Dentro l'opera


L’ARTE COMEPROCESSO METABOLICO

di Cristina Baldacci

Un primo piano su opere meno note dal secondo Novecento a oggi, per scoprirne il significato e l’unicità nel continuum della storia dell’arte: Marzia Migliora, Paradossi dell’abbondanza #17

«Mangiare è il modo più semplice per contemplare questa vita indecisa e transgenere […]. Mangiare significa produrre un’equivalenza tra la carne altrui e la vostra carne»(1)

Che si tratti di cibo animale o vegetale, nutrirsi significa, come ci ricorda Emanuele Coccia, accogliere un corpo, cioè un organismo con un suo ciclo vitale, dentro a un altro corpo, il nostro, e sottoporlo a metamorfosi, finché non lo abbiamo assimilato facendolo rinascere come parte di noi. 

Anche l’arte è un processo metabolico che passa attraverso l’appropriazione e la risignificazione delle cose, grazie a una rielaborazione che non si arresta mai. Una “Durcharbeitung”, per riprendere un termine che Lyotard modella sulle orme di Freud, che per Marzia Migliora (Alessandria, 1972) comincia con una memoria famigliare, con un forte senso di appartenenza a una civiltà contadina, che è stata fulcro dell’identità italiana, alla quale ridare valore e voce nel e per il presente. 

Il lavoro agricolo, che dal rispetto dei cicli naturali è velocemente passato, con il colonialismo e l’industrializzazione, alle politiche di sfruttamento e consumo di massa, è da più di un ventennio al centro della sua ricerca e pratica artistica. Tra cui una serie di ventinove disegni a tecnica mista con cui, scegliendo il punto di vista di agricoltori, coloni, braccianti e migranti stagionali, Migliora ha raccontato, giustapponendo immagini provenienti da contesti e tempi diversi, i “paradossi dell’abbondanza” che come spettri popolano, condizionandola, la società neoliberale. 

L’ambiente come ecosistema in cui l’uomo vive relazionandosi con i suoi simili e con le altre specie e il lavoro come strumento sia di affermazione e partecipazione sociale, sia di oppressione delle minoranze più deboli, sono i due poli concettuali entro cui Migliora costruisce il suo immaginario. Lo si può osservare con particolare chiarezza in uno dei disegni di Paradossi dell’abbondanza #17. Dietro a una quinta di rigogliose piante spontanee, dove regna la (bio)diversità, avanza l’uniformità della monocoltura: un vasto campo di grano che, come un mare dorato, viene solcato da una nave militare. La metafora guerresca è rafforzata da una schiera di uomini inseriti a collage tra i due mondi, quello naturale e quello antropizzato. Resi anonimi da tute e maschere protettive, assomigliano più a soldati che a lavoratori, pronti a cospargere meccanicamente grandi quantità di pesticidi per abbattere la vegetazione naturale e preparare il terreno alla coltivazione. 

Come nella migliore tradizione dei “papiers collés” e dei fotomontaggi, gli accostamenti presenti nei Paradossi dell’abbondanza creano tra le immagini relazioni anacroniche e frizioni semantiche che inducono a pensare. L’assurdo, il paradosso, è la chiave di volta per sferzare una critica al sistema e far prendere coscienza allo spettatore, così com’è stato per esempio per le opere-manifesto dadaiste di Hannah Höch o per quelle concettuali e postmoderne di Martha Rosler(2)

Migliora riprende il titolo della serie dall’ultimo capitolo di uno dei suoi principali testi di riferimento: il libro d’indagine del giornalista britannico Tom Standage, Una storia commestibile dell’umanità (2009, traduzione italiana 2010), dove il cibo non è visto soltanto come elemento di sopravvivenza e civilizzazione, ma anche come merce e pertanto mezzo di dominazione sull’altro da sé; sia esso un uomo, un animale o una pianta. Non è un caso se, invece di scegliere di presentare i suoi disegni-collage in rassicuranti teche o cassettiere da museo, Migliora li dispone incorniciati su tavola in freddi carrelli di metallo a più piani, come quelli che si usano nelle mense, che poggiano su un cumulo di terriccio instabile, per quanto fertile. 

I personaggi, gli oggetti e le situazioni presenti nei Paradossi dell’abbondanza compongono l’universo visivo dell’ultimo progetto dell’artista, in mostra al museo MAGA di Gallarate (Varese) fino al 13 dicembre, Lo spettro di Malthus (dal nome dell’economista e demografo settecentesco che ha precorso la nascita della sociologia inglese). Attraverso un viaggio virtuale nelle viscere della terra, dove l’osservatore si immerge indossando un paio di occhiali VR, Migliora fa rivivere il fantasma di un’altra storia di soprusi sociali e ambientali, quella dell’estrazione del salgemma nelle miniere siciliane. 

Come a dire, citando L’uomo senza qualità di Musil, che «ogni progresso è anche un regresso».


Marzia Migliora, Paradossi dell’abbondanza #17, 2017-2020, collage e disegno su carta, 29 x 42 cm. L’opera è esposta fino al 13 dicembre al MAGA di Gallarate (Varese) in occasione della mostra Marzia Migliora. Lo spettro di Malthus.

(1) Cfr. E. Coccia, Eva, in Marzia Migliora. Lo spettro di Malthus, a cura di M. Lucchetti, pubblicazione uscita parallelamente all’omonima mostra al museo MAGA di Gallarate, Varese (10 ottobre - 13 dicembre 2020), p. 55; scaricabile al seguente link: http:// www.museomaga.it/eventi/388/cat_digital.
(2) Si pensi in particolare alla sua celebre serie di fotomontaggi House Beautiful: Bringing the War Home (1967-1972), dove l’ambiente e le abitudini domestiche dell’America benestante e borghese degli anni Sessanta-Settanta sono contrapposti a scene della guerra in Vietnam.

ART E DOSSIER N. 382
ART E DOSSIER N. 382
DICEMBRE 2020
In questo numero: ATTIVISMO, ARTE E SOCIETA': Intervista a William Kentridge. Banksy: l'artista invisibile. IN MOSTRA: Banksy a Roma, Enzo Mari a Milano, Cartier-Bresson a Venezia, Derain/Le Corbusier a Mendrisio, I Macchiaioli a Padova, Michelangelo a Genova.Direttore: Philippe Daverio