - covo «dei commandos delle arti belle», come scrive Dino Buzzati in Blu, blu, blu, un articolo che contribuisce in maniera determinante al lancio di Klein in Italia - dove il pittore francese espone undici monocromi blu assolutamente identici tra loro, all’accostamento inaspettato tra la superba Struttura al neon di Fontana (che, affacciata alle grandi vetrate di piazza del Duomo, è il simbolo del museo) e l’ipnotica distesa blu di Pigment pur, ideata da Klein per una mostra parigina, sempre nel 1957, alla Galerie Colette Allendy.
Nella prima presentazione di Klein a Milano, il critico Pierre Restany evocava il blu degli affreschi di Assisi - suscitando le ire di critici conservatori come Marco Valsecchi - e di “blu Giotto” era dipinto, già nel 1951, il soffitto del Neon di Fontana nell’allestimento, progettato da Luciano Baldessari, dello scalone della IX Triennale. Particolare attenzione è riservata alle suggestioni cosmiche - che vanno dall’immaginario popolare della fantascienza alla fotografia astronomica e dall’esoterismo allo zen - nell’avventura monocroma di Klein (Reliefs planétaires, Cosmogonies, Saut dans le vide) e in quella spazialista dello scultore italoargentino: il più grande meteorite esistente in Italia (rinvenuto nel 1921 a Uegit, in Somalia) dialoga con le Nature, esposte nel novembre 1961 sotto una lunare luce azzurra dall’esuberante e intraprendente gallerista parigina Iris Clert.


Yves Klein e Lucio Fontana alla mostra delle Nature, Parigi, Galerie Iris Clert, novembre 1961.

Yves Klein alla Galleria Apollinaire, Milano, gennaio 1957.


Yves Klein, Venus Bleue (1962).


Lucio Fontana, Concetto spaziale (1951), Milano, Fondazione Lucio Fontana.


Lucio Fontana alla mostra delle Nature, Parigi, Galerie Iris Clert, novembre 1961.

In quella circostanza, e in occasione di una “leggendaria” cena a La Coupole, a base di ostriche e champagne, Harry Shunk e János Kender scattano le uniche fotografie nelle quali Yves e Lucio compaiono insieme. Ma Fontana e Klein si incontrano idealmente - attraverso le proprie opere - anche sulle pagine della rivista “Azimuth”, pubblicata da Piero Manzoni ed Enrico Castellani nel settembre 1959. Nello stesso anno Fontana invita l’amico a presentare, per la XII Triennale di Milano, un progetto di Architecture de l’air che purtroppo non potrà essere realizzato, ma del quale restano le tracce nelle lettere e in alcuni schizzi esposti nella mostra presente.
Tra i frequenti viaggi in Italia di Klein si annoverano anche i suoi cinque pellegrinaggi al santuario di Santa Rita a Cascia, dove lascia nel febbraio del 1961 una delle sue opere più misteriose e coerenti, l’Ex voto dedicato alla santa delle cause “impossibili”, nel quale sintetizza alcuni degli elementi fondamentali del proprio lavoro: il pigmento puro, rosa e blu acceso, la foglia d’oro fremente e tre lingotti ricavati dalla vendita delle Zones de sensibilité picturale immatérielle.

Yves Klein, Ex voto dedicato a Santa Rita da Cascia (1961), Cascia (Perugia), monastero di Santa Rita.


Lucio Fontana durante la mostra Les OEufs Célestes, Parigi, Galerie Iris Clert, febbraio 1964.

Nella “manica lunga” al pianterreno del museo sono raccolte alcune opere, anche di grandi dimensioni, come l’Anthropométrie de l’époque bleue del Centre Pompidou, i “tagli” (Concetti spaziali. Attese) di Fontana esposti nel 1959 alla Galleria del Naviglio di Milano e alla Galerie Stadler di Parigi… Ma come in ogni racconto che si rispetti non vogliamo svelarvi proprio tutto, certe opere vanno per forza viste dal vero.
Alla mostra hanno collaborato la Fondazione Lucio Fontana di Milano e gli Archives Yves Klein di Parigi, che hanno reso possibile presentare, nella sala Archivi, una ricca documentazione di fotografie, carteggi ed edizioni. È allestita anche una sala video con la proiezione di filmati d’epoca provenienti dagli Archives Yves Klein e dalle Teche Rai.
Il catalogo ricostruisce l’intera vicenda e approfondisce alcuni spunti storici e iconografici del lavoro di Klein e Fontana, attraverso i testi dei curatori, di Marina Pugliese, Denys Riout, Stephen Petersen, Sileno Salvagnini, Raffaele De Berti e di due giovani studiosi provenienti dalla scuola dell’Università degli studi di Milano: Davide Colombo e Laura Calvi.

Yves Klein, Anthropométrie de l’époque bleu, Parigi, 1960.


Yves Klein, Victoire de Samotrache (1962).

ART E DOSSIER N. 315
ART E DOSSIER N. 315
NOVEMBRE 2014
In questo numero: UTOPISTI E ANTISISTEMA Rotella e gli ''affichistes''; Il Camino di Santiago tra San Francesco e il contemporaneo; Orcadi: una chiesa in prigionia; Ribelli e dissidenti ottocenteschi. IN MOSTRA: Klein e Fontana, Modigliani, Cartier-Bresson.Direttore: Philippe Daverio