XX secolo. 2
Il gruppo e la rivista “Dau al Set”

avanguarDia
MAGICA

La rivista “Dau al Set” e il gruppo collegato sono al centro della vita artistica barcellonese durante il secondo dopoguerra; uno stimolo al rinnovamento delle arti con un forte legame con le avanguardie europee e americane.

Romina Viggiano

Nel 1939, la fine della guerra civile spagnola sancisce l’inizio di un lungo periodo di dittatura. Parallelamente alla mostra sull’“arte degenerata” del 1937, che sottolinea la scelta antimoderna della Germania nazista, e all’allontanarsi di Mussolini dal futurismo, anche Franco opterà per la tradizione e la monumentalità. Molti artisti spagnoli o decideranno di esiliarsi dall’altra parte dell’oceano o in Francia, dove era consuetudine soggiornare per scoprire le innovazioni delle avanguardie. Dopo la seconda guerra mondiale, l’instabilità politica sarà sfruttata per riattivare la mediocrità della realtà circostante; nonostante la mancanza di coesione e il disorientamento, cresce così un processo socioculturale complesso e vivace, attivo nella trasformazione degli schemi immobili da decenni imposti con la forza. Questa spinta si concluderà nel decennio seguente alla fine della seconda guerra mondiale, con la definitiva accettazione (e il conseguente utilizzo) delle novità da parte del regime franchista e, quindi, con la loro “normalizzazione” nell’ambito artistico internazionale. 

Il contrattacco culturale dei gruppi sorti alla fine degli anni Quaranta - in primo luogo con la scuola di Altamira e le Settimane d’arte a Santillana del Mar (1949- 1950), ispirate da Mathias Goeritz - ha come centro Barcellona, luogo cosmopolita da sempre ricettivo nei confronti degli influssi stranieri, che vive allora un momento di dinamizzazione artistica, contesto in cui si sviluppa il movimento Dau al Set. Il periodo è molto studiato in patria ma non in Italia(1); sono anni in cui si organizzano i Saloni di ottobre (1948-1957), le mostre della galleria El Jardín e i Cicli d’arte sperimentale, le attività del circolo Maillol dell’Istituto francese, nonché quelle dell’antica associazione Adlan(2) di Joan Prats, della rivista “Cobalto”, dei successivi gruppi Cobalto 49, Club 49 e i Saloni del Jazz. 

“Dau al Set” (letteralmente “la settima faccia del dado”) è la rivista d’arte mensile - fondata a Barcellona nel settembre del 1948 - che assegna il nome al gruppo artistico più celebre dell’avanguardia catalana posteriore alla guerra civile. Il collettivo è composto, fra gli altri, dal poeta Joan Brossa (1919-1998), dal critico d’arte e filosofo Arnau Puig (1926) e dai pittori Joan Ponç (1928-1984), Antoni Tàpies (1923-2012), Modest Cuixart (1925-2007) e Joan Josep Tharrats (1918- 2001). Successivamente si aggiunge il critico Juan Eduardo Cirlot (1916-1973), un’altra figura significativa nel panorama culturale del tempo. 


Il nome del gruppo simbolicamente suggerisce un’azione mentale, poetica e plastica oltre i limiti vigenti: cercare la settima faccia del dado, ossia la giocata impossibile


L’amicizia fra queste personalità distinte darà vita a un’esperienza comune, senza presupposti teorici a cui sottomettersi o da seguire. I sei protagonisti principali si incontrano nel 1946 probabilmente durante la mostra Els Blaus, nel quartiere di Sarrià, oppure in un’occasione di vendita della rivista letteraria “Algol”, fautrice della rivolta e dell’importanza del mistero e della magia; ognuno ha già un proprio orientamento definito. Brossa, poeta e drammaturgo, è il più strutturato e col tempo amplierà il suo campo d’azione con la poesia visuale e il poemaoggetto. Qualche anno prima, con il filosofo Puig, interessato ad abbattere i tabù e le convinzioni prestabilite, aveva divulgato l’unico numero di “Algol”. A questa pubblicazione collabora Ponç, pittore espressionista-drammatico di un mondo esoterico-onirico, protagonista della collettiva Els Blaus, considerata la prima mostra d’artisti catalani d’avanguardia dopo la guerra(3). In quest’epoca Tàpies sperimenta l’esteriorizzazione del proprio subconscio attraverso la materia; suo cugino Cuixart è ossessionato da un simbolismo immaginifico plasmato calligraficamente e Tharrats crea composizioni arbitrarie, partendo da elementi plastici prefissati. 

La formazione intellettuale dei “daulsetiani” è caotica ed eterogenea, e tuttavia complementare, avendo come legante la volontà di rottura e la negazione delle censure ideologiche, religiose o filosofiche, la derisione della tradizione e del folclore e il considerare qualsiasi tipo di classicismo un imperialismo camuffato. I componenti del gruppo rivelano uno spirito dadaista che denuncia i valori della società dominante, franchista, ma anche gli ideali borghesi, inoltre appaiono suggestionati dal procedimento creativo dell’automatismo surrealista. Si caratterizzano per la libertà di espressione e di esecuzione, per l’attenzione reciproca alle attività di ognuno e per l’interesse a tutto ciò che significa innovazione, soggettività e anticonformismo. Il nome del gruppo simbolicamente suggerisce un’azione mentale, poetica e plastica oltre i limiti vigenti: cercare la settima faccia del dado, ossia la giocata impossibile.


Joan Ponç, Alucinaciones III (1947).


Antoni Tàpies, Parafaragamus (1949), Barcellona, Fundació Antoni Tàpies.


Los ojos del follaje (1949).

(1) Molte le retrospettive come Dau al Set: el foc s’escampa: Barcelona 1948-1955, Barcellona 1998 o Tránsitos, artistas españoles antes y después de la guerra civil, Madrid 1999. L’unico critico italiano che affronta l’argomento è E. Crispolti, L’informale. Storia e poetica: in Europa 1940-1951, Assisi-Roma 1971.
(2) Amics de l’Art Nou è l’associazione, creata nel 1932, importante per la cultura catalana degli anni Trenta; vi partecipano Eduardo Westerdahl, Ángel Ferrant, Lluís Sert. Nel dicembre 1934 pubblica “D’Ací i d’allà”, dedicata all’arte moderna: prima rivista catalana sulla produzione artistica del Novecento e punto di riferimento per tutta l’arte successiva.
(3) Si intitola Tres pintores, August Puig, Joan Ponç e Pere Tort i un escultor, Francesc Boadella, Barcellona 1946.

La preoccupazione esistenzialista circa le incognite della vita e dell’uomo, sulla presenza del male, è fondamento di opere che visualizzano un mondo fantastico e onirico. Inizialmente Dau al Set riprende e rimescola gli stili degli artisti sopravvissuti alla guerra: l’avanguardia catalana di Dalí e Miró(4), la tradizione magica, fino a Klee e a Ernst, accostandovi un po’ del romanticismo di Friedrich e dell’innocenza di Rousseau e Chagall. L’evoluzione - simile a quella del nordico CoBrA però meno aggressiva - supera la dicotomia tra figurazione e non figurazione, propone opere aperte, tecniche sperimentali e un’alternativa alla pittura “saggia” della scuola di Parigi e alle sperimentazioni del surrealismo internazionale, così facilitando il rinnovamento dell’arte e l’apertura di un rapporto con l’Informale. 

Nasce un nuovo linguaggio autoctono, intessuto di forme e simboli, promotore di un immaginario e una mitologia comuni dove l’eredità surrealista è tradotta in visioni notturne, corrosive e trascendenti, in sintonia con l’ambito letterario-filosofico del movimento e con numerose allusioni alla matematica, alla cabala, all’ermetica e alla musica. Il critico d’arte Cirlot parla di “magicismo”: «Conseguenza dell’interesse risvegliato dalla magia, nelle sue relazioni con il surrealismo […] e anche dall’interesse per il settore più oscuro del realismo magico, si sta producendo un divampare profondo e grave di filiazione strettamente magica, con espressioni nella lirica e nella plastica»(5). Dau al Set plasma un mondo interiore, spazi cosmici abitati da strane presenze, esseri fantastici e mostruosi, a volte tendenti a un magnetismo malefico e perverso. Le pitture magiciste non hanno una sequenza narrativa e nemmeno un’azione, i mostri semplicemente riposano in un paesaggio aperto, vuoto, con colori vivi e luce lampeggiante, in un clima anticlassico di tragedia. Gli elementi concreti sembrano decontestualizzati e lo spazio plastico è sottoposto a tensioni inconciliabili - tra il doppio sistema rappresentativo di tridimensionalità, prospettico, e di bidimensionalità, calligrafico, con zone piane di colore, “frottages” e proporzioni errate - che provocano un senso di instabilità del quadro rafforzandone il senso di straniamento. Esempi enigmatici sono Los ojos del follaje e Parafaragamus di Tàpies, nonché tutta la serie Alucinaciones di Ponç o Maascro di Cuixart.


Joan Brossa, Modest Cuixart, Joan Ponç, Joan Josep Tharrats, René Metras e Antoni Tàpies in una fotografia di Enric Tormo (1949).


Joan Ponç, Homenatge a Louis Armstrong (1951).

(4) Già dal principio, nel gruppo esistono due fronti: Brossa, Cuixart e Tàpies dalla parte di Miró (il gallerista Joan Prats li presenterà nel 1949); Ponç, Puig e Tharrats, seguaci di Dalí, che visiteranno nella residenza a Port Lligat nel 1950 (accompagnati dal poeta surrealista J. V. Foix).
(5) E. Cirlot, Diccionario de los ismos, Barcellona 1949.

Il gruppo si caratterizza per la libertà di espressione e di esecuzione, per l’attenzione reciproca alle attività di ognuno


In concomitanza con l’uscita della rivista, i sei giovani iniziano un’interessante avventura appoggiati da galleristi, intellettuali, critici e teorici che favoriscono i loro orientamenti e collaborano alla loro divulgazione. In modo particolare, Cobalto 49 e Club 49 organizzano brevi mostre personali e collettive del gruppo: nell’autunno del 1948, Tàpies e Cuixart espongono nel primo Salone di ottobre; l’anno seguente vi partecipano insieme ai “maestri” Dalí, Miró, Picasso e Torres Garcia; successivamente si ritrovano in un’esposizione a loro dedicata, itinerante, a Palma di Maiorca(6). Inoltre il critico Eugenio d’Ors li presenterà a Madrid nel VII Salón de los Once(7)

Nel 1951 s’intuisce l’imminente rottura del gruppo, in patria le agitazioni sociali distolgono l’attenzione del pubblico dal movimento e il soggiorno parigino di Tàpies e Cuixart accentua l’incomprensione tra Brossa e Tharrats; ciò nonostante viene allestita l’unica mostra intitolata Dau al Set(8), in cui espongono tutti gli artisti, con opere pittoriche, testi e pubblicazioni di Puig e Cirlot, pezzi teatrali e poemi sperimentali di Brossa. Questa collettiva chiude un’epoca, è quasi una retrospettiva; è visibile l’intero percorso daulsetiano, dal predominio del lirismo brossiano alla progressiva evoluzione verso l’astratto e l’Informale, a volte con un avvicinamento a temi sociali. Il gruppo è ormai disperso, Ponç si trasferirà in Brasile e Tharrats avrà l’egemonia nella rivista. In Spagna il 1951 è l’anno del cambiamento della politica culturale: si tiene a Madrid la prima Biennale d’arte ispanoamericana, dove il regime si pubblicizza come promotore di manifestazioni artistiche, e a cui Tàpies, Cuixart, Ponç e Tharrats partecipano nella sala «degli insensati o dei pazzi»(9). L’ultima apparizione unitaria delle opere di Dau al Set avviene, con difficoltà, nella mostra Arte Fantástico, a Madrid nel 1953(10), organizzata da Antonio Saura che, formando nel 1957 il gruppo El Paso, si ricorderà dello spirito daulsetiano recuperandone l’eredità. 

L’indubitabile valore storico di Dau al Set aumenta grazie al talento manifestato dai suoi componenti anche dopo la scissione: Ponç, con la sua grafia fantasmatica e miniaturista è l’unico che continua i principi magicisti; Tàpies dal 1952 utilizzerà il linguaggio della materia, della texture e delle impronte; Cuixart, dal 1954 pratica un “neosimbolismo” della crudeltà e del colore; infine Tharrats si avvicina a uno spazialismo formale attento alle qualità della materia. 

Il MoMA di New York annovera il periodico letterario e artistico “Dau al Set” tra le prime venti testate d’avanguardia del XX secolo(11); una pubblicazione che si differenzia dal resto delle riviste dell’epoca(12) per lo spirito di modernità, la chiusura col passato, il significato globale dell’arte che promuove e il legame con il surrealismo della fine del decennio. Infatti il primo scopo di “Dau al Set” è eliminare la sovranità del convenzionalismo estetico instaurando una nuova concezione delle arti che include la musica, soprattutto il jazz, la filosofia, l’arte popolare e quella primitiva. La pubblicazione diffonde i testi e disegni dei membri del gruppo e quelli degli artisti e degli scrittori più apertamente progressisti del momento: Juan Antonio Gaya Nuño, Rafael Santos Torroella, Ricardo Gullón, Sebastià Gasch, Cirici Pellicer, Michel Tapié, Ángel Ferrant, Mathias Goeritz e Dalí. “Dau al Set”, durante la sua storia, attraversa due tappe: fino al 1951 è un mensile o bimestrale, mentre nei cinque anni successivi Tharrats stamperà ventidue numeri senza una scadenza fissa, dedicati all’arte principalmente del Novecento e alla poetica informale. Il primo numero, datato settembre 1948, è il perfetto esempio dell’unità d’azione al quale partecipano tutti tranne Tharrats, comunque nominato come fondatore. Quest’ultimo si occupa dell’edizione, impaginazione, correzione e distribuzione e nonostante la mancanza di mezzi crea un’opera artigianale raffinata, con colori e carte diverse e spesso con l’inserimento di disegni originali. Il formato di 17,5 x 25 centimetri ha una tiratura oscillante tra cento e duecento esemplari, a eccezione dei due numeri finali, più grandi e con più copie. Di questi fascicoli una cinquantina sono riservati agli abbonati, gli altri vengono distribuiti clandestinamente o, se non venduti, regalati. È una rivista trilingue - spagnolo, catalano e francese - coscientemente diretta a un pubblico colto e d’élite che dato il suo carattere surrealista e l’indifferenza manifestata dal grosso della società spagnola, riesce a non avere problemi con la polizia e a scomparire non per ordine governativo, ma per la dissoluzione del gruppo.


Modest Cuixart, Maascro (1949), Barcellona, MACBA - Museu d’Art Contemporani.


Joan Josep Tharrats, Paris (1950), Pineda de Mar (Barcellona), Fundació Joan Josep Tharrats.


Joan Brossa e Joan Ponç, progetti per un numero di “Dau al Set” (1949), Mollet del Vallès (Barcellona), Museo Abelló.

(6) Exposición antologica de arte contemporaneo, Barcellona 1949; Un aspecto de la joven pintura, Barcellona e Palma di Maiorca 1950.
(7) Al Salon, inaugurato il 24 febbraio 1950, ognuno presenta quattro opere, tutte rispecchianti il gusto per il magico. Una parte del saggio di Arnau Puig Encrujada del arte, pubblicato nella loro rivista, è riprodotta nel catalogo.
(8) Barcellona 1951.
(9) Madrid 1951, organizzata da Manuel Fraga Iribarne e dall’Istituto di cultura ispanica. Successivamente ci sarà quella a L’Avana (1954), e Barcellona (1955-1956).
(10) Madrid 1953.
(11) J. Samsó, La cultura catalana entre la clandestinitat i la represa pública (1939- 1951), 2 voll., Barcellona 1994.
(12) Per esempio la già nominata “Algol” o “Poesia” (1944-1945) e “Ariel. Revista de les arts” (1946-1951), importanti punti di riferimento per la lotta contro il centralismo statale, per creare una continuità e per la riapparizione pubblica a Barcellona della cultura e della lingua catalana.

ART E DOSSIER N. 311
ART E DOSSIER N. 311
GIUGNO 2014
DIn questo numero: IL REALE IL FANTASTICO I bambini di Murillo, i ritratti di Moroni e i ''brutti'' sabaudi, le visioni di Dau al Set. IN MOSTRA: Italian Fashion, Soffici, Van Gogh, Michelangelo.Direttore: Philippe Daverio