Grandi mostre. 3
Van Gogh a Padova

CONTEMPLANDO
LA NATURA

Inquieto, tormentato, schivo ma anche sensibile e gentile, Van Gogh è protagonista di una mostra volta a sondare il suo carattere e a ricostruire la sua vita in un serrato intreccio con la sua ricerca artistica. Ce ne parla qui il curatore.

Marco Goldin

Una domanda forse paradossale, nella sua semplicità: com’era Van Gogh? La mostra di Padova cerca di spiegarlo, ancor meglio che raccontarlo. Attraverso tanti capolavori, sia della pittura sia del disegno e con il riferimento continuo alle lettere, scritte non solo al fratello Theo ma anche ad altri. Pittori come Gauguin, Bernard e Signac, componenti della famiglia come la madre o la prediletta sorella Wil, o gli amici di Arles, dal postino Roulin ai gestori del Café de la Gare, i coniugi Ginoux. Una mostra che non ha desiderio di vuoto sensazionalismo ma vuole unire la bellezza e la qualità delle opere alla precisione nella ricostruzione della vita.

Com’era dunque Van Gogh? Theo scrive così a Wil: «È come se in lui ci fossero due persone differenti, una meravigliosamente dotata, sensibile e gentile, e l’altra fredda ed egoista. Queste due persone si alternano, tanto che la prima segue un modo di ragionare e poi arriva la seconda, e sempre con argomentazioni favorevoli o contrarie. È un vero peccato che egli sia il peggior nemico di se stesso, perché in questo modo non solo rende difficile la vita agli altri, ma soprattutto la complica a sé».

Era anche un vero idealista, il suo animo possedeva una sensibilità fuori del comune ed era uno straordinario pensatore


Era il modo per dire come Vincent facesse del male a se stesso non riuscendo a mantenere un equilibrio tra queste distinte realtà che premevano in lui. Ma come lo stesso pittore percepisse perfettamente il problema, lo sappiamo anche da alcune auto-confessioni, le quali in forma di lettera ci forniscono la percezione di come si riconoscesse.

Scrive a Theo dall’Aja il 6 luglio 1882: «Non credere che mi ritenga perfetto - o che io pensi di non essere responsabile del fatto che tante persone mi considerino sgradevole. Molte volte divento malinconico, in modo terribile, e poi noioso, irritabile - cerco compassione come se avessi fame o sete - quando non la ottengo fingo di essere indifferente, parlo con una certa durezza e mi capita di buttare dell’olio sul fuoco.


Paesaggio con covoni e luna nascente (1889), Otterlo, Kröller-Müller Museum.

Non mi piace stare in compagnia e in mezzo alle persone, parlarci insieme è per me doloroso e complicato. Ma sai qual è la causa di quasi tutto ciò? Semplicemente la mia irritabilità - questa straziata sensibilità sia fisica sia interiore che è entrata dentro di me negli anni in cui sono stato profondamente infelice. Chiedilo a un medico e capirà immediatamente come le notti trascorse nel freddo della strada o fuori delle porte, l’ansia di procurarsi il pane, la costante tensione perché non avevo realmente un lavoro, la tristezza rispetto agli amici e alla famiglia, tutto ciò è responsabile di almeno tre quarti degli aspetti del mio carattere - non si può attribuire a questo il fatto che io abbia talvolta un carattere scostante o periodi di depressione?».

Van Gogh era tutto meno che una persona semplice. Era ossessivo, anche ossessionante nelle sue passioni, pretendeva la massima attenzione per ciò che diceva, senza transigere mai. Come egli stesso riconosce nella lettera appena citata, era incapace di mantenere relazioni sociali.
Era assai sensibile alle critiche che gli venivano rivolte e se ne doleva molto, ma era a sua volta spietato e tagliente nei giudizi che dava sugli altri, senza alcuna capacità diplomatica. Questo atteggiamento allontanava da lui le persone. In fin dei conti, il solo rapporto che ha saputo conservare per tutta la vita è stato quello con il fratello Theo. E anche in quel caso non sono mancate le turbolenze e le sospensioni.

Era però anche un vero idealista, il suo animo possedeva una sensibilità assolutamente fuori del comune ed era uno straordinario pensatore. Un artista che amava sinceramente il lavoro degli altri, per un altruismo che gli ha sempre fatto anteporre il bene e dare spazio alla riconoscibilità appunto degli altri piuttosto che coltivare la sua. E questo non è di sicuro accaduto solo con Gauguin, il caso certamente più eclatante in tal senso.

Era un artista che desiderava per sé e per il suo lavoro quanto egli stesso andava cercando nell’arte e nella letteratura, attraverso una conoscenza davvero di prim’ordine. Nell’arte di tutti i tempi, nelle pagine della letteratura che amava, Van Gogh era alla ricerca certamente di un conforto, quasi di un senso di protezione, un mantello da gettarsi sulle spalle. Non a caso la figura del buon samaritano lo interesserà fino alla fine, avendola anche dipinta traendola da Delacroix. Poi era sempre alla ricerca della verità, per lui una forma imprescindibile di vita, senza la quale non poteva stare, senza il cui battito ininterrotto non avrebbe mai potuto dipingere.


Paesaggio a Saint-Rémy (1889), Copenaghen Ny Carlsberg Glyptotek.

In assenza dell’immagine della vita, permane il colore di cui quella stessa opera è tessuta

Tutto questo passava da un sentimento contemplativo che si esprimeva soprattutto in un rapporto assoluto con la natura. Quella contemplazione che generava l’immagine della bellezza alla quale il vero artista era chiamato a rispondere con le sue opere. Sono punti cardinali sui quali Van Gogh ha edificato quella sua stupefacente continuità tra la vita e l’opera.

Egli si autonomina come un messia, un profeta dell’avvenire, il pittore del futuro. Quando il suo futuro verrà. Dopo la sua morte. Così è il pittore eroe, e su questo tema la mostra di Padova continuamente si interroga, tra l’altro partendo da tre straordinari quadri di Bacon che lo ritraggono mentre rincasa dal lavoro nei campi di grano. Appunto come un eroe anche tragico. È in quel momento che egli ritorna nel suo mondo con il quadro, così come Mosè scese dal monte Sinai con le Tavole della legge. Così come Prometeo salì al cielo, rubò il fuoco agli dei e ridiscese sulla terra.

Ascendere ha ancora a che fare con la simbologia cristiana e Van Gogh è precisamente questa figura dell’eroe che creando dà accesso a un nuovo mondo. Il quadro diventa il simbolo concreto del viaggio, ciò che giunge da regioni non frequentabili da altri e tuttavia raffigurante la loro esistenza. Umano e divino si sommano nell’opera di Van Gogh. La creazione di una figura, naturale e umana, attraverso il segno e il colore, fissa ciò che altrimenti scomparirebbe. In questa esperienza sapienziale il segreto della vita trova la sua identificazione.

Van Gogh è diventato un eroe universale, quel tipo di eroe che con la morte giunge a una rappresentazione riassuntiva di sé, tale da esprimerla in eterno attraverso la sua opera. Per cui, in assenza dell’immagine della vita, permane - per sempre - il colore di cui quella stessa opera è tessuta. La vita verrà soffiata via «in piena lucidità», come dirà a Theo. Resteranno colori che nessuno mai aveva creato così. Exit Van Gogh.


Di Francis Bacon, Studio per un ritratto di Van Gogh I (1956), Norwich University of East Anglia, Robert and Lisa Sainsbury Collection Sainsbury Centre.


Di Francis Bacon, Studio per un ritratto di Van Gogh IV (1957), Londra, Tate.


Di Francis Bacon, Studio per un ritratto di Van Gogh VI (1957), Londra, Arts Council Collection Southbank Centre.


Sentiero nel parco (1888), Otterlo, Kröller-Müller Museum.

Jean-François Millet, Il seminatore (1847-1848), Cardiff, National Museum Wales, National Museum Cardiff.

Van Gogh. I colori della vita

a cura di Marco Goldin
Padova, Centro Altinate San Gaetano
fino all’11 aprile 2021
orario 10-18, venerdì 10-19, sabato 9-20, domenica 9-20
catalogo Linea d’ombra
www.lineadombra.it

ART E DOSSIER N. 381
ART E DOSSIER N. 381
NOVEMBRE 2020
In questo numero: LUOGHI MAGICI: Il castello del Buonconsiglio a Trento. Le nuove gallerie del Museo scienza e tecnologia di Milano. Le beatitudini del Romanico. IN MOSTRA: Untitled, 2020 a Venezia. Accardi a Milano. Van Gogh a Padova. Tiepolo a Milano. Gentileschi a Cremona.Direttore: Philippe Daverio