Grandi mostre. 4
Omaggio a Luigi Magnani a Mamiano di Traversetolo

IL PANTHEON
DI UN EROE ROMANTICO

Nella Villa dei capolavori, sede della Fondazione Magnani-Rocca, la collezione del noto mecenate - appassionato di pittura, musica e letteratura - , che annovera, tra gli altri, dipinti di Morandi, Tiziano, de Chirico, Goya, dialoga con oltre cento opere provenienti da altre istituzioni. Scopriamo qui i dettagli con il co-curatore della ricca esposizione.

Stefano Roffi

Luigi Magnani (1906-1984), uno dei massimi collezionisti di opere d’arte al mondo, nella sua casa realizzò un vero pantheon dei grandi artisti di ogni epoca, un tempio che si andò animando lentamente con l’acquisizione di dipinti, sculture e arredi unici: dai cinquanta Morandi, che l’autore disponeva personalmente alle pareti in segno di amicizia, al Dürer, ritrovato in un convento di clausura, al Tiziano fiammeggiante di colore, al Goya più importante al di fuori del Prado, consolazione del mancato acquisto di un Caravaggio, fino al Monet, ai Renoir, ai Cézanne e al Canova degli ultimi anni della sua vita, in un processo di identificazione spirituale con le opere che giungevano ad abitare la sua dimora come la scena della sua vita intellettuale.

La Fondazione Magnani-Rocca, col titolo L’ultimo romantico, propone fino al 13 dicembre un ricchissimo omaggio espositivo al suo creatore, e lo fa proprio nella dimora che Magnani trasformò in una casa-museo sontuosa e sorprendente, la Villa dei capolavori a Mamiano di Traversetolo, nel Parmense. Uomo di cultura tra i grandi della sua epoca, Magnani può essere legittimamente assunto a testimone di Parma capitale italiana della cultura 2020+2021, sotto la cui egida la mostra si svolge.

La figura di Magnani, studioso d’arte, musicologo, scrittore e co-fondatore di Italia Nostra, è raccontata con oltre cento opere provenienti da celebri musei e prestigiose collezioni, esposte negli ambienti dello splendido edificio destinati alle mostre temporanee, in parallelo alla sua raccolta d’arte permanente, allestita nei saloni storici della villa; si ricrea così quel dialogo, che egli tanto amò, tra la pittura, la musica, la letteratura, e si scoprono i suoi interessi e le personalità di cui fu sodale o alle quali si appassionò.


Giorgio Morandi, Natura morta (Strumenti musicali) (1941).

Magnani s’incantava solo di fronte ai valori della vera pittura


L’esposizione presenta dipinti, ritratti, autoritratti e documenti autografi dei celeberrimi artisti, critici, musicisti, letterati, registi, aristocratici che Magnani frequentò, da Bernard Berenson e Cesare Brandi a Margaret, sorella della regina d’Inghilterra, da Eugenio Montale al ricordato Giorgio Morandi, fino ad Alberto Burri. Inoltre, omaggi pittorici alla passione per la musica di Magnani, resi dai più grandi artisti italiani del Novecento, da Severini a de Chirico a Guttuso a Pistoletto; poi importanti strumenti musicali antichi, e i segreti della villa, svelati eccezionalmente al pubblico. Infine, il sogno di altri capolavori assoluti inseguiti da Magnani ma non conquistati, presenti in questa occasione per essere svelati, a partire dal celeberrimo dipinto Il cavaliere in rosa di Giovan Battista Moroni, uno dei vertici della pittura cinquecentesca qui esposto, dopo la mostra Moroni: The Riches of Renaissance Portraiture dello scorso anno alla Frick Collection di New York.


Francisco Goya, La famiglia dell’infante don Luis (1783-1784).


Renato Guttuso, Natura morta con pianoforte (1947).


Giorgio de Chirico, Orfeo solitario (1973), Roma, museo Carlo Bilotti.

Vi sono uomini che quando si allontanano dalla terra portano con sé un mondo, una civiltà. Uno di questi era proprio Luigi Magnani, cui si addice l’appellativo di “signore”, nel senso in cui erano signori i grandi mecenati del Rinascimento, che del potere e della ricchezza si servivano senza servirli, con il distacco di chi delle ricchezze gode, avendole ereditate, e si adopera anche per conservarle e incrementarle, non come fini in sé, ma come mezzi per preservare e accrescere la bellezza del mondo: l’arte, la musica, la letteratura, il paesaggio, indispensabili beni dello spirito, in assenza dei quali l’uomo cade nell’abbrutimento.

Alla sopravvivenza individuale Magnani credeva fermamente, cattolico professante com’era per personale convincimento, oltre che per tradizione di famiglia, e una personale strategia di immortalità pare aver elaborato nella costruzione di un proprio monumento, imperituro perché dalle solide fondamenta morali e civili, nel compimento di un’impresa degna di un eroe romantico. Ricchissimo, unico erede di una fortuna costruita sull’industria casearia, Magnani ebbe dal destino la possibilità finanziaria, e se ne avvalse, di costruire una raccolta d’arte formidabile, esteticamente e accademicamente inattaccabile.


Milton Gendel, Luigi Magnani con Giacomo Manzù (1977).

Non soltanto raffinato nella scelta, ma sempre mosso dal desiderio di salvare e preservare per l’Italia capolavori minacciati da oscuri destini, Magnani fu un intenditore e un mecenate, che s’incantava solo di fronte ai valori della vera pittura. La raccolta di opere d’arte, pur essendo il suo lascito più concreto, fu per lui, in maniera profonda e profondamente testimoniata, parte di una ricerca e di un anelito di conoscenza che non ha mai privilegiato una modalità d’espressione artistica ma sempre, e con grande rigore etico, ha cercato in ogni opera (musicale, figurativa, poetica) indagata e amata la volontà e l’intelletto dell’autore, la tensione spirituale e il desiderio di trascendenza.

Un oggetto, un dipinto, per essere degno dell’acquisto, doveva avere fra i requisiti quello di essere di autore eccelso, raro, introvabile, ma anche la provenienza doveva essere impeccabile e altolocata. Per entrare in quella che verrà poi denominata Villa dei capolavori, le opere, i suoi “angeli”, dovevano corrispondere alla sua idea dell’arte, e della qualità formale nell’arte; un’idea aristocratica e personalissima che, come si è detto, non variava tra pittura, musica e letteratura, mettendolo nelle condizioni, come pochi, con le sue ricerche e i suoi scritti su Correggio, Morandi, Mozart, Beethoven, Goethe, Stendhal, Proust, di ricongiungere le ragioni del sentimento e quelle dell’intelletto.

Perché il suo progetto avesse un senso, era necessario che l’acquisto delle opere d’arte non fosse fatto per il piacere egoistico di una persona, sia pure come lui raffinata, ma per la collettività. Magnani nel 1977 costituì la Fondazione Magnani-Rocca, in omaggio al padre Giuseppe e alla madre Eugenia Rocca: è così che la virtù intellettuale si fece virtù civile, donando a Parma e all’Italia una piccola Versailles.

Oggi la dimora di Luigi Magnani - la magnifica villa, le raccolte d’arte e il grande parco romantico - è una delle meraviglie d’Italia; è concresciuta alla vita del suo abitatore, intrecciata a lui in modo inestricabile, sì che soltanto attraverso i suoi quadri, le sue sculture e i suoi oggetti - i mobili Impero, gli argenti, le pagine miniate, le incisioni, le ceramiche, i tappeti - il sublime intellettuale è riuscito a raccontare se stesso lasciandoci il proprio autoritratto.


Giacomo Manzù, Ritratto di Cesare Brandi (1941), Siena, Pinacoteca nazionale.

L’ultimo romantico.
Luigi Magnani il signore della Villa dei Capolavori

a cura di Stefano Roffi e Mauro Carrera
Mamiano di Traversetolo (Parma),
Fondazione Magnani-Rocca
fino al 13 dicembre
catalogo Silvana Editoriale
www.magnanirocca.it

ART E DOSSIER N. 380
ART E DOSSIER N. 380
OTTOBRE 2020
In questo numero: L'ORO di Fabrizio Plessi in esclusiva per la copertina di 'Art e Dossier'. SE I PITTORI GUARDANO IL CIELO: Le stelle di Van Gogh. Quando l'arte parla del clima. IN MOSTRA: Plessi a Venezia; Barbieri ad Astino; Christo a Parigi; Magnani a Mamiano di Traversetolo. Direttore: Philippe Daverio