XX secolo
Grafica pop-comunista dell’Est Europa

dio si nasconde nel
dettaglio

Propaganda, informazione, educazione concentrate in uno spazio millimetrico sono le caratteristiche visibili sulle etichette dei fiammiferi stampate nell’Est Europa tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Piccoli manifesti dove l’immediatezza del messaggio è accompagnata da una grafica essenziale e modernista.

Duccio Dogheria

All’interno della Storia dell’arte italiana pubblicata da Einaudi, Federico Zeri dedicò nel 1980 un illuminante saggio ai francobolli italiani; un racconto tra iconografia e iconologia, ideologia e grafica, dagli antichi stati al 1948. Tra gli autori di francobolli della penisola troviamo figure come Balla e Cambellotti, Sartorio e Marussig, ma il fenomeno non è solo italiano, e anche all’estero celebri artisti si cimentano nello stesso campo: il caso forse più noto è quello di Alphonse Mucha, autore tra il 1918 e il 1919 di alcune delle prime serie cecoslovacche. Anche quando condensato in un formato minimo, il progetto grafico può dunque essere oggetto di studio e ricerca, riuscendo a veicolare con efficacia un messaggio a un pubblico vasto quanto eterogeneo. 

A proposito di progetti millimetrici, un caso davvero singolare (quanto praticamente inedito) nella storia della grafica è quello che riguarda le etichette dei fiammiferi stampate nell’Est Europa, di fatto uno dei più diffusi documenti della cultura visiva di quei paesi. Davvero nulla di paragonabile alle etichette diffuse nel resto d’Europa: progettate e stampate direttamente dallo Stato, esse assolvevano una funzione innanzitutto politica. 

Nel loro formato minimo erano uno straordinario strumento di informazione, educazione e propaganda, anche grazie a forme di collezionismo promosse direttamente dai governi, che ne resero possibile un’ampia circolazione anche tra i non fumatori, bambini compresi. Oltre che incollate sulle scatole di fiammiferi, si potevano trovare anche sciolte, in tutta la loro freschezza tipografica, grazie a particolari convenzioni tra gli stampatori e le numerose associazioni di collezionisti.


Lui pensa correttamente, la ginnastica è importante, da una serie della Repubblica Democratica Tedesca (1960-1965).


Gli autori delle etichette di fiammiferi illustrate in questo articolo sono anonimi. Prevenzione degli incendi, da una serie della Lettonia (1950-1960).

Tali etichette funsero da insuperato strumento di formazione in tutti gli stati legati dal Patto di Varsavia


Soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta, anche declinando in maniera autonoma modelli grafico-pubblicitari occidentali, tali etichette, i cui autori sono rimasti purtroppo in gran parte anonimi, funsero da insuperato strumento di formazione praticamente in tutti gli stati legati dal Patto di Varsavia. Se a primeggiare per numero di etichette prodotte fu la Cecoslovacchia - ben 10.354 quelle stampate tra il 1945 e il 1993, in gran parte in lingua ceca - l’Unione Sovietica non sfigurò di certo, replicando in formato minimo slogan e iconografie già ampiamente diffuse attraverso i manifesti. Anche singole repubbliche sovietiche, come la Lettonia, l’Estonia e la Lituania, ebbero in quegli anni una fiorente produzione autonoma nella lingua nazionale. E poi naturalmente gli esemplari stampati in Polonia, in Romania, in Bulgaria, in Ungheria, nella Repubblica Democratica Tedesca (RDT), tutti progettualmente accomunati da un unico imperativo: educare il popolo attraverso un messaggio al contempo immediato, chiaro e non da ultimo piacevole per l’occhio. 

Veniamo quindi agli articolati messaggi iconici di queste pubblicità-progresso ante litteram, che per molti versi possiamo considerare effimeri oggetti di design di massa. Innanzitutto c’è la comunicazione politica, immancabile, con i suoi slogan e la sua simbologia. Ma, come insegna Warburg, Dio si nasconde nel dettaglio. Ed ecco così il mito della modernità e del benessere socialista celato nelle etichette che celebrano la conquista (sovietica) dello spazio, o in quelle che glorificano i progressi della scienza, della tecnologia e delle industrie nazionali, o che trattano eventi sportivi (naturalmente d’oltrecortina, come le Spartachiadi), oppure ancora in quelle che commemorano avvenimenti e personaggi che hanno segnato profondamente la storia di quei paesi. L’aspetto più sorprendente di queste etichette è però il loro toccare, con finalità educative, ogni aspetto della vita sociale, civile e culturale. Prendiamo un tema come l’ecologia, per esempio. Ci sono svariate serie incentrate sul rispetto dell’ambiente e della natura, da quelle che evidenziano la pericolosità dell’inquinamento industriale delle falde acquifere a quelle che, in modo spesso fiabesco, suggeriscono ai fanciulli dei semplici modi per aiutare gli animali ad affrontare il rigido inverno. L’educazione civica tocca molti aspetti della vita comune, dal rispetto delle norme stradali da parte di automobilisti e pedoni alla prevenzione degli incendi, fino a piccole attenzioni, come il non buttare i rifiuti per terra. 

Non meno singolari le etichette dedicate all’educazione sanitaria, in tutti i suoi aspetti, specialmente a fini preventivi: l’igiene orale insegnata col sorriso ai bambini; l’importanza della ginnastica, eseguita anche con comuni oggetti domestici; la corretta alimentazione, ricca di frutta e verdura; la prevenzione di malattie al tempo molto diffuse e temibili, come il tetano, fino alle molte serie dedicate alla lotta al fumo e soprattutto all’alcol, messo spesso in relazione con la depressione - l’alcolista appare in alcuni esemplari intrappolato dentro una bottiglia - e con gli incidenti stradali. 


Pubblicità-progresso ante litteram, che per molti versi possiamo considerare effimeri oggetti di design di massa


Ma anche la cultura trovò nelle etichette dei fiammiferi dell’Est Europa un mezzo di diffusione: proprio grazie a questi manifesti in miniatura molte persone cominciarono a conoscere i principali monumenti nazionali o la flora e la fauna locale, e addirittura ebbero il loro primo approccio al teatro, alla letteratura, alla musica (anche contemporanea) e perfino al design d’interni. Un’epifania del quotidiano rinnovata di etichetta in etichetta, di serie in serie, di tematica in tematica.


L’igiene orale insegnata ai bambini, da una serie della Cecoslovacchia (1964).


Insegnare ai bambini ad aiutare gli animali in inverno, da una serie della Lituania (1950-1960).

Commemorazione della conquista sovietica dello spazio, da una serie dell’Ungheria (1960-1970);


Commemorazione per i cinquant’anni dell’Esercito sovietico da una serie dell’Estonia (1968).

Non confondere, da una serie della Romania realizzata per educare al rispetto dell’ambiente (1960-1965);


Prevenzione degli incidenti stradali, da una serie della Lituania (1950-1960).

Il formato ridotto e l’imperativo dell’immediatezza del messaggio veicolato hanno portato a delineare per tali etichette uno stile grafico estremamente sintetico, stilizzato e modernista, cromaticamente incentrato su colori piatti, totalmente privi di chiaroscuro, in cui il lettering diventa spesso un tutt’uno con l’immagine, fondendosi con essa. Un mezzo che è finemente messaggio, fulmineo, versatile, di massa, intriso della situazione sociopolitica di quei paesi in quegli anni - e dunque documento storico -, ma al contempo sorprendentemente contemporaneo. A dimostrare la freschezza di queste etichette è, tra le altre cose, il loro successo nei blog di alcuni web designers, attratti da queste immagini vintage, soprattutto cecoslovacche, che anticipano per molti versi la grafica “flat” (piatta, senza l’uso di effetti tridimensionali) dominante nella rete.


Commemorazione per i cinquant’anni dell’Esercito sovietico da una serie dell’Unione Sovietica (1968).

ART E DOSSIER N. 312
ART E DOSSIER N. 312
LUGLIO-AGOSTO 2014
In questo numero: AI WEIWEI Più forte del silenzio; IL TRIONFO DELLA DECORAZIONE Il medioevo in automobile; Propaganda e scatole di fiammiferi; Crane, l'illustratore; Victoria and Albert Museum. IN MOSTRA: Michelangelo/Pollock, Veronese. Direttore: Philippe Daverio I profeti del campanile di Martino MascherpaEstate al muba di Ilaria Ferrarisstorie a strisce - A Linus tutti debbono qualcosa di Sergio Rossitriennale di yokohama di Cristina Baldacciblow up - Capellini, Capitale umano, Xerra di Alberta Gnugnoliarte in confitto - Petrolio e potere di Federica ChezziXXI secolo - Ai Weiwei - Canterei con la gola arrochita di Elena AgudioGrandi mostre. 1 Pollock e Michelangelo a Firenze - La pittura e il furore di Sergio RisalitiXX secolo - Grafica pop comunista nell’Est Europa - Dio si nasconde nel dettaglio di Duccio DogheriaStudi e riscoperte. 1 Araldica e Medioevo nelle automobili - Nobili antenati di Marco BussagliStudi e riscoperte. 2 Charles Rennie Mackintosh acquerellista - Non solo per diletto di Monica BracardiStudi e riscoperte. 3 Walter Crane - L’artista operaio di Beatrice FerrarioMusei da conoscere - Il Victoria and Albert Museum a Londra - La grotta di Alì Babà di Massimo NegriStudi e riscoperte. 4 Il concetto di “decorazione totale” - Magnifica follia, illimitata fantasia di Mauro ZanchiGrandi mostre. 2 Paolo Veronese a Verona - Gioia, bellezza, riso e non solo di Gloria Fossila pagina nera - In caserma è prigioniero un tesoro tutto intero di Fabio IsmanAste e mercato a cura di Daniele Liberanomein tendenza -Geneticamente rivoluzionario di Daniele Liberanomeil gusto dell’arte - Birra mon amour di Ludovica SebregondiLibri a cura di Gloria Fossi100 mostre a cura di Chiara Senesi In allegato il dossier ''William Morris'' di Alberta Gnugnoli: una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia