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Ascesa moderata
per chagall

di Daniele Liberanome

pittore ebreo per eccellenza, personalità di spicco dell’arte europea del Novecento, Marc Chagall non piace ai nuovi ricchi dell’Estremo Oriente. Solo la casa d’asta Est-Ouest ha provato a proporlo da quelle parti, ma di rado e con risultati non proprio esaltanti. Il migliore è 330mila euro con cui ha aggiudicato Villaggio rosso (Hong Kong, 16 giugno 2009), in linea con le sue stesse aspettative. Ma va detto che Est-Ouest è giapponese, cioè espressione di un paese che non ha subito la pialla criminale della Rivoluzione culturale, e che quindi mantiene un ponte ideale con il passato storico suo proprio e del mondo europeo. Per di più gli artisti figurativi come Chagall paiono in genere più distanti dalla contemporaneità e quindi meno interessanti per una buona fetta di acquirenti. Così, le quotazioni di Chagall rimangono di tutto rispetto, ma non crescono ai ritmi dei grandi artisti entrati nelle collezioni cinesi. Nei migliori casi, le sue opere si vendono oggi come ai tempi della bolla di fine anni Ottanta fino alla prima parte del 1990, prima che scoppiasse lo scandalo del collezionismo giapponese drogato dalla finanza che ne sovvenzionava gli acquisti milionari. Difatti nel maggio del 1990 Sotheby’s di New York era riuscito a vendere Il compleanno per un equivalente di circa 10 milioni di euro e solo l’8 maggio 2007 la stessa Sotheby’s - sempre a New York, ovviamente - è riuscita ad aggiudicare Il grande circo per una cifra simile, fra l’altro sorprendendo gli esperti del settore. Vero che quest’ultimo quadro aveva girato il mondo (Svizzera, Stati Uniti, Israele), vero che la dimensione era impressionante (1,5 x 3 m), ma Chagall ne ha prodotti diversi di pezzi simili a quello. Anzi, il dipinto in questione è datato 1956, mentre le prime opere con lo stesso soggetto risalgono a una trentina di anni prima. Un mese dopo la vendita di Il grande circo, il 18 giugno 2007 Christie’s offrì a Londra L’inverno ricavandone quasi 3,5 milioni di euro, a dimostrazione che in quei mesi i collezionisti guardavano con attenzione a Chagall, specie quello del dopoguerra. Si interessavano, cioè, a quei quadri, di ampie dimensioni, in cui l’artista riprendeva e metteva insieme simboli ideati nella fase più creativa della sua gioventù. L’inverno, del 1966, è ricco di riferimenti al suo paese natale, Vitebsk, al suo legame con il popolo ebraico (la sposa), al ricordo delle persecuzioni subite ma anche della gioia delle festività (l’agnello pasquale), con l’aggiunta di una nota di nostalgia dolce-amara verso il teatro klezmer e le feste del suo paese (il gallo con il clarinetto e il violoncellista).

Da quando le case d’asta hanno iniziato a puntare sulle opere
di Chagall degli anni Venti-Trenta il mercato si è svegliato



Questo genere di opere-caleidoscopio ha perso di appeal negli anni successivi, ma le case d’asta non proponevano altro. Il risultato è stato un tonfo nel trend di mercato negli anni immediatamente successivi al 2007, quando lo Chagall più pagato è stato Rose e mimose del 1956 (2,3 milioni di euro, Christie’s Londra, 24 giugno 2008). Negli ultimi tempi, però, il vento è cambiato. Le case d’asta hanno iniziato a puntare su opere degli anni Venti-Trenta e il mercato si è svegliato. L’ 8 maggio dello scorso anno, Christie’s nel presentare I tre acrobati datato 1926, ha giustamente sottolineato il genuino legame fra quest’opera e, da un lato, l’episodio che in gioventù aveva messo Chagall di fronte alla realtà della povertà - aveva visto una povera e triste famiglia esibirsi da acrobati con poco talento ricavandone guadagni miserrimi - dall’altro, l’interesse di tanti artisti degli anni Venti per il Cirque Medrano. Sentimenti genuini con forte creatività, che hanno indotto un anonimo investitore a impegnare 9,9 milioni di euro pur di avere quel quadro.
Il bel Violoncellista che Sotheby’s ha aggiudicato lo scorso 5 febbraio a Londra risale anch’esso a prima della guerra (anche se per pochi mesi), al 1939, e seppur riprende un motivo già utilizzato in precedenza, i timori per l’incombente pericolo nazista portarono a modificare la figurazione in modo inconsueto. I musicanti paiono esprimere sia gioia sia dolore, sia ridicolo, ma soprattutto lo sguardo del violoncellista, così perso nel vuoto, crea una profonda inquietudine. Le opere degli anni Cinquanta, nel frattempo, hanno subito un taglio nei valori, ma si è tornati a scambiarle a buoni livelli, specie se il loro tasso di originalità è maggiore del consueto, come in La finestra. È datata 1959, ma presenta un parallelo uomini-fiori e uno sguardo sul panorama parigino, che è raro vedere. Per di più proviene dalla collezione di Bronfman, magnate in vista, e Christie’s di New York l’ha saputo aggiudicare lo scorso 6 maggio per oltre 2,2 milioni di euro. Non bisogna farsi però troppe illusioni: la ripresa nel mercato di Chagall è legata soprattutto a un effetto trascinamento rispetto alla crescita generalizzata dell’arte del primo Novecento. Insensato che, mentre i valori di Picasso si moltiplicano, quelli di Chagall rimangano sostanzialmente fermi. Ma i collezionisti sono sempre quelli, perlopiù americani. Come a dire che le quotazioni continueranno a salire, ma moderatamente.



I tre acrobati (1926).

Il grande circo (1956).

ART E DOSSIER N. 313
ART E DOSSIER N. 313
SETTEMBRE 2014
In questo numero: L'EBRAISMO E L'OCCIDENTE; CHAGALL E I SUOI MODELLI Primo Novecento: i collezionisti; Ebraismo e Rinascimento; Roma: le catacombe israelitiche; Gli affreschi di Europos-Dura. IN MOSTRA: Chagall, Artiste ebree, Equilibrium.Direttore: Philippe Daverio