XX secolo. 2  
Charlotte Perriand

noi abbiamo lavorato
con ideali

Vanni Pasca


charlotte Perriand (1903-1999) ha ventiquattro anni quando si presenta allo studio di Le Corbusier (noto anche come Le Corbu), architetto e designer già famoso impegnato tra l’altro a progettare visionarie sostituzioni di edifici nel centro di Parigi con gruppi di grattacieli. All’Exposition internationale des Arts Décoratifs et industriels modernes del 1925 (l’esposizione da cui derivò il nome di uno stile, l’Art Déco), tra i tanti padiglioni nazionali, ce ne sono due realizzati ciascuno da un architetto: da un lato Le Corbusier, il cui padiglione si chiama significativamente Esprit Nouveau, e dall’altro Jacques Ruhlman, ebanista e arredatore con una sua ditta di mobili ricercati e lussuosi. Sono due mondi che si fronteggiano.
Alla Perriand che chiede di entrare a far parte dello studio, Le Corbu risponde: «Guardi, signorina, che qui da noi non si ricamano cuscini». La risposta è del tutto plausibile per l’epoca. Per anni le donne che si presentano al Bauhaus, la celebre scuola di design tedesca, vengono avviate al laboratorio di tessitura.
La Perriand non si scoraggia. Ha studiato per cinque anni all’Ecole de l’Union Centrale des Arts Décoratifs a Parigi, dominata dal tradizionalismo storicistico Beaux-Arts, in generale da un approccio anti-industriale legato all’artigianato. Ma è una ragazza curiosa e un po’ sbarazzina: una foto in cui posa sdraiata sulla famosa “chaise longue” viene criticata all’epoca per l’“eccessiva” disinvoltura. Non è attratta dalla cultura dell’arredamento propria di quella scuola: è molto più attratta dalle automobili e dalle biciclette in tubo metallico che circolano per le strade di Parigi, cioè dalla modernità avanzante. Nel 1926 si sposa e progetta per casa sua un soggiorno del tutto innovativo, un ambiente con tavolini, sgabelli e mobile bar cilindrico, in metallo e vetro; una soluzione che prefigura un’idea di arredamento che negli anni Trenta diventerà immagine di una modernità elegante nell’immaginario cinematografico, dai film italiani dei “telefoni bianchi” alle commedie sofisticate hollywoodiane.


Gli spazi vanno arredati“a bassa densità”, con pochi mobili in materiali nuovi, tubo metallico, acciaio, vetro, che non formano barriere
ma lasciano passare l’aria e la luce



Intanto si apre un significativo scontro all’interno del SAD (Societé des Artistes Décorateurs), l’associazione tradizionale degli architetti e arredatori francesi. Un gruppo di progettisti, tra cui Robert Mallet Stevens, Jean Prouvé e la stessa Charlotte, portatori di idee moderniste, si trovano sempre più a disagio all’interno dell’associazione. Nel 1928 decidono di uscirne e fondarne un’altra, l’UAM (Union des Artistes Modernes). Il tema di fondo è fare dell’arte moderna, e cioè della rivoluzione operata dalle avanguardie, la struttura della vita moderna. Gli spazi vanno arredati “a bassa densità”, con pochi mobili in materiali nuovi, tubo metallico, acciaio, vetro, che non formano barriere ma lasciano passare l’aria e la luce; al contrario degli ambienti “storicistici” ad “alta densità” in cui lo spazio è riempito da mobili, accessori, lampade, ninnoli, tappeti, tende, vasi, quadri ecc.Nel 1927 al Salon d’Automne la Perriand presenta una variante del soggiorno della propria casa col titolo Bar sous le Toit. Pierre Jeanneret porta il cugino e socio Le Corbusier a vedere il progetto e questi decide di tornare sui propri passi, assumendo Charlotte. Al Salon d’Automne del 1929 appaiono così mobili progettati nello studio (Le Corbusier - Jeanneret - Perriand), una serie strepitosa come la chaise longue cui si accennava all’inizio, il tavolo con struttura di tubi a sezione ovoidale in uso nell’aeronautica e la mitica Fauteil grand confort, ancora oggi un best seller (meglio parlare di un sorprendente “long seller”). Il titolo di questa serie di mobili è Equipement intérieur attrezzare gli interni, termine che sottolinea il carattere razionale e funzionale del progetto, sostituendolo a “décorer” (e “décorateur”).
Ormai la Perriand è progettista nota, tanto da essere invitata al CIAM (Congrès International d’Architecture Moderne), l’organizzazione degli architetti che vanno elaborando i linguaggi della modernità, dalla città alla casa agli oggetti, cui partecipano Le Corbusier, Mart Stam, Rietveld, per fare solo alcuni nomi. Nel 1933 il CIAM tiene il suo IV Congresso su una nave che percorre il Mediterraneo tra Atene e Marsiglia e Charlotte vi partecipa. Intanto già dal 1927 ha ricevuto in regalo dal marito una macchina fotografica a soffietto 6 x 9 cm e inizia a fotografare oggetti, materiali naturali, scene e personaggi in ambienti rurali di grande autenticità.

«Il Movimento moderno è spinto da uno spirito di ricerca… non da uno stile» (Charlotte Perriand)




La Perriand resta nello studio dal 1927 al 1937. Negli anni successivi lavora con Jeanneret e Jean Prouvé, e con artisti come Fernand Léger per uno stand all’Exposition Universelle di Parigi del 1937. Nel 1940 è invitata in Giappone dal Ministero del commercio e dell’industria che le chiede di indicare nuove strategie alla produzione: qui visiterà industrie, università, laboratori di artigianato locale. Ha una grande attenzione ai nuovi materiali, che ritiene tema della progettazione moderna, ma anche a quelli tradizionali visti in Francia nella Savoia agricola e un po’ arcaica che visitava in gioventù soggiornando nella casa dei nonni, o a quelli tipici del Giappone e dell’Indocina come il bambù, i tessuti locali, soluzioni come le pareti scorrevoli. Nel 1941 organizza a Tokyo una grande mostra, Tradition, Sélection, Création. Lascia il Giappone per le difficoltà subentrate, essendo il paese entrato in guerra con la Francia, e va in Indocina dove rimane dal 1942 al 1946, si risposa e ha la figlia Pernette. Si interessa anche qui alle lavorazioni tradizionali del legno e alla tessitura, con cui rilegge arredi da lei progettati in precedenza in tubo metallico. Torna a lavorare con Le Corbu alla fine degli anni Quaranta progettando l’“équipement”, l’attrezzatura interna della cellula tipo dell’Unité d’Habitation di Marsiglia, in particolare il prototipo di cucina. Nel 1951 progetta la sezione francese per la Triennale di Milano; collabora con Le Corbu e Lucio Costa per la Maison du Brésil a Parigi; lavora per una serie di rifugi in Savoia. Si potrebbe continuare a lungo parlando dei progetti della Perriand. L’attenzione al suo lavoro è crescente, come è testimoniato da alcune mostre tra cui una molto recente, Charlotte Perriand, un’ icona della modernità, nel complesso dell’ex carcere delle Murate a Firenze (dal 6 al 28 giugno scorso), promossa da Cassina - l’azienda italiana che ha rimesso in produzione dagli anni Sessanta i mobili di Le Corbusier e di Charlotte Perriand - e da Selfhabitat Cultura, col patrocinio del Comune del capoluogo toscano. La mostra ha presentato una serie di mobili, di fotografie e il Refuge Tonneau, un singolare rifugio di montagna progettato dalla Perriand con Pierre Jeanneret nel 1938. La struttura ha scheletro metallico con pannelli in alluminio e un palo centrale che la fa assomigliare a un grande ombrellone a dodici spicchi; leggera e trasportabile, perfettamente attrezzata in ogni dettaglio per accogliere otto persone nell’interno, in abete con scala centrale per il piano superiore-dormitorio. Virtuosistica dimostrazione della possibilità di alloggiare più persone in un piccolo spazio, garantendo con soluzioni spesso geniali tutto il comfort possibile.
«Il Movimento moderno è spinto da uno spirito di ricerca… non da uno stile», ha detto la Perriand. E nella sua ultima intervista ha precisato: «Noi abbiamo lavorato con ideali». Sono due frasi che definiscono con precisione l’immagine del Movimento moderno che ha segnato buona parte del XX secolo.



Un ritratto di Charlotte Perriand (1936).


Una foto storica.

Il tavolo Petalo

Chaise longue LC4 CP di Le Corbusier, Jeanneret e Perriand, un omaggio di Cassina a Charlotte Perriand in occasione della collezione Icônes 2014 di Louis Vuitton.


La libreria del progetto Nuage,

ART E DOSSIER N. 313
ART E DOSSIER N. 313
SETTEMBRE 2014
In questo numero: L'EBRAISMO E L'OCCIDENTE; CHAGALL E I SUOI MODELLI Primo Novecento: i collezionisti; Ebraismo e Rinascimento; Roma: le catacombe israelitiche; Gli affreschi di Europos-Dura. IN MOSTRA: Chagall, Artiste ebree, Equilibrium.Direttore: Philippe Daverio