Grandi mostre. 1 
On the Road/En el Camino a Santiago di Compostela

l'utopia
di francesco

Nell’ottavo centenario (1214-2014) del pellegrinaggio di san Francesco a Santiago di Compostela, una spettacolare mostra d’arte contemporanea è stata concepita - in varie sedi cittadine - come una riflessione sulla figura del santo assisiate e sull’attualità del suo messaggio.

Enrico De Pascale

organizzata dalla Giunta autonoma di Galizia per celebrare il pellegrinaggio di san Francesco a Santiago di Compostela, avvenuto otto secoli or sono, si è inaugurata il 28 giugno scorso (fino al 30 novembre) l’esposizione On the Road/En el Camino, con la partecipazione di trentacinque artisti di fama internazionale e differenti generazioni, alcuni dei quali coinvolti nel progetto con lavori site-specific. Tra le altre, opere di Francis Alÿs, Christian Boltanski, Joseph Beuys, Alighiero Boetti, Mircea Cantor, Tacita Dean, Felix Gonzales Torres, Roni Horn, Yves Klein, Richard Long, Anthony Mc- Call, Piero Manzoni, Mario Merz, Giuseppe Penone, Robert Smithson, Franz West.
Evitando i rischi della celebrazione agiografica, la curatrice Gloria Moure ha rivolto l’attenzione a quegli aspetti del pensiero di Francesco - la costruzione della pace, la tolleranza, il rifiuto delle ricchezze materiali, la dignità della povertà, l’amore per la natura - capaci di suscitare l’interesse dell’uomo contemporaneo (credente o no) nell’attuale contingenza storica, segnata da conflitti sociali, povertà, guerre, fanatismi e intolleranza razziale. In un Medioevo lacerato da contraddizioni non meno drammatiche, Francesco fu infatti protagonista di una straordinaria rivoluzione culturale, prima ancora che religiosa, combattuta in prima persona, con una carica visionaria e utopica che gli derivava dalla totale fiducia nell’uomo e nella natura, creature di Dio.
Obiettivo della manifestazione è dunque quello di stimolare una sorta di “doppio sguardo” capace di interrogare attraverso le opere d’arte - dipinti, sculture, fotografie, video, installazioni - la figura del santo di Assisi e il suo travagliato tempo per comprendere meglio il nostro.
È noto che il rapporto tra Francesco, l’arte e gli artisti è stato fin dagli esordi eccezionalmente stretto e fecondo, stimolando nel corso dei secoli un’ampia produzione ricca di autentici capolavori: dal ciclo di Giotto ad Assisi alle opere di artisti che vanno da Van Eyck a Bellini e a Tiziano, da El Greco a Caravaggio a Zurbarán, sino ai giorni nostri.

Uno dei temi-chiave della mostra è inevitabilmente quello del cammino, del viaggio (a piedi) inteso come percorso di conoscenza e di crescita a contatto con la natura, l’ambiente, i luoghi, gli “altri” uomini: una performance psicofisica vissuta come un’alternativa via d’accesso alla spiritualità che è anche alla base della ritrovata popolarità dei pellegrinaggi tra le nuove generazioni. La stessa esposizione, del resto, è concepita come un percorso, un itinerario in più tappe che implica l’attraversamento fisico della città di Santiago e che conduce il visitatore-pellegrino dal medievale Pazo de Xelmírez (l’antico palazzo episcopale da poco restaurato) alla centralissima plaza de Obradoiro, dall’Ostello dei re cattolici sino all’abbazia gotica di San Domenico, al parco e al cimitero di Bonaval, nella periferia della città. La scelta degli artisti è coerentemente mirata a valorizzare il versante più eticamente sensibile, se non proprio engagé, delle neoavanguardie internazionali e delle tendenze più recenti, nel dichiarato intento di fondere “politico e poetico”: dalla Land Art all’Arte povera, dal Fluxus alla Performance Art sino alle diverse declinazioni del concettualismo.
Tra le opere realizzate per l’occasione si segnala la suggestiva videoinstallazione dell’inglese Tacita Dean, Buon fresco. Costituita da fotogrammi di dettagli tratti dagli affreschi della Basilica superiore di Assisi, l’opera mostra un Giotto assolutamente inedito, straordinariamente sensibile nel visualizzare particolari marginali come un’unghia, un fiore, una ferita, resi con una tecnica superba che pare preannunciare taluni esiti dell’arte astratta e dell’Informale.
Nella videoinstallazione Albert’s Ways del belga Francis Alÿs, si vede l’artista camminare in tondo nel proprio atelier di Città del Messico ininterrottamente per dieci ore al giorno, per sette giorni, fino a totalizzare i centodiciotto chilometri corrispondenti al “Cammino degli Inglesi”, la strada che i pellegrini britannici percorrevano nel Medioevo dalla località spagnola di Port Ferrol sulla costa atlantica fino a Santiago. La performance rievoca al tempo stesso il viaggio “virtuale” compiuto dall’architetto del Führer Albert Speer, che nei lunghi anni della sua prigionia a Spandau camminò instancabilmente per molte ore al giorno immaginando di toccare diverse città del mondo.
Un altro tipo di viaggio, quello che lungo la vita conduce alla morte, è “messo in scena” dal galiziano Jorge Barbi nel cimitero campestre di Bonaval. Con un intervento di tipo pittorico-installativo l’artista ha tinteggiato i coperchi dei loculi con diversi colori (rosa, giallo, verde, azzurro, bianco) ciascuno in corrispondenza della peculiare ipotetica posizione di un defunto nei confronti della religione e dell’aldilà (credente, apostata, convertito, agnostico, ateo, suicida...). Il risultato è una sorta di Spoon River multicolore che visualizza in modo icastico la complessità del rapporto tra ragione e fede, vita terrena e ultraterrena che ha segnato l’intera storia dell’umanità.
Tessute in Afghanistan da maestranze femminili su indicazioni e disegni dell’artista, anche le celebri Mappe di Alighiero Boetti tematizzano i concetti del viaggio e della contaminazione tra culture diverse, alludendo alla fragilità dei confini geografici quando siano politicamente e artificialmente imposti.
I temi quanto mai emblematici della ricchezza nella povertà e del dono come rivoluzionario atto d’amore sono sviluppati da Roni Horn, Félix Gonzáles-Torres e Joseph Beuys. Con le sue preziose sculture traslucide ricolme d’acqua l’americana Roni Horn evoca tanto le antiche acquasantiere quanto le lacrime versate nei secoli da santi e martiri («nel giorno del Giudizio», avverte Cioran, «solo le lacrime saranno pesate!») creando un’opera suggestiva che dialoga con la nuda architettura della cattedrale di San Domenico e allude a un mondo dove caos e disordine assumono infine una valenza creativa.
Di Félix Gonzáles-Torres sono esposte le consuete pile di fotografie e di libri illustrati con immagini di cieli e oceani che il pubblico può liberamente asportare e che ogni sera vengono puntualmente reintegrati dal personale del museo.
La relazione con la natura e il mondo animale è infine rappresentata dalla celebre performance di Joseph Beuys I like America and America likes me (New York, maggio 1974) durante la quale l’artista rimase tre giorni chiuso in una galleria d’arte in compagnia di un coyote selvaggio, figura simbolica di una realtà ambientale minacciata d’estinzione dalla società capitalista


Richard Long, Camino Hands (2014), esposta al Pazo de Xelmírez.

Tacita Dean, Buon fresco (2014).

Francis Alÿs, Albert’s Ways (2014).

Francis Alÿs, Albert’s Ways (2014).

Jorge Barbi, En el fnal del camino (2014), intervento nel cimitero di Bonaval.

Roni Horn, Untitled. A Dream Dreamt in a Dreaming World is not Really a Dream... But a Dream not Dreamt is (2012), installazione al Pazo de Xelmírez.


Mario Merz, Senza titolo (1990), nella cattedrale di San Domenico.

ART E DOSSIER N. 315
ART E DOSSIER N. 315
NOVEMBRE 2014
In questo numero: UTOPISTI E ANTISISTEMA Rotella e gli ''affichistes''; Il Camino di Santiago tra San Francesco e il contemporaneo; Orcadi: una chiesa in prigionia; Ribelli e dissidenti ottocenteschi. IN MOSTRA: Klein e Fontana, Modigliani, Cartier-Bresson.Direttore: Philippe Daverio