Studi e riscoperte. 5
Le pitture della sinagoga di Europos-Dura


alla periferia
dell'impero

Un piccolo miracolo di sopravvivenza, un frammento del passato capace di compiere un viaggio nel tempo e portare fino a noi i segni di una vicenda spirituale, sociale, culturale svoltasi nel III secolo d.C. Europos-Dura - che qualcuno ha definito “la Pompei del deserto siriano” -, con i suoi resti e in particolare con la sorprendente, ricchissima serie di pitture murali della sua sinagoga ci rivela il momento aurorale del costituirsi di un’iconografia biblica; e ci chiede di continuare a esistere nonostante le difficoltà della guerra in corso.

Claudio Pescio

nella primavera del 1920 - dopo la cacciata delle forze imperiali ottomane - la Siria è oggetto delle attenzioni delle potenze coloniali europee; una guarnigione inglese che percorre le rive dell’Eufrate si imbatte in una vasta distesa di rovine e scopre casualmente alcune pareti affrescate in un edificio che sarà poi identificato come un tempio di Bel (o Baal, divinità fenicia).
La città viene identificata con la mitica - in quanto mai fino allora individuata - Dura (Europos secondo la denominazione greco-macedone; oggi la dizione suggerita dagli studiosi è Europos-Dura). Seguono campagne di scavo condotte da archeologi francesi e americani, i quali nel 1932 rinvengono alcune pitture sulle pareti di quella che appare subito, a tutti gli effetti, una sinagoga. Gli scavi fanno emergere cinquantotto scene di soggetto biblico, distribuite in ventotto riquadri sulle quattro pareti della sala delle assemblee della sinagoga. Le scene principali stanno sulla parete ovest, che accoglie anche la nicchia della Torà, il rotolo con il testo sacro della religione ebraica.
È una scoperta che rimette radicalmente in discussione ogni precedente convinzione sulle origini dell’aniconismo ebraico e sulle possibili fonti iconografiche delle prime pitture cristiane di carattere narrativo, tutte successive.
Dura era scomparsa dalle carte geografiche e dalla memoria degli uomini da diciassette secoli, e riappariva adesso a rivelare la propria esistenza di estremo avamposto carovaniero sulle rotte d’Oriente, affacciata su una terrazza naturale sul fiume Eufrate. Cittadina di scambi commerciali, florida sotto i Parti, poi fortezza romana ai confini con la Persia. Aggredita dai Sassanidi nel 256 d.C. tenta di difendere le sue mura riempiendo di detriti gli edifici che vi erano addossati, tra i quali la sinagoga, appena ampliata e decorata di pitture; ma non regge all’urto, i Sassanidi distruggono la maggior parte del villaggio e se ne vanno. Da allora nessuno più vi si insedierà.


Veduta aerea dell’attuale sito di Europos-Dura;

Sala delle assemblee della sinagoga come appariva durante gli scavi;


L’interno della sinagoga ricostruito nel Museo nazionale di Damasco.


Elia sul monte Carmelo, parete sud.

Queste circostanze hanno salvaguardato l’esistenza e la qualità stessa delle pitture; dipinti che si trovano oggi al museo di Damasco ma difficilmente visitabili anche in tempi migliori degli attuali, in un paese martoriato dalla guerra; sono sotto chiave dagli anni Cinquanta e le immagini fotografiche disponibili sono spesso molto vecchie. Le pitture della sinagoga sono eseguite a tempera direttamente sul muro, circostanza che le rende estremamente fragili: solo i detriti di cui erano ricoperte le hanno salvate.
Le fertili terre di Mesopotamia hanno ospitato floride comunità ebraiche fin dai tempi della cattività babilonese (VI secolo a.C.); molte invece si formano ai tempi delle ostilità giudeo-romane sotto Vespasiano e Adriano. A Dura se ne costituisce una probabilmente a partire dal II secolo a.C. In quegli anni nel villaggio coesistevano numerose etnie e religioni; vi si trovano iscrizioni in greco, fenicio, persiano, aramaico, latino; resti di templi dedicati a divinità greco-romane, a Bel, un mitreo, anche una chiesa cristiana, discretamente ricavata in un ambiente domestico; va ricordato che nel contesto dell’impero romano erano tollerate, al tempo, diverse religioni ma non ancora il cristianesimo, che svolgeva la sua vita comunitaria in ambiti chiusi e clandestini (ma qui, almeno, non sotterraneo, semplicemente defilato); e questo fino alla “pax” costantiniana del 313.

Samuele unge David, parete ovest.


Una rielaborazione grafica con la disposizione delle pitture sulla parete ovest della sinagoga.


Mosè e il roveto ardente,

I vari gruppi, separati sul piano della fede, convergevano su quello artistico e culturale, tutti partecipi della vasta koinè tardoantica in versione, qui, provinciale, di confine e modestamente acculturata: la qualità accessibile in un villaggio di artigiani, mercanti di passaggio e militari di guarnigione. La raffigurazione dei soggetti appare stereotipata, statica, con una tendenza alla frontalità tipica della cultura egemone nella zona, quella della vicina Palmira; i volti hanno tratti ripetitivi e privi di espressione; le composizioni, però, trovano a volte una singolare forza comunicativa e una sobria eleganza.
La sinagoga di cui ci occupiamo in queste pagine risale alla metà del III secolo d.C., epoca in cui si amplia una sinagoga precedente, non più sufficiente per una comunità che si è via via allargata. Le pitture vengono eseguite in due fasi: nel 243-244 e nel 253-254. Se si considera che la distruzione sassanide è del 256 si comprende come quelle immagini abbiano avuto una vita e un uso sociale-liturgico brevissimi.

Abramo (?)


Esdra col rotolo della legge (?).


Particolare della scena con Esodo e attraversamento del Mar Rosso

I soggetti raffigurati non seguono l’ordine di successione che hanno nel testo biblico. Sulla parete ovest, la principale, le pitture si svolgono in tre fasce sovrapposte. I temi individuabili riguardano le storie di Mosè (dove spicca l’attraversamento del mar Rosso), di re David, la consacrazione del Tabernacolo, le vicende dell’Arca e del tempio di Salomone, e poi figure di profeti e, sopra la nicchia della Torà, una menorah, la fronte di un tempio e un Sacrificio di Isacco. Quest’ultima scena è la più antica versione del soggetto che sia arrivata fino a noi. Abramo è raffigurato di spalle, ha un coltello nella mano destra; su un altare è legato il figlio, Isacco, ma dal cielo sbuca la mano di Dio a impedire il sacrificio; in basso, un ariete è legato a un albero.
La scelta dei soggetti, nel loro complesso, appare volta a esaltare - attraverso storie esemplari tratte dalle Scritture - il principio dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. E questo a fini liturgici, mettendo a disposizione dei fedeli materiali visivi a supporto delle parole del rabbino. Alcuni studiosi evidenziano come in questa versione dell’ebraismo della diaspora il rabbino e la preghiera in sinagoga abbiano sostituito il sacerdote e il sacrificio nel tempio. È in questo contesto che si collocherebbe una versione non aniconica dell’ebraismo, che anzi avrebbe al tempo accettato il confronto con le altre religioni utilizzando le loro stesse armi: scrittura e pittura, parola e visione.
Solo più tardi - tra VIII e IX secolo, anche per la contemporanea scelta aniconica operata da Bisanzio e dall’Islam - la proibizione della raffigurazione delle immagini diventerà assoluta, almeno in ambito liturgico.

SAVE DURA!
Il sito archeologico di Europos-Dura nel 2010 è stato insignito del premio Carlo Scarpa per il Giardino. La Fondazione Benetton in quell’occasione ha pubblicato un prezioso e documentatissimo dossier su Dura. Da allora la situazione in Siria non ha fatto che peggiorare; per la popolazione civile innanzitutto, ma anche per il patrimonio archeologico, storico e culturale. Pubblichiamo qui volentieri un appello di Pierre Leriche, coordinatore degli scavi di Dura, e di Domenico Luciani, presidente della giuria del premio.

Europos-Dura è in pericolo
Dopo il saccheggio della sede della nostra missione di scavo i custodi hanno recuperato la maggior parte della documentazione scientifica e del materiale archeologico (copie di quaderni di scavo e di mappe, di schede di lavoro, ceramica, piccoli oggetti di scarso interesse, frammenti di pitture recentemente scoperte ecc.). Hanno messo il tutto al sicuro presso di loro, al vicino villaggio. Si tratta di un grosso sforzo che hanno fornito spontaneamente, ma la mole del materiale causa loro problemi di vita quotidiana e li mette in pericolo. Per incoraggiarli a preservare il materiale che hanno salvato, dobbiamo rassicurarli sul fatto che ci rendiamo conto dei loro sforzi e del rischio che hanno accettato di correre. Tutto è diventato molto caro, nel paese, l’inverno è rigido e il prezzo della nafta da riscaldamento è quintuplicato. Dobbiamo dunque controbilanciare la mancanza di uno stipendio regolare dei tre guardiani del sito, ricompensare coloro che li aiutano e finanziare l’allestimento discreto, senza macchinari e con materiali difficili da procurarsi, di uno stoccaggio sicuro per il materiale. Io sono riuscito ad aiutarli con provvedimenti d’urgenza nel 2012. Oggi, si tratta non solo di continuare ad aiutarli a vivere ma anche di finanziare lo stoccaggio del materiale. Tutti voi che conoscete e amate Europos-Dura comprenderete l’importanza di questo appello.
C’è bisogno di agire urgentemente. La situazione è critica. Ogni aiuto, quale che sia l’importo, sarà prezioso.
A nome di tutti noi, grazie fin d’ora,
Pierre Leriche, Parigi, 8 febbraio 2013

Le ultime notizie in nostro possesso sullo stato del sito archeologico di Europos-Dura risalgono come vedete al febbraio dello scorso anno. Pierre Leriche, coordinatore della missione franco-siriana che dal 1986 lavora a scavare e ancor più a riordinare l’immenso patrimonio di conoscenze e di testimonianze accumulato, ci inviava allora un appello con le fotografie degli effetti devastanti del passaggio di gruppi armati e di vandali nei magazzini dei reperti. Noi facciamo nostro il suo appello per la protezione di un luogo cruciale per la storia e la geografia delle arti, delle culture, delle religioni del mondo euromediterraneo e mediorientale. È molto importante che tutti coloro che conoscono e amano questo luogo manifestino con ogni mezzo la propria attenzione e diano il proprio concreto contributo (quale che sia l’ammontare sarà comunque prezioso) all’indirizzo europosdoura@yahoo.fr. Domenico Luciani, presidente della giuria del premio, anche a nome dei colleghi giurati e dei ricercatori della Fondazione Benetton Studi Ricerche

Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino è una campagna di studio e di cura rivolta a un luogo particolarmente denso di valori di natura, di memoria e di invenzione, promossa e organizzata ogni anno, dal 1990, dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche. La giuria del Premio Carlo Scarpa è attualmente composta da: Domenico Luciani (presidente), Luigi Latini, Monique Mosser, Lionello Puppi, José Tito Rojo, Massimo Venturi Ferriolo; membri onorari: Carmen Añón, Thomas Wright.

ART E DOSSIER N. 313
ART E DOSSIER N. 313
SETTEMBRE 2014
In questo numero: L'EBRAISMO E L'OCCIDENTE; CHAGALL E I SUOI MODELLI Primo Novecento: i collezionisti; Ebraismo e Rinascimento; Roma: le catacombe israelitiche; Gli affreschi di Europos-Dura. IN MOSTRA: Chagall, Artiste ebree, Equilibrium.Direttore: Philippe Daverio