L’EREDITà DI MORRIS

Subito dopo la morte di Morris apparvero numerosi articoli che definirono la sua esperienza politica come pura buffoneria, frutto di un cuore caldo e di un entusiasmo male interpretato che comunque non indicavano la forza dell’uomo ma la sua debolezza, qualcosa di assolutamente incomparabile con l’opera del suo genio. Un’importante mostra del 1934 al Victoria and Albert Museum per le celebrazioni del centenario della nascita ignorò totalmente il tema. La seconda metà del XX secolo ha visto invece una costante inversione di tendenza confermata dalla grande mostra al Victoria and Albert Museum del 1996 per il centenario della morte. Comunque le recenti analisi e celebrazioni che si sono occupate dell’attività politica di Morris non hanno condotto a una reintegrazione della stessa nell’opera totale di questo artista. Forse perché hanno riconosciuto ciò che sarebbe stata un’amara verità per lo stesso Morris, cioè che il suo socialismo non ha avuto alcun significativo impatto nel quadro politico del XX secolo e che il suo ardente idealismo non ha fornito alcun utile modello per l’azione reale. Al contrario, il Morris teorico e l’instancabile creatore sono rimasti pienamente vivi con un’influenza vasta e multiforme, dall’India all’America, all’Australia, all’Europa. Per tutto il XX secolo i prodotti della Morris & Co. si sono confermati vitalmente popolari indipendentemente da ogni programma politico o etico dello stesso Morris. Al di là del successo commerciale, lo stile Morris fece particolarmente presa sui nazionalisti. Nel tardo Ottocento e inizio del Novecento l’Europa fu animata da un’ondata di orgoglio nazionalista che, all’inesorabile avanzata della modernizzazione, reagiva con un revival di valori etnici e vernacolari come aspirazione a un’identità. Dopo il 1896, data di morte dell’artista, in un’atmosfera di reazionarismo, Morris, insieme al movimento delle Arts and Crafts, divenne l’epitome dello stile inglese. La scelta ufficiale della Morris & Co. di decorare parti del padiglione inglese all’esposizione di Parigi del 1900 fu come portare «la vecchia Inghilterra sulle rive della Senna », come si legge in un numero del “Magazine of Art” di quello stesso anno. Nell’assicurarsi la commissione per il trono dell’incoronazione di Giorgio V nel 1910, la ditta (attiva, come si è visto, fino al 1941) si era decisamente posizionata nel cuore dell’establishment inglese. 

I movimenti radicali delle arti applicate che fiorirono ovunque in Europa alla svolta del XX secolo riconobbero, come testimoniano le parole del designer belga Henry van de Velde, che «i due grandi apostoli del nuovo movimento sono stati Ruskin e Morris». Nikolaus Pevsner nel 1936, nel suo volume Pionieri del movimento moderno: da William Morris a Walter Gropius, andò oltre sostenendo che «Morris ha gettato le fondamenta dello Stile Moderno; con Gropius il suo carattere è stato definitivamente stabilito». L’origine di questa famosa connessione fra Morris e Gropius è già nel proclama della Weimar Bauhaus del 1919: «Non c’è essenziale differenza fra l’artista e l’artigiano […] lasciamo cadere la distinzione di classe che ha sollevato una fiera barriera fra artigiano e artista». 

Molti anni prima, in una lettera al “Manchester Examiner” (1883), Morris poneva la questione a un arrogante mondo artistico e a un pubblico disorientato: «Che cosa abbiamo noi a che fare con l’arte se non la condividiamo tutti?». Oggi, faremmo bene a ricordare che Morris fu una singola persona e non una collezione di isolate individualità. Ci aiuterebbe a dare un senso a quello che ha detto e fatto.


copertina di un catalogo della Morris & Co. con una foto del negozio di George Street a Londra (1920 circa).

Campionario di carte da parati della Morris & Co. (1905); Londra, Victoria and Albert Museum.


William Morris fotografato pochi anni prima della morte nello studio di Kelmscott House, Londra.


Suite di prima classe del transatlantico Titanic con velluto di Utrecht ispirato ai motivi floreali di Morris.

WILLIAM MORRIS
WILLIAM MORRIS
Alberta Grugnoli
Un dossier dedicato a William Morris. In sommario: L'uomo; La Red House e la nascita dell'impresa collettiva; Morris attivista politico; Morris e le arti decorative; L'artista come imprenditore; L'eredità di Morris. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.