Il gusto dell'arte 


A NATALENON PUÒ MANCARE

di Ludovica Sebregondi

Alla ricerca di preparazioni alimentari e prodotti che trovano nell’arte puntuali riferimenti, al di là di epoche, luoghi e tradizioni: il panettone

Pani lievitati, arricchiti di condimenti, addolciti con spezie e altri ingredienti hanno fatto e fanno parte delle tradizioni culinarie di moltissimi paesi europei. 

Generalmente sono preparazioni tipiche del periodo freddo, quando le giornate sono le più corte dell’anno e ci si accinge a celebrare il Natale. Ma, tra tutti, è stato il pane natalizio di Milano, il panettone, ad aver avuto un successo straordinario, tanto che sulla sua creazione sono sorte numerose leggende: secondo la prima, il falconiere di Ludovico il Moro, Ughetto degli Atellani, rifiutato dalla figlia di un fornaio, si fa assumere come garzone e - per aiutare il padre dell’amata a emergere tra i colleghi milanesi - vende due suoi falconi per comprare burro, uova, uvetta, canditi, permettendo il successo del futuro suocero e conquistando il cuore della sua innamorata. La seconda leggenda narra della suora di un poverissimo convento che per Natale prepara una semplice focaccia, imprime sulla sua superficie una croce in segno di benedizione e la trova poi sorprendentemente lievitata. 

Anche il terzo racconto, attestato in numerose varianti, è legato a Ludovico il Moro, che alla sua splendida mensa attende un dessert speciale per concludere i festeggiamenti natalizi. Purtroppo il dolce preparato dal cuoco si brucia e per rimediare viene servito il pane arricchito con burro che il giovane sguattero Toni aveva preparato per sé. La nuova ricetta piace moltissimo e sarà chiamata “pan de Toni”, da cui il nome panettone. Tale varietà di narrazioni dimostra l’importanza che a Milano si attribuisce a questo dolce e la volontà di un suo collegamento con la storia “alta” della città; ma se nelle leggende la creazione del panettone è frutto di un singolo evento straordinario, la realtà è fatta invece di piccoli passi che hanno portato al dolce che conosciamo oggi. 

Un «panettone milanese», «pangrosso qual si suole fare il giorno di Natale», viene citato in un vocabolario di inizio Seicento; la preparazione si arricchisce via via nell’Ottocento con burro, uvetta sultanina, zucchero e uova, poi ancora con canditi e con il fondamentale lievito. Grazie ad Angelo Motta - che nel 1919 aveva aperto una pasticceria, trasformata poi in industria - il panettone assume la caratteristica forma con l’uso della carta paglia che, avvolgendone la base, lo fa lievitare verso l’alto.


Sepó (Severo Pozzati), Poster Motta (1934).

Per pubblicizzare il suo prodotto natalizio l’imprenditore nel 1934 si affida a Severo Pozzati (Comacchio 1895 - Bologna 1983), pittore, scultore, scenografo, grafico e soprattutto cartellonista pubblicitario. L’artista emiliano ha passato quasi quarant’anni a Parigi, dove il suo nome d’arte, formato dalle prime sillabe di nome e cognome, veniva pronunciato Sepó, alla francese. Nel manifesto sia il nome Motta, con la grande “M” e le due “tt” dal trattino unito, sia il logo circolare con la sagoma del duomo, e anche la grande M rossa, evocano Milano: questa complessa struttura comunicativa è associata alla cascata graficizzata di fette che si proietta a tentare il potenziale acquirente. 

Evidenza materica è invece quella delle Due fette di panettone con canditi dipinte da Luigi Benedicenti, nato nel 1948 a Chieri, presso Torino, dove muore nel 2015. Legato all’iperrealismo, movimento di ascendenza statunitense nato tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta del Novecento, il pittore ha scelto i dolci come soggetto d’elezione. Nel dipinto colloca su un piano grigio due fette di panettone, una sollevata, l’altra appoggiata sul ripiano: sembra una fotografia, tanto sono tangibili la crosta con la granella, la pasta, i canditi verdi e rossi, la ciliegina rivestita di zucchero che è fuoriuscita dalla fetta e che proietta la sua ombra sul ripiano. Il giallo dell’impasto, che si percepisce ricco di uova, morbido e ben lievitato, contrasta con il fondo nero. Benedicenti ripropone la realtà con un’impostazione fotografica, facendola apparire voluttuosamente “più vera del vero”, utilizzando tecniche antiche come la pittura a olio su tavola e lo studio accurato delle ombre portate, ma è l’essere sovradimensionato a svelare che si tratta di un’illusione.


Luigi Benedicenti, Due fette di panettone con canditi (2009).

ART E DOSSIER N. 382
ART E DOSSIER N. 382
DICEMBRE 2020
In questo numero: ATTIVISMO, ARTE E SOCIETA': Intervista a William Kentridge. Banksy: l'artista invisibile. IN MOSTRA: Banksy a Roma, Enzo Mari a Milano, Cartier-Bresson a Venezia, Derain/Le Corbusier a Mendrisio, I Macchiaioli a Padova, Michelangelo a Genova.Direttore: Philippe Daverio