Grandi mostre. 5
Michelangelo a Genova

TESTIMONE ECCEZIONALEDI UN SECOLO STRAORDINARIO

Scultore, pittore, architetto, poeta, Michelangelo è protagonista di una ricca esposizione a Palazzo ducale che ripercorre, come ci racconta qui la cocuratrice, le vicende biografiche dell’artista toscano, scandite da incontri con importanti personalità del periodo rinascimentale, in grado di comprendere appieno il suo smisurato talento.

Cristina Acidini

Una mostra su Michelangelo, divino artista a Genova, in quel maestoso Palazzo ducale che è al centro del sistema culturale della città, si presta a varie letture. 

In questo periodo complicato, che vede tutta l’Italia impegnata a uscire dagli impedimenti e dai ritardi determinati dall’emergenza da pandemia recuperando il tempo perduto anche sul versante della cultura - e che in particolare trova Genova protagonista di un ammirevole ritorno alla normalità grazie al nuovo ponte San Giorgio -, una mostra di così alta intensità storica e artistica porta con sé la carica simbolica di una rinascita, nel segno - l’assonanza non è casuale - del Rinascimento. E di quella stagione della storia italiana, tormentata spiritualmente e politicamente ma splendida nelle arti, Michelangelo Buonarroti fu secondo i contemporanei, e continua a essere anche nel sentire odierno, uno dei vertici più eccelsi. 

L’eccezionalità della figura di Michelangelo, che si esprimeva in quattro arti diverse in quanto scultore, pittore, architetto e poeta, è strettamente legata alle sue opere, uniche nella storia dell’arte di tutti i tempi per la tensione morale, l’energia della forma, la complessità dei concetti espressi. 

Ma non meno straordinario è il suo percorso biografico, segnato da incontri decisivi con personaggi d’alto rango, in posizioni chiave nella società, che intesero la grandezza del suo talento e gli consentirono di manifestarsi pienamente.


Le opere riprodotte in questo articolo, dove non diversamente indicato, sono conservate nella Casa Buonarroti di Firenze.
Madonna della scala (1490 circa).

Opere uniche nella storia dell’arte di tutti i tempi per la complessità dei concetti espressi


Appunto gli incontri che costellano la lunga la vita del Buonarroti (1475-1564), segnano il filo rosso che collega gli oltre centosettanta oggetti esposti: le opere d’arte - tra le quali svetta la giovanile Madonna della scala -, i documenti, le foto d’autore, i video, gli apparati. 

La stretta collaborazione tra il Palazzo ducale e la Fondazione Casa Buonarroti di Firenze ha reso possibile l’esposizione non solo di sculture michelangiolesche, come il modelletto del Dio fluviale e il Crocifisso ligneo abbozzato per il nipote Lionardo, oltre alla Madonna della scala (sopra citata), ma anche di un nucleo di disegni di figura e di fortificazioni, lettere, poesie autografe. 

Mirabili di per sé, i disegni e i documenti - che com’è noto stanno abitualmente chiusi al buio, ed escono in rare circostanze espositive dopo attente valutazioni - sono altrettanti varchi aperti verso la vita di Michelangelo e i suoi incontri con committenti prestigiosi e potenti, così come con amici e persone care. Nell’attraversare quasi un secolo di guerre, di violenze e di cru ciali rivolgimenti mentre prendeva forma lo scenario politico europeo nel quale tuttora ci muoviamo, Michelangelo si mantenne vicino al potere senza farsene distruggere e neppure troppo condizionare, in ragione del suo carattere indipendente e risoluto.


Dio fluviale (1524-1527 circa).

Crocifisso ligneo (1525 circa).


Studi per la testa della Leda (1530 circa).

Poté assistere, spesso essendo coinvolto, agli ultimi splendori dell’età di Lorenzo il Magnifico e alla cacciata della famiglia Medici, alla predicazione apocalittica del Savonarola, all’ascesa di Roma sotto Giulio II e ai papati dei Medici, alla tragedia del Sacco di Roma e all’assedio delle truppe imperiali alla fragile Repubblica fiorentina, al nuovo autoritario regime mediceo e all’esilio degli oppositori (tra i quali, volontariamente, lui stesso), al nuovo splendore dell’Urbe sotto Paolo III e i suoi successori, al profilarsi della Controriforma e ad altro ancora. 


Un busto di Bruto, copia dell’originale conservato al Museo nazionale del Bargello a Firenze


Nessun altro artista di ieri e di oggi ha mai potuto vantare d’aver frequentato sotto il proprio tetto due futuri pontefici da giovinetti (Leone X e Clemente VII, di stirpe medicea), o di aver servito ben sette papi, o di aver intrattenuto rapporti diretti con mecenati della grandezza del Magnifico e dei reali di Francia, Francesco I di Valois e la nuora Caterina de’ Medici. E altrettanto rilevanti furono le sue frequentazioni private, d’amicizia e di affetti con Tommaso de’ Cavalieri e Vittoria Colonna, di rischiosa sintonia politica con i fuorusciti fiorentini a Roma, come lui avversi al regime mediceo e in sostanza esiliati. A questo proposito, la mostra presenta una novità: un busto di Bruto, versione pure cinquecentesca e marmorea dell’originale conservato al Museo nazionale del Bargello a Firenze. Il busto, esposto per la prima volta dopo lo studio di Silvia Danesi Squarzina, appartiene alla collezione Colonna a Roma. Questa copia fedele, eseguita in presenza del Bruto fiorentino (l’unico busto mai scolpito da Michelangelo), testimonia che il pericoloso soggetto del “tirannicida” non restò confinato tra il cardinal Ridolfi e il suo segretario Donato Giannotti - i destinatari dell’originale -, ma destò l’interesse di altri, probabilmente nel medesimo ambiente di esuli antimedicei.


Bruto (1539), Roma, Galleria Colonna.

Ed ecco infine uno spunto intrigante, che dà alla mostra genovese una speciale intonazione nostalgica, come di un risarcimento tardivo. Se c’è infatti un incontro “mancato”, è quello tra Michelangelo, Genova, la Liguria, che pure avrebbe potuto verificarsi. Pare infatti che gli venisse chiesto, alla fine degli anni Venti, di eseguire una statua in bronzo del grande ammiraglio Andrea Doria, statua che però non fece. E poi nella Vita di Michelangelo del 1553, a firma del suo fedele assistente Ascanio Condivi, si legge che Michelangelo, incalzato dall’aggressivo Paolo III Farnese appena eletto, nel 1534 «fu quasi per partirsi di Roma, et andarsene in sul Genovese, ad una Badia del Vescovo d’Aleria, creatura di Giulio [papa Giulio II Della Rovere, savonese di nascita] et molto suo amico [...] per essere luogo comodo à Carrara, et potendo facilmente condurre i marmi, per la oportunità del mare». In prossimità di cave e di porti, condizioni ideali per procurarsi i blocchi marmorei e spedire le statue finite, Michelangelo si sarebbe dedicato alla sua prediletta attività di scultore. Ma non vi andò e rimase a Roma, dove ebbe anche incarichi da pittore e architetto di altezza vertiginosa: il Giudizio sistino, la cappella Paolina, il Campidoglio, la cupola di San Pietro... Non resta che chiedersi se davvero, col trasferimento di Michelangelo «in sul Genovese», la storia dell’arte occidentale avrebbe preso un corso diverso.


Studi di figura per la Punizione di Aman nella volta sistina (1511 circa).


Cristo redentore (Cristo Giustiniani) (1514-1516), Bassano Romano (Viterbo), San Vincenzo Martire.

Michelangelo divino artista

a cura di Cristina Acidini con Elena Capretti e Alessandro Cecchi
Genova, Palazzo ducale
fino al 14 febbraio 2021
orario 10-19, lunedì chiuso
catalogo Sagep Editori S.r.l.
www.palazzoducale.genova.it

ART E DOSSIER N. 382
ART E DOSSIER N. 382
DICEMBRE 2020
In questo numero: ATTIVISMO, ARTE E SOCIETA': Intervista a William Kentridge. Banksy: l'artista invisibile. IN MOSTRA: Banksy a Roma, Enzo Mari a Milano, Cartier-Bresson a Venezia, Derain/Le Corbusier a Mendrisio, I Macchiaioli a Padova, Michelangelo a Genova.Direttore: Philippe Daverio