Grandi mostre. 2
Olivo Barbieri ad Astino

L’ENIGMA
DEL QUOTIDIANO

Nell’ordinarietà del reale, nella semplicità di luoghi di provincia o di campagna Olivo Barbieri coglie piccoli dettagli, relazioni cromatiche in apparenza insignificanti che - a dispetto dell’evidente banalità - danno vita a piani semantici insoliti, percepibili solo aguzzando la vista.

Mauro Zanchi

Con un approccio da artista concettuale, alla fine degli anni Settanta Olivo Barbieri intende la fotografia come una modalità per vedere le cose più semplici sotto un’altra luce, soprattutto quelle che alla maggior parte delle persone paiono banali. Immagina che le fotografie siano “ready-made”, e così innesca pezzi del reale “trovati già fatti”. Li coglie, come un gesto d’intesa col mondo meno dichiarato, nel tempo che passa dal vedere qualcosa che attira lo sguardo alla traduzione in forma fotografica. E così lascia che possano entrare in scena anche altre opportunità percettive e ulteriori linee di racconto. L’indagine percorre il paesaggio periferico, i margini lontani dai luoghi italiani che richiamano i turisti, i posti vernacolari di aggregazione (cinema, chiese, bar, piazze), i casali di campagna, i borghi di provincia, le zone dimesse di una nazione. Vive e testimonia qualcosa che sarebbe sparito nel giro di qualche anno, come fosse l’ultima bolla prima di un cambiamento. In Italy (1982), Prato (1983) e Provincia di Mantova (1982), le persone che giocano a calciobalilla, a biliardo o che fanno partite a flipper e con i videogiochi paiono essere al contempo in istanti diversi, in azione al confine di un passaggio spazio-temporale, in interni notturni al neon o in bar diurni.

Le persone che giocano a calciobalilla paiono essere al contempo in istanti diversi

Gli ectoplasmi mossi agiscono come in mondi paralleli. Eppure tutto sembra così normale, in una giornata senza pretese, in un bar di provincia. L’enigma del visibile è un “veduto” di cui non si comprende per intero la portata del significato. Queste immagini con i corpi mossi evocano anche qualcos’altro, forse l’invisibile di ciò che vediamo. Ma non ne avremo mai certezza, probabilmente. E così in questa sensazione di indeterminatezza può prendere forma qualcosa che appartiene alla sfera dell’immaginazione o alla dimensione evocativa.

Dalla non fissità di queste immagini possiamo prelevare ulteriori questioni della percezione. Barbieri riuscirà negli anni successivi a sondare ulteriormente i sottili meccanismi che aveva già presentito nei suoi primi lavori sull’idea del paesaggio, sperimentando l’utilizzo del fuoco selettivo(1) e la coazione simultanea del negativo e del positivo in una stessa immagine. Inoltre, la scelta di testimoniare gli incontri nel paesaggio con il colore fotografico (che fino ad allora veniva usato solo per la pubblicità e considerato cacofonico) è strettamente legata alla riattivazione di una zona del cervello. Ricordo che nei decenni precedenti l’immagine artistica per eccellenza in Italia era prevalentemente in bianco e nero.


Prato (1983).

Tra il 1977 e il 1978 Barbieri realizza la serie Flippers, costituita da immagini riprese in una fabbrica dismessa di flipper, dove i colori accesi esaltano icone prelevate dal mito americano del dopoguerra e celebri in tutto il mondo, ma rilette in chiave critica, seguendo modalità care a Man Ray, Andy Warhol, The Picture Generation. In sintonia con Luigi Ghirri, Guido Guidi, Franco Vimercati, Franco Vaccari, che in quegli anni rappresentano le voci più interessanti del panorama artistico italiano.
Per comprendere la sottigliezza di Barbieri quando si rapporta con la banalità del quotidiano, è necessario acuire la sonda dello sguardo. In La Source France (1982), per esempio, il soggetto celato è il taglio fucsia visibile sul cappotto della donna ripresa di spalle, mentre guarda i fiori (sempre color fucsia) nell’aiuola.


La Source France (1982).


Tuscany (1982).

Qui viene istituito un parallelo cromatico, un incontro fortuito, la relazione casuale o cercata tra qualcosa che appartiene al dato reale e qualcosa che concerne un’indagine percettiva. Gli oggetti secondari, i dettagli non dichiarati, le silenziose irruzioni di ciò che non sta in primo piano innescano l’enigma dell’immagine. Anche Tuscany (1982) è un dispositivo di corrispondenze cromatiche e analogie tra il colore della Fiat 600, la ruggine della carrozzeria, le foglie degli alberi e l’erba, ancora verdi ma con sprazzi marroni. E intanto la televisione posata sul portapacchi crea un cortocircuito di notevole portata, con il suo schermo verdolino privato di ogni immagine e trasmissione.
Di primo acchito Grenoble France (1980) sembra un’immagine senza tante pretese, dove i soggetti paiono essere le auto in un parcheggio. Guardando meglio ci si accorge che in realtà l’autore ha colto il passaggio di un aereo in cielo, ripreso mentre l’ala destra pare coincidere in continuità con il lampione centrale. In Napoli (Earthquake) (1982) la crepa sulla parete di un interno signorile, causata dal terremoto, pare un’opera concettuale racchiusa entro una cornice dorata.


Grenoble France (1980).


Napoli (Earthquake) 1982.

Una traccia oltre la siepe: pare una presenza umana

Grado Gorizia (1980) nasconde una traccia dietro la barriera vegetale: pare una presenza umana, in abito bianco, o forse c’è anche qualcun altro, ma non si comprende fino in fondo cosa stia accadendo, al di là dei pali colorati sparsi sul selciato. La presenza oltre la siepe pare un dettaglio simile alle tracce che compaiono nei disegni enigmatici realizzati dal paesaggista Neville nel film I misteri del giardino di Compton House (1982) di Peter Greenaway. In Carpi Modena (1982) un anziano signore deceduto giace nel letto della sua stanza matrimoniale, trasformata in camera mortuaria. Il corpo è ripreso di profilo, nel rapporto tra la sua orizzontalità sul lenzuolo bianco e il paesaggio leggermente pervaso da una luminosa foschia, che sta al di fuori della finestra spalancata. Con il vestito scuro della festa e la benda sotto la mascella, legata per tenere chiusa la bocca, l’uomo pare descritto nella sua estrema dignità, lì pronto ad attendere in silenzio, per comprendere se vi sia ancora qualcosa da percepire o da vivere al di là della vita mortale. In Sabbioneta Mantova (1982) un bambino è seduto in un bar della cittadina lombarda. È Mario, che da grande diventerà un bravo giocatore di rugby. Qui Barbieri coglie la sua posizione in relazione con quella della statua di Vespasiano Gonzaga raffigurata in una fotografia appesa alla parete, nel rapporto semantico delle immagini nelle immagini, o, per dirla alla maniera di W. J. T. Mitchell, nella relazione di senso tra «picture, image e metapicture»(2).


Grado Gorizia (1980).

Carpi Modena (1982).


Napoli (1982).


Sabbioneta Mantova (1982).


Nella serie Early Works (1980-1984) cosa è ciò che consideriamo reale del paesaggio?(3) Barbieri risponde spostando la questione semmai sui rapporti di “conservazione” nello scorrere del tempo, nel mistero della sequenzialità non mostrata: «Non sono un fotografo di paesaggio e in Italia non esiste una rilevante corrente di fotografia di paesaggio. L’ultimo autore che si è occupato utilmente di paesaggio in Italia fu Giorgio de Chirico. Ho solo “conservato” delle immagini che servivano per dare un senso alla storia delle immagini che le hanno precedute». In Napoli (1982) un uomo cammina tra le luci e le ombre degli archi di un porticato antico. Porta con sé una lancetta dorata a forma di sole. Non so se vi sia qualcosa di esoterico nell’atto di andare in giro con una lancetta di un orologio, che in quel momento è privato del consueto funzionamento e quindi non misura il tempo. Forse il soggetto principale dell’immagine è ciò che respira invece nella grande oscurità che occupa per metà la scena, ciò che viene percepito in un secondo o terzo momento. In questo spostamento risiede qualcosa che suscita l’azione dell’enigma.

(1) Il fuoco selettivo (o “tilt-shift”) sfrutta il movimento di camere tecniche in grado di creare una diversa profondità di campo, attraverso la possibilità di far oscillare o slittare la lente.

(2) Cfr. W. J. T. Mitchell, Pictorial Turn. Saggi di cultura visuale, Milano 2017, pp. 71-76.

(3) Nel libro Olivo Barbieri. Early Works 1980-1984, Cinisello Balsamo 2020, e nella omonima mostra allestita negli spazi espositivi del monastero di Astino (Bergamo) il curatore Corrado Benigni si interroga sul senso indefinito e inafferrabile del paesaggio attraverso il testo critico Altra vista e un’intervista all’autore, tracciando una ricognizione tra Giacomo Leopardi e Andrea Zanzotto, Luigi Ghirri e l’esperienza di Viaggio in Italia, Gianni Celati e Jean Baudrillard. Inedita è la lettura di Viaggio in Italia e l’attenzione per i margini come anticipazioni delle teorie del “terzo paesaggio” sviluppate da Gilles Clément nel suo Manifeste du Tiers paysage, Parigi 2004.

Olivo Barbieri. Early Works 1980-1984

a cura di Corrado Benigni
Astino (Bergamo), monastero di Astino
fino al 31 ottobre
orario 18.30-22 (venerdì) 10-12.30 / 16-22 (sabato e domenica) chiuso gli altri gioni

catalogo Silvana Editoriale
www.fondazionemia.it

ART E DOSSIER N. 380
ART E DOSSIER N. 380
OTTOBRE 2020
In questo numero: L'ORO di Fabrizio Plessi in esclusiva per la copertina di 'Art e Dossier'. SE I PITTORI GUARDANO IL CIELO: Le stelle di Van Gogh. Quando l'arte parla del clima. IN MOSTRA: Plessi a Venezia; Barbieri ad Astino; Christo a Parigi; Magnani a Mamiano di Traversetolo. Direttore: Philippe Daverio