I NOTTURNI DEVOZIONALI
CON SAN GEROLAMO
E LA MADDALENA

In virtù della sua collocazione geografica, della convinzione religiosa dei duchi e di una lunga storia di alleanza con Roma, la Lorena, nel XVII secolo, partecipava attivamente alla Controriforma, contro la minaccia del protestantesimo che dal vicino Impero dilagava.

La stretta alleanza fra politica e religione si esprimeva con chiarezza nella vicinanza dei duchi all’ordine francescano già dal 1477, quando a esso fu concesso il permesso di fondare un monastero a Nancy, vicino al palazzo ducale. Il convento divenne il quartier generale dell’ordine, e il luogo prescelto per le sepolture ducali. Da qui i frati promuovevano la dottrina cattolica moltiplicando ovunque nelle città e nelle campagne le comunità cenobitiche maschili e femminili fino a diventare la prima forza spirituale del ducato, naturale depositaria dell’ortodossia e animatrice della rinascita cattolica(25).

In una Lorena dolente, teatro della guerra dei Trent’anni (1618-1648), piagata da carestie ed epidemie di peste, la spiritualità francescana incarnava quello stoicismo cristiano che solo poteva insegnare ai fedeli la resistenza alle avversità e l’incrollabile fede in Dio, oltre ogni crudeltà del destino. Per tutto il corso della sua esistenza La Tour ha rapporti personali e professionali con l’ordine francescano(26) dal quale ricevette commissioni come il perduto dipinto raffigurante l’Estasi di san Francesco destinato a una chiesa conventuale di frati cappuccini(27).

Vanno collegate alla rigorosa spiritualità francescana le numerose opere latouriane che hanno per protagonisti san Gerolamo e santa Maddalena, esempi di fede e ascetismo.

È un’opera giovanile ascritta al 1621- 1624 il San Gerolamo nella collezione della regina Elisabetta II d’Inghilterra, il cui taglio e coinvolgente realismo ricordano da vicino gli Apostoli di Albi. Sebbene Gerolamo sia l’archetipo dell’intellettuale cristiano, non è qui presentato come l’asceta sapiente ma come un uomo comune impegnato in una lettura resa impervia dalla debole vista, metafora efficace della difficoltà di intendere la parola sacra(28).

Il San Gerolamo del museo di Grenoble è invece un esempio di mortificazione. Qui il libro raffigurato non è la Bibbia, luogo della parola divina, tradotta dal santo in latino nella Vulgata, ma la Retorica di Cicerone. Appoggiato sul teschio, il volume sembra proporre l’alternativa fra il vero (la spietata legge del tempo che passa) e il falso (il vano compiacimento intellettuale). La corda annodata, sporca di sangue, ha lasciato sul corpo di Gerolamo i segni visibili della punzione, autoinflitta per la colpa di aver ceduto al piacere della retorica.

Quest’opera, nota anche come Gerolamo con l’aureola, indica nel titolo come la presenza del caratteristico attributo della santità sia così anomala nella produzione latouriana da richiedere una speciale annotazione. In una seconda versione del dipinto, il San Gerolamo di Stoccolma, del resto, l’aureola è sparita per lasciare posto a un cappello cardinalizio, un rimando al possibile eccellente committente: il cardinale Richelieu nel cui inventario è elencata un’opera dell’artista con tale soggetto(29). Lontano dal suo confortevole studiolo, il santo, in ascetica nudità, sembra aver abbandonato ogni lusinga dell’esistenza materiale in favore di un ascetismo assoluto. Nel distinguere la seconda versione dalla prima, il chiaroscuro si fa più accentuato, producendo esiti marcatamente drammatici.


Maddalena con due fiamme (o Maddalena Wrightsman) (1635-1640); New York, Metropolitan Museum of Art.


Maddalena con fiamma filante (1635-1637); Los Angeles, Lacma - Los Angeles County Museum of Art.

Un uso deciso della luce e delle ombre caratterizza la serie dei notturni a soggetto devozionale, prodotti fra il 1630 e la metà del 1640, cui lo stesso pittore si riferisce con il termine “nuicts”.

In Lorena già Jean Leclercq (1586-1633) aveva precocemente adottato questo espediente e, tuttavia, precedenti e tangenze sono stati ravvisati dalla critica piuttosto nell’opera di Caravaggio e dei caravaggeschi fiamminghi.

Se tuttavia identifichiamo il tenebrismo di Caravaggio con quel suo caratteristico uso di illuminare l’azione mediante una luce esterna al dipinto, come un riflettore sul palcoscenico, allora i notturni latouriani sono tutt’altra cosa. La luce di La Tour, artificiale prodotto della candela, della torcia o del lume a olio, è incorporata all’interno della cornice e non serve ad accentuare il realismo delle immagini, come accade nelle opere del Merisi, ma piuttosto a negarlo.

Gli originali effetti di stilizzazione e semplificazione compositiva che ne derivano lo allontanano anche da Gerrit van Honthorst, seguace nordico di Caravaggio, anch’egli esperto nell’incorporare la luce nell’immagine, ma con finalità di realismo spesso un po’ grossolano che nulla ha a che vedere con la trasfigurazione metafisica del lorenese. La serie di quattro opere raffiguranti la Maddalena penitente, dipinte fra il 1635 e il 1645, illustra questo processo di evoluzione stilistica. Maddalena è la bella peccatrice che, pentita dei suoi trascorsi e dimentica delle sue attrattive, dedica l’esistenza che le resta alla divina contemplazione, facendosi così agente della riflessione sulla vanità umana e sul senso della morte, temi di universale rilevanza escatologica. Soprattutto la santa incarna il pentimento, il sentimento cardine della confessione, sacramento cattolico necessario alla salvezza in antitesi alla tesi teologica della Chiesa riformata che l’uomo si salvi per la sola grazia.

Sebbene simili per composizione e formato nonché tutte raffigurate a lume di notte, le varie versioni della Maddalena mostrano un diverso grado di semplificazione iconografica e di intensità dell’ombra(30). La più ricca di particolari è la Maddalena Wrightsman conservata al Metropolitan di New York, altrimenti nota come la Maddalena con due fiamme. Qui non si vede che lo sfuggente profilo della protagonista il cui sguardo è rivolto allo specchio ove è riflessa la candela, unica fonte di luce di questo scuro interno. La Maddalena è qui un modello di conversione, lo raccontano la collana di piccole perle e l’orecchino sul tavolo che tanto ricordano i monili della cortigiana nel Baro con asso di fiori laddove in terra, nella semioscurità, si intravedono l’ornamento del suo turbante e i due bracciali della servetta della stessa opera. Il riferimento non è certo casuale: per alludere ai suoi trascorsi e trasformarla nella santa penitente di New York, La Tour ha usato l’efficace espediente di spogliare la cortigiana-truffatrice e la sua complice dei gioielli, simboli di colpevole artificio e vanità.


Maddalena penitente (o Maddalena Terff) (1636-1640 o 1642-1644); Parigi, Musée du Louvre.


Maddalena allo specchio (o Maddalena Fabius) (1635-1640); Washington, National Gallery of Art.

(25) P. Conisbee, op. cit., pp. 73-74.

(26) J. Thuillier, op. cit., pp. 62-63; P. Morracchini, Les Cousins Franciscains de Georges de La Tour, in Georges de La Tour ou la nuit traversée, atti del convegno, Vicsur-Seille 1993 a cura di A. Reinbold, Metz 1994, pp. 41-56.

(27) Ibidem.

(28) F. Cousinié, Beautés fuyantes et passagères, la représentation et ses “objets-limites” aux XVIIe-XVIIIe siècles, Monfort 2015, pp. 105-109.

(29) P. Conisbee, op. cit., p. 83.

(30) S. McClintock, The Iconography and Iconology of Georges de La Tour’s Religious Paintings (1624-1650), Lewiston (NY), Mellen 2003, p. 86.

Lo specchio dalla cornice elaborata, isolandola, mostra allo spettatore la candela, il vero centro dell’attenzione della santa che immaginiamo impegnata a distinguere fra illuminazione reale e riflessa.

Soccorre nella decifrazione della situazione il passo della Prima lettera di san Paolo ai corinzi (1 Cor 13:12) che recita: «Videmus nunc per speculum in aenigmateÈ ovvero: “Ora noi vediamo come in uno specchio in modo confuso”, un riferimento chiaro all’ incapacità dell’uomo di accedere direttamente al vero significato dell’esistenza e alla sua condanna di non coglierne che il riflesso. Alla luce di questo rimando scritturale le due fiamme - l’una vera e l’altra illusoria - sarebbero pertanto efficaci metafore del vero e del falso, della dimensione spirituale e di quella materiale. La candela, quella reale, evocherebbe la luce divina, l’unica capace di illuminare senza inganni(31). Il percorso di conversione avanza ulteriormente nella Maddalena con la fiamma filante di Los Angeles e nella Maddalena Terff del Louvre collegate dal particolare della blusa calata sulla spalla, un dettaglio che visivamente richiama il pentimento, l’atto di spogliarsi dei peccati. Come nella precedente versione, anche le sante di Los Angeles e di Parigi hanno un teschio in grembo ma la fiamma, sprigionata dal lumino a olio, è diventata una sola. Inoltre fra le due fonti di luce vi è una non trascurabile differenza simbolica. Il lume a olio ha tempi di consumazione assai più lunghi della candela ed è per questo largamente impiegato nelle pratiche cimiteriali. La valenza funebre conferita dalla fonte luminosa definisce con maggior precisione l’oggetto della meditazione della santa: la contemplazione mistica della morte, passaggio estremo dalla condizione materiale a quella spirituale. In entrambe le versioni gli oggetti preziosi, memorie dell’umana vanità, sono spariti per lasciare posto a una corda e a due libri, verosimilmente l’Antico e il Nuovo testamento. Raffigurati chiusi e vicini a quello strumento di autopunizione, essi sembrano indicare nel dolore l’unica strada per comprendere la parola divina. Sparita la corda, la Maddalena Fabius conservata a Washington appare concentrata sul teschio, illuminato da una presente ma invisibile candela e riflesso nello specchio che lo incornicia. Tradizionale simbolo di vanità, diabolico e ingannatore, lo specchio ritaglia un particolare essenziale alla comprensione dell’immagine dacché tutto ruota intorno a quel resto umano di cui la santa tocca le orbite cave, quasi non le bastasse guardarlo.
Reale simbolo di morte terrena, il cranio cela la fiamma della candela che tuttavia non cessa di esercitare la sua funzione illuminante. Solo la santa, però, sembra poterne beneficiare, a ribadirne il ruolo di mediatrice fra uomo e Cristo, secondo le indicazioni controriformistiche. Allo spettatore non resta che guardare quel volto rischiarato e sbirciare il teschio riflesso nello specchio. Se visione è sinonimo di comprensione, l’inagevole vista del cranio si traduce nello sforzo di comprendere, in vita, il senso della morte. Secondo questa sequenza dalla Maddalena di New York a quella di Washington, cui parte della critica aggiunge una quinta conservata a Houston(32), l’uso progressivo dell’oscurità e la conseguente semplificazione della composizione impoveriscono via via l’iconografia di dettagli materiali. Come in una progressiva rinuncia ai beni terreni la santa, abbigliata in modo sempre più semplice e raffigurata in ambienti crescentemente spogli, può contemplare la flebile ma persistente luce divina per raggiungere un nuovo grado di consapevolezza(33).


Maddalena di Houston (1630-1635 o 1645-1650).
Parte della critica ha aggiunto alla serie delle Maddalene penitenti questa versione, in cui la santa, ritratta in modo essenziale quanto ad ambientazione e dettagli, guida il riguardante alla contemplazione della flebile ma continua luce divina simboleggiata dalla candela.


Donna con le pulci (1638 circa); Nancy, Musée Historique Lorrain.

(31) P. Choné, Georges de La Tour…, cit., pp. 140-141.

(32) S. McClintock, op. cit., p. 92.

(33) Ivi, pp.114-117.

È assai affascinante e convincente l’ipotesi espressa da Hélène Adhémar che tutte e quattro le versioni siano state commissionate all’artista dall’ordine di Notre Dame du Refuge, fondato a Nancy da Marie Élisabeth de Ranfaing divenuta madre Marie Élisabeth de la Croix de Jésus. L’ordine, nato nel 1624 e approvato dal papa dieci anni più tardi, raccoglieva le fanciulle dalla strada e offriva loro un tetto salvandole dalla miseria. Una volta entrate nella comunità le donne erano ripartite in tre categorie distinte: alla prima appartenevano le giovani onorabili che desideravano pronunciare i voti, la seconda riceveva le fanciulle ravvedute e la terza le penitenti la cui unica aspirazione era espiare le proprie colpe per convertirsi a una nuova esistenza.

In accordo con questa lettura, le sfumature caratterizzanti le diverse versioni della Maddalena potrebbero indicare le loro differenti destinazioni all’interno del monastero(34). Una funzione simile potrebbe verosimilmente essere attribuita anche all’enigmatica immagine della Donna con le pulci (1638 circa) cui l’illuminazione a candela conferisce la stessa suggestiva atmosfera delle Maddalene.
Sebbene si tratti di una scena di genere, l’opera, dall’anomala intensità mistica, pone numerosi quesiti interpretativi a cominciare dalla stessa azione della protagonista. Sta davvero spulciandosi la donna accovacciata seminuda? O sgrana un rosario come molta critica ha sostenuto? Il rosario è solo suggerito dal movimento delle mani e la prima ipotesi sembra del tutto sostenibile, considerato che a quel tempo liberarsi delle pulci era una necessità quotidiana. Nella pittura nordica coeva tale tema costituiva un pretesto per raffigurare il nudo femminile e tuttavia, qui, nessuna implicazione erotica sembra trapelare dallo sguardo del pittore. È un essere umile la giovane dall’espressione concentrata, non tanto per la presunta condizione sociale ma perché colta in un momento di fragilità espressa dalla nudità e dall’ingrato compito che sta svolgendo. Nel sospetto gonfiore del ventre la critica ha ravvisato il tangibile segno della colpa e l’indicazione che possa trattarsi di un’adultera pentita del monastero di Notre Dame du Refuge. Il nero braccialetto, suo unico ornamento, richiama quelli ai polsi della ladra in La buona ventura mentre il turbante la avvicina alla servetta complice dei Bari. Questi dettagli, imparentando la protagonista con le truffatrici delle opere in chiaro, contribuiscono a indicare nel personaggio in questione una peccatrice intenta a emendarsi dai passati errori con il metaforico gesto di scacciare le pulci. Al modesto ornamento a grani di giaietto, un materiale fossile reso lucente dalla sfaccettatura, assai comune nel costume popolare ma impiegato anche nella fattura dei rosari, La Tour sembra aver affidato il compito di segnalare il passaggio da malvivente a penitente(35). Paulette Choné ha ipotizzato che si tratti di un personaggio reale, protagonista di un fatto di cronaca nera: la servetta di un mercante di Nancy, suicida per il disonore di essere stata sedotta, il cui cadavere fu trovato con un ornamento analogo(36).

(34) H. Adhémar, La Tour et les couvents lorraines, in “Gazette des Beaux-Arts”, 80, ottobre 1972, pp. 219-222.

(35) D. Judovitz, op. cit., pp. 65-74.

(36) P. Choné, Georges de La Tour…, cit., p. 122.

LA TOUR
LA TOUR
Silvia Malaguzzi
Georges de La Tour (Vic-sur-Seille 1593 - Lunéville 1652), lorenese, rappresenta una versione decisamente personale del caravaggismo che si diffonde in Europa nel corso del XVII secolo. Artista enigmatico, poco testimoniato dai documenti del tempo, ebbe una grande notorietà in vita e un incomprensibile oblio dopo la sua morte. “Ritrovato” solo nella prima metà del Novecento, è ora riconosciuto come un virtuoso della pittura a lume di candela, grazie alle sue quiete e malinconiche scene notturne, popolate di Maddalene penitenti o episodi dell’infanzia di Gesù o della Vergine. Ma non va dimenticata la sua parallela produzione “diurna”, con scene di genere caratterizzate da fulminei giochi di sguardi. A La Tour è dedicata in questi mesi una grande mostra milanese.