XX secolo. 1
La collezione Matarazzo a San Paolo

L’ITALIA CONQUISTA
il brasile

Mecenate di nobili origini napoletane, Francisco Matarazzo Sobrinho raccoglie nell’arco della sua vita molte opere d’arte.
Tra queste un posto rilevante è occupato da quelle italiane del Novecento, nucleo fondamentale del Museu de Arte Moderna di San Paolo, fondato dal collezionista brasiliano alla fine degli anni Quaranta, oggi confluito nel Museu de Arte Contemporânea dell’Università della stessa città.

Sileno Salvagnini

Annotava Marco Valsecchi - unico commissario italiano nella giuria che aveva assegnato il Grand Prix per la pittura a Giorgio Morandi alla IV Biennale di San Paolo del 1957 - a penna, in calce alla propria relazione dattiloscritta per il presidente della Biennale di Venezia: «In modo particolare debbo segnalarle il prezioso contributo in tutti i modi offerto alla sezione italiana da Francisco Matarazzo Sobrinho, presidente della Biennale, e dal dott. Arturo Profili [segretario], più volte nominato». La prova di questa ammirazione e quasi deferenza per l’arte italiana a suo dire era che fin dalla prima delle tre votazioni necessarie a proclamare Morandi vincitore con quindici voti sui sedici disponibili, i cinque commissari brasiliani avevano votato compatti a favore dell’artista bolognese; anche se, fatto probabilmente determinante nell’orientare il giudizio favorevole degli altri nelle successive votazioni, per Morandi fin da subito s’era espresso Alfred H. Barr Jr., autorevole direttore del MoMA - Museum of Modern Art di New York. 

Ma chi era Francisco Matarazzo Sobrinho? Discendente di un’antica e nobile famiglia napoletana trasferitasi in Brasile nel XIX secolo, con lo zio omonimo Francisco Matarazzo (“Sobrinho” in lingua portoghese vuol dire appunto nipote) dà vita a un vero e proprio impero industriale e finanziario: si pensi che in un articolo su “Epoca” del 1958 lo si stimava formato da trecento fabbriche, compagnie di navigazione, banche, fattorie e raffinerie di petrolio.


Tutte le opere che illustrano questo articolo sono conservate nel Museu de Arte Contemporânea dell’Università di San Paolo. Amedeo Modigliani, Autoritratto (1919).


Francisco Matarazzo alla Biennale di San Paolo, da un articolo su “Epoca” (9 marzo 1958).

Per la stragrande maggioranza si tratta di quadri provenienti da grandi collezionisti come Rino Valdameri, Alberto della Ragione, Carlo Cardazzo


Nato nel 1898, Matarazzo (nipote), detto familiarmente in Brasile “Ciccillo”, viene mandato a formarsi intellettualmente in Europa, dove studia ingegneria a Napoli e a Liegi. Se durante la seconda guerra mondiale acquista opere per aiutare gli artisti, nel 1946 inizia un nuovo viaggio in Europa, recandosi per acquisti in varie capitali, e in particolare a Parigi. Guidato soprattutto dal gusto artistico della moglie Yolanda Penteado, acquisisce quadri e sculture, fra gli altri, di Picasso, Arp, Matisse, Léger, Kandinskij, Chagall, Alberto Magnelli - conosciuto attraverso il fratello di questo, Aldo, industriale paulista - avendo fin da subito l’idea di farne il nucleo fondamentale del MAM - Museu de Arte Moderna de São Paulo, che avrebbe fondato qualche anno dopo. Fra il 1946 e il 1947, inoltre, con l’ausilio di Pier Maria Bardi, Margherita Sarfatti e di suo genero, il conte Livio Gaetani, che aveva sposato la figlia Fiammetta, costituisce anche una grossa raccolta d’arte italiana della prima metà del secolo. Il mecenatismo di Matarazzo Sobrinho è confermato all’inizio degli anni Cinquanta, allorché compera direttamente da Benedetta Marinetti - moglie di Filippo Tommaso - il rarissimo gesso originale di Forme uniche nella continuità dello spazio (1913) di Umberto Boccioni. Fin dall’immediato secondo dopoguerra tuttavia Matarazzo si prefigge, come si diceva, di fondare a San Paolo un museo d’arte moderna sulla falsariga del MoMA di New York. Il museo d’arte moderna di San Paolo apre in effetti nel marzo del 1949 con una grande mostra intitolata Dal figurativismo all’astrattismo.


Arturo Tosi, Ponte di Zoagli (1937).

All’interno del MAM nascerà nel 1951 la prima Biennale internazionale d’arte di San Paolo, ispirata direttamente a quella di Venezia, come attesta la copiosa corrispondenza di Matarazzo con i vertici dell’istituzione veneziana; nella quale peraltro, dall’edizione del 1952 in poi, lo stesso Matarazzo è commissario per il padiglione brasiliano. Prima di quella, già ricordata, del 1957, con la grande vittoria di Morandi, molti altri italiani partecipano alle edizioni della Biennale di San Paolo del 1951, 1953 e 1955 ottenendo significativi successi: da Afro a Campigli, Capogrossi, Carrà, Guidi, Guttuso, Manzù, Magnelli, Minguzzi, Santomaso, Vedova, Veronesi, Viani. Si pensi, per esempio, che alla I Biennale (1951) Magnelli ottiene il secondo premio per la pittura, di 50mila cruzeiros, pari a oltre 1 milione di lire dell’epoca. Non a caso, alla III edizione del 1955 - dove ottengono premi importanti lo stesso Magnelli per la pittura e Mirko per la scultura - il commissario della sezione italiana nonché conservatore dell’archivio della Biennale di Venezia, Umbro Apollonio, sottolinea come la sezione italiana fosse considerata dai brasiliani sullo stesso piano di quella francese, ritenuta allora la più significativa nel panorama dell’arte mondiale. 

In seguito queste raccolte del MAM confluiscono nel Museu de Arte Contemporânea dell’Università di San Paolo dove, nell’ambito della mostra Classicismo, Realismo, Vanguarda: Pintura Italiana no Entreguerras (dal 31 agosto 2013 al 27 giugno 2014), curata da Ana Magalhães, si possono ammirare, per la prima volta, le opere pittoriche di una parte significativa della collezione italiana di Matarazzo.


Giuseppe Santomaso, Composizione con lanterna (1942).


Ottone Rosai, Il Bottegone (1932).

«Una sintesi esatta e aggiornata dell’arte italiana contemporanea»


Poi, nella seconda metà dell’anno scorso, le stesse sono state trasferite nel nuovo, gigantesco museo della medesima università, edificio storico di sette piani realizzato da Oscar Niemeyer negli anni Cinquanta. Per la stragrande maggioranza si tratta di quadri provenienti da grandi collezionisti come Rino Valdameri, Alberto della Ragione, Carlo Cardazzo, o acquistati presso non meno celebri gallerie quali quelle del Milione, della Spiga, Barbaroux, il Cavallino, sovente attraverso la ricordata intermediazione di Livio Gaetani o del mercante Enrico Salvadori. 

Nel descrivere la collezione non si può che esordire dal celebre Autoritratto di Amedeo Modigliani (1919), che fu acquisito da Matarazzo a Milano nel 1946-1947 per il compleanno della moglie Yolanda. Appartenuto alla collezione di Riccardo Gualino, su di esso così si era espresso nel 1930 Emilio Zanzi in occasione della Biennale di Venezia: «Guardiamo l’Autoritratto, un volto di asceta non senza strane delicatezze femminee negli occhi e nella bocca amara e rassegnata». All’asta del 1933, voluta dalla Banca d’Italia a seguito del tracollo finanziario di Gualino, la città di Torino aveva cercato invano di acquistarlo per 25mila lire dell’epoca, laddove in seguito sarebbe stato ceduto per poco denaro in più. Dopo l’Autoritratto di Modigliani si può proseguire con uno splendido Carrà del 1929, Il lago, appartenuto ad Alberto della Ragione, quadro che il grande collezionista brasiliano acquisì nel 1946 alla Galleria della Spiga di Milano con l’intermediazione di Livio Gaetani per 190mila lire, e inserito in extremis, come opera ritrovata, nel terzo volume del Catalogo generale del grande pittore. Da ricordare poi Testa nell’armatura (Testa nel cimiero) (1946) di Felice Casorati, in merito al quale il 23 ottobre del 1946 il pittore scriveva al conte Gaetani: «Sono lieto di avere ceduto ad un prezzo eccezionale [55 mila lire] il mio quadro destinato ad un museo e soprattutto di aver fatto cosa gradita alla Signora Margherita Sarfatti alla quale sono devotamente affezionato». O ancora, Ponte di Zoagli (1937) di Arturo Tosi, il quale, a proposito di tale dipinto, il 24 settembre dello stesso 1946 così si rivolgeva all’amico Carlo Cardazzo: «Ho ricevuto ieri la tua lettera e ti ringrazio per le attese informazioni. Si tratta dunque di questo: la Contessa Gaetani [Fiammetta Sarfatti] ha comperato diverse cose a Milano per una Galleria dell’Argentina (ha comperato anche un mio Zoagli). Ora desidererebbe altre due mie cose importanti». 

La collezione Matarazzo offre numerose altre sorprese, con opere di de Chirico, Sassu, Funi, Morandi. E ancora, una grande Natura morta con lanterna di Giuseppe Santomaso (1942), o un quadro di Scipione, Oceano indiano (1929), proveniente dalla Galleria Barbaroux di Milano, che Maurizio Fagiolo dell’Arco nel Catalogo generale del pittore romano dava come disperso. 

Per finire, la nutrita schiera di dipinti appartenuti a Carlo Cardazzo, proprietario all’epoca sia della Galleria del Cavallino di Venezia che della neonata Galleria del Naviglio di Milano. A cominciare da un grande Sironi, Figure (1932), dove compaiono una natura da pianeta primordiale, spoglia di vegetazione e popolata da improbabili alberi scheletrici, e un uomo nudo, simile a un possente e scultoreo titano, accanto a una donna completamente vestita, sorta di “mater italica” dal volto ieratico e misterioso. Fra le altre opere di Cardazzo, da menzionare Natura morta con piccione (1938) di Gino Severini, nella quale l’artista, superata la fase classica a seguito di una crisi religiosa, ritorna a una tematica pittorica più tradizionale. O una Testa di ragazzo (Testa di balilla) del 1935 di Mario Mafai, quadretto che pare uscito da qualche antico affresco pompeiano, pubblicato su “Emporium” (giugno, 1941) nell’articolo La collezione Cardazzo, di Attilio Crespi. Ancora, notevole un Paesaggio di Arturo Tosi, databile fra gli anni Trenta e Quaranta. Ma i pezzi forse più interessanti sono La strada (1908) di Ardengo Soffici, paesaggio sul genere di quelli che l’artista toscano dipingeva dopo il ritorno da Parigi, pubblicato nel catalogo della Mostra delle collezioni d’arte contemporanea italiane, tenutasi nell’agosto del 1941 a Cortina. 

Infine, un grande Rosai, Il Bottegone (1932), e Donne a passeggio di Massimo Campigli (1929), esposti nell’aprile del 1941 alla Galleria di Roma nella mostra La collezione Cardazzo con un catalogo prefatto da Giuseppe Marchiori, che di tale raccolta sottolineava quanto fosse «una sintesi esatta e aggiornata dell’arte italiana contemporanea». Tutte opere, come le altre, tranne rarissime eccezioni, mai più riviste in Italia(*).


Ardengo Soffci, La strada (1908).


Mario Mafai, Testa di ragazzo (Testa di Balilla) (1935).


Felice Casorati, Testa nell’armatura (Testa nel cimiero) (1946).

(*) Desidero ringraziare anzitutto Ana Magalhães, dell’Università di San Paolo, cocuratrice del Museo dell’Università della medesima città, e organizzatrice, lo scorso anno, a San Paolo, del convegno internazionale Gli Italiani nei Centri sudamericani del modernismo; Silvia Bignami e Paolo Rusconi dell’Università statale di Milano; Angelo D’Orsi dell’Università di Torino; Chiara Fabi dell’Università di Udine; il personale dell’Archivio storico delle arti contemporanee di Venezia e l’avvocato Debora Rossi; Angelica Cardazzo e l’archivio della Galleria del Cavallino.

ART E DOSSIER N. 311
ART E DOSSIER N. 311
GIUGNO 2014
DIn questo numero: IL REALE IL FANTASTICO I bambini di Murillo, i ritratti di Moroni e i ''brutti'' sabaudi, le visioni di Dau al Set. IN MOSTRA: Italian Fashion, Soffici, Van Gogh, Michelangelo.Direttore: Philippe Daverio