Tali etichette funsero da insuperato strumento di formazione in tutti gli stati legati dal Patto di Varsavia
Soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta, anche declinando in maniera autonoma modelli grafico-pubblicitari occidentali, tali etichette, i cui autori sono rimasti purtroppo in gran parte anonimi, funsero da insuperato strumento di formazione praticamente in tutti gli stati legati dal Patto di Varsavia. Se a primeggiare per numero di etichette prodotte fu la Cecoslovacchia - ben 10.354 quelle stampate tra il 1945 e il 1993, in gran parte in lingua ceca - l’Unione Sovietica non sfigurò di certo, replicando in formato minimo slogan e iconografie già ampiamente diffuse attraverso i manifesti. Anche singole repubbliche sovietiche, come la Lettonia, l’Estonia e la Lituania, ebbero in quegli anni una fiorente produzione autonoma nella lingua nazionale. E poi naturalmente gli esemplari stampati in Polonia, in Romania, in Bulgaria, in Ungheria, nella Repubblica Democratica Tedesca (RDT), tutti progettualmente accomunati da un unico imperativo: educare il popolo attraverso un messaggio al contempo immediato, chiaro e non da ultimo piacevole per l’occhio.
Veniamo quindi agli articolati messaggi iconici di queste pubblicità-progresso ante litteram, che per molti versi possiamo considerare effimeri oggetti di design di massa. Innanzitutto c’è la comunicazione politica, immancabile, con i suoi slogan e la sua simbologia. Ma, come insegna Warburg, Dio si nasconde nel dettaglio. Ed ecco così il mito della modernità e del benessere socialista celato nelle etichette che celebrano la conquista (sovietica) dello spazio, o in quelle che glorificano i progressi della scienza, della tecnologia e delle industrie nazionali, o che trattano eventi sportivi (naturalmente d’oltrecortina, come le Spartachiadi), oppure ancora in quelle che commemorano avvenimenti e personaggi che hanno segnato profondamente la storia di quei paesi. L’aspetto più sorprendente di queste etichette è però il loro toccare, con finalità educative, ogni aspetto della vita sociale, civile e culturale. Prendiamo un tema come l’ecologia, per esempio. Ci sono svariate serie incentrate sul rispetto dell’ambiente e della natura, da quelle che evidenziano la pericolosità dell’inquinamento industriale delle falde acquifere a quelle che, in modo spesso fiabesco, suggeriscono ai fanciulli dei semplici modi per aiutare gli animali ad affrontare il rigido inverno. L’educazione civica tocca molti aspetti della vita comune, dal rispetto delle norme stradali da parte di automobilisti e pedoni alla prevenzione degli incendi, fino a piccole attenzioni, come il non buttare i rifiuti per terra.
Non meno singolari le etichette dedicate all’educazione sanitaria, in tutti i suoi aspetti, specialmente a fini preventivi: l’igiene orale insegnata col sorriso ai bambini; l’importanza della ginnastica, eseguita anche con comuni oggetti domestici; la corretta alimentazione, ricca di frutta e verdura; la prevenzione di malattie al tempo molto diffuse e temibili, come il tetano, fino alle molte serie dedicate alla lotta al fumo e soprattutto all’alcol, messo spesso in relazione con la depressione - l’alcolista appare in alcuni esemplari intrappolato dentro una bottiglia - e con gli incidenti stradali.
Ma anche la cultura trovò nelle etichette dei fiammiferi dell’Est Europa un mezzo di diffusione: proprio grazie a questi manifesti in miniatura molte persone cominciarono a conoscere i principali monumenti nazionali o la flora e la fauna locale, e addirittura ebbero il loro primo approccio al teatro, alla letteratura, alla musica (anche contemporanea) e perfino al design d’interni. Un’epifania del quotidiano rinnovata di etichetta in etichetta, di serie in serie, di tematica in tematica.