Poi, nella seconda metà dell’anno scorso, le stesse sono state trasferite nel nuovo, gigantesco museo della medesima università, edificio storico di sette piani realizzato da Oscar Niemeyer negli anni Cinquanta. Per la stragrande maggioranza si tratta di quadri provenienti da grandi collezionisti come Rino Valdameri, Alberto della Ragione, Carlo Cardazzo, o acquistati presso non meno celebri gallerie quali quelle del Milione, della Spiga, Barbaroux, il Cavallino, sovente attraverso la ricordata intermediazione di Livio Gaetani o del mercante Enrico Salvadori.
Nel descrivere la collezione non si può che esordire dal celebre Autoritratto di Amedeo Modigliani (1919), che fu acquisito da Matarazzo a Milano nel 1946-1947 per il compleanno della moglie Yolanda. Appartenuto alla collezione di Riccardo Gualino, su di esso così si era espresso nel 1930 Emilio Zanzi in occasione della Biennale di Venezia: «Guardiamo l’Autoritratto, un volto di asceta non senza strane delicatezze femminee negli occhi e nella bocca amara e rassegnata». All’asta del 1933, voluta dalla Banca d’Italia a seguito del tracollo finanziario di Gualino, la città di Torino aveva cercato invano di acquistarlo per 25mila lire dell’epoca, laddove in seguito sarebbe stato ceduto per poco denaro in più. Dopo l’Autoritratto di Modigliani si può proseguire con uno splendido Carrà del 1929, Il lago, appartenuto ad Alberto della Ragione, quadro che il grande collezionista brasiliano acquisì nel 1946 alla Galleria della Spiga di Milano con l’intermediazione di Livio Gaetani per 190mila lire, e inserito in extremis, come opera ritrovata, nel terzo volume del Catalogo generale del grande pittore. Da ricordare poi Testa nell’armatura (Testa nel cimiero) (1946) di Felice Casorati, in merito al quale il 23 ottobre del 1946 il pittore scriveva al conte Gaetani: «Sono lieto di avere ceduto ad un prezzo eccezionale [55 mila lire] il mio quadro destinato ad un museo e soprattutto di aver fatto cosa gradita alla Signora Margherita Sarfatti alla quale sono devotamente affezionato». O ancora, Ponte di Zoagli (1937) di Arturo Tosi, il quale, a proposito di tale dipinto, il 24 settembre dello stesso 1946 così si rivolgeva all’amico Carlo Cardazzo: «Ho ricevuto ieri la tua lettera e ti ringrazio per le attese informazioni. Si tratta dunque di questo: la Contessa Gaetani [Fiammetta Sarfatti] ha comperato diverse cose a Milano per una Galleria dell’Argentina (ha comperato anche un mio Zoagli). Ora desidererebbe altre due mie cose importanti».
La collezione Matarazzo offre numerose altre sorprese, con opere di de Chirico, Sassu, Funi, Morandi. E ancora, una grande Natura morta con lanterna di Giuseppe Santomaso (1942), o un quadro di Scipione, Oceano indiano (1929), proveniente dalla Galleria Barbaroux di Milano, che Maurizio Fagiolo dell’Arco nel Catalogo generale del pittore romano dava come disperso.
Per finire, la nutrita schiera di dipinti appartenuti a Carlo Cardazzo, proprietario all’epoca sia della Galleria del Cavallino di Venezia che della neonata Galleria del Naviglio di Milano. A cominciare da un grande Sironi, Figure (1932), dove compaiono una natura da pianeta primordiale, spoglia di vegetazione e popolata da improbabili alberi scheletrici, e un uomo nudo, simile a un possente e scultoreo titano, accanto a una donna completamente vestita, sorta di “mater italica” dal volto ieratico e misterioso. Fra le altre opere di Cardazzo, da menzionare Natura morta con piccione (1938) di Gino Severini, nella quale l’artista, superata la fase classica a seguito di una crisi religiosa, ritorna a una tematica pittorica più tradizionale. O una Testa di ragazzo (Testa di balilla) del 1935 di Mario Mafai, quadretto che pare uscito da qualche antico affresco pompeiano, pubblicato su “Emporium” (giugno, 1941) nell’articolo La collezione Cardazzo, di Attilio Crespi. Ancora, notevole un Paesaggio di Arturo Tosi, databile fra gli anni Trenta e Quaranta. Ma i pezzi forse più interessanti sono La strada (1908) di Ardengo Soffici, paesaggio sul genere di quelli che l’artista toscano dipingeva dopo il ritorno da Parigi, pubblicato nel catalogo della Mostra delle collezioni d’arte contemporanea italiane, tenutasi nell’agosto del 1941 a Cortina.
Infine, un grande Rosai, Il Bottegone (1932), e Donne a passeggio di Massimo Campigli (1929), esposti nell’aprile del 1941 alla Galleria di Roma nella mostra La collezione Cardazzo con un catalogo prefatto da Giuseppe Marchiori, che di tale raccolta sottolineava quanto fosse «una sintesi esatta e aggiornata dell’arte italiana contemporanea». Tutte opere, come le altre, tranne rarissime eccezioni, mai più riviste in Italia(*).