Il gusto dell'arte


è l’ora della
colazione

di Ludovica Sebregondi

Albert Anker: un esempio di pittura dedicata ai fanciulli

Prima colazione o gioco che la imita? Questa la domanda che ci si pone dinanzi al dipinto noto come Kinderfrühstück (in tedesco la colazione dei bambini), che Albert Anker aveva però intitolato La dînette (in francese, le stoviglie da gioco). Lingue che compongono un intreccio di idee, domande, risposte. 

La produzione dello svizzero Anker - nato nel 1831 a Ins, un villaggio del cantone bernese dove è morto nel 1910 - è spesso dedicata ai fanciulli: non si tratta solo di dipinti di genere che fermano in immagine la vita quotidiana delle popolazioni rurali, in particolare di quelle in tenera età, ma anche del lavoro di un attento osservatore e studioso del mondo dell’infanzia, restituito con una pittura affettuosa. Nonostante lo stretto rapporto con la terra natale, che tanta parte ha nella sua produzione, assai formativi sono stati i lunghi soggiorni a Parigi, dove si recò a partire dal 1854, divenendo allievo del pittore Charles Gleyre e trascorrendovi gli inverni fino al 1890. L’artista partecipò regolarmente ai Salon, allargando inoltre i propri orizzonti in Bretagna, Germania, Italia e Belgio, prima di tornare definitivamente a Ins. 

Il 10 dicembre 1879 Anker annotò nel libro in cui registrava il commercio dei quadri, la vendita al proprio mercante parigino Adolphe Goupil del Kinderfrühstück - esposto con questo titolo nel museo di Basilea - definendolo La dînette. Se ne deduce che il pittore non abbia voluto raffigurare i bambini che stanno facendo colazione, ma impegnati in un gioco che imita la vita. 

La scena si svolge in un luminoso interno borghese, rischiarato dalla luce proveniente da una finestra posta idealmente alle spalle di chi guarda: una ragazzina in piedi, nella prima adolescenza, gira con un cucchiaio lo zucchero in un tazzina, una bambina di circa otto anni seduta compuntamente versa il latte da un piccolo bricco, un’altra di spalle, di poco maggiore, regge una piccola coppa. Un bimbo con un copricapo scuro beve dal piattino, mentre di un altro infante si intravede solo il volto circondato da una cuffietta. Si pensa al gioco perché le stoviglie sono in miniatura, anche se perfettamente uguali all’elegante vasellame degli adulti. Alla parete sono appese piccole stampe e un orologio, mentre le sedie hanno lo schienale in paglia di Vienna: nella sala e negli abiti sono uniti elementi dell’epoca di Anker, la seconda metà dell’Ottocento, ad altri del tardo Settecento, avvertito come secolo dell’infanzia grazie soprattutto ai testi dei filosofi e pedagoghi svizzeri Jean-Jacques Rousseau e Johann Heinrich Pestalozzi. 

Il dipinto si riallaccia a un quadro famoso, La grazia, di Jean-Baptiste Siméon Chardin del 1740, oggi al Louvre, che raffigura una madre intenta a vigilare sulla preghiera che precede il pasto dei suoi due bambini, ma la figura adulta è qui sostituita dalla sorella maggiore, guida di una comunità armoniosa. Le età diverse mostrano differenti stadi di sviluppo attestati dal comportamento: la ragazzina più grande in piedi vigila sui fratelli, ormai pronta ad assumere il proprio futuro impegno di madre; le due di mezzo sono in grado di bastare a se stesse, il fanciulletto è libero di non seguire le regole di un’educazione formale, il più piccolo guarda. L’idea sottesa è che i fanciulli possano, osservando gli altri e attraverso il gioco, sperimentare il futuro in situazioni legate alla quotidianità, tema ricorrente nell’opera di Anker, la cui consapevolezza pedagogica si fonda sulla conoscenza dell’ambito in cui i bambini crescono e si formano. 

Il contesto è borghese, ambiente al quale appartiene il concetto di prima colazione come pasto da assumere insieme a inizio giornata, mentre a lungo per la popolazione rurale consisteva al massimo in un pezzo di pane e un bicchiere di vino ingeriti all’alba prima di iniziare il lavoro; intorno alle undici o dodici del mattino aveva luogo il pasto principale e, subito dopo il tramonto, oppure in estate mentre calava il sole, si consumava la cena. 

Nel mondo contemporaneo, a un idilliaco quadretto presentato dalla pubblicità, con famiglie allegre i cui componenti sono felici di fare colazione e di stare insieme, ha fatto a lungo da contraltare la realtà di cappuccini e brioche presi al volo in un bar. Ma la crisi economica da un lato, la ricerca di cibi sani e il rifiuto di merendine preconfezionate dall’altro hanno riportato in auge il pane e i dolci fatti in casa per un pasto che i dietologi raccomandano come fondamentale per iniziare la giornata.


Albert Anker, La colazione dei bambini (1879), particolare, Basilea, Kunstmuseum Basel.


Albert Anker, La colazione dei bambini (1879), intero, Basilea, Kunstmuseum Basel.

LA RICETTA
Kugelhopf

Sciogliere 25 g di lievito di birra con poco latte tiepido, aggiungere tre cucchiai di farina e uno di zucchero, amalgamare e lasciare riposare in luogo tiepido per circa venti minuti. Mescolare 70 ml di latte, 80 g di burro fuso, 2 uova sbattute, 100 g di zucchero e un pizzico di sale. Aggiungere questo composto a 250 g di farina e al lievito. Lavorare a lungo, vigorosamente, con movimento dal basso, fino a che la pasta risulterà elastica e si staccherà agevolmente dalle pareti della ciotola e dal cucchiaio, facendo delle “bolle”. Aggiungere 100 g di uvetta fatta prima rinvenire in acqua e poi ben strizzata. Ungere uno stampo cilindrico con burro e farina, inserire il composto e farlo lievitare (finché diventi il doppio) in luogo tiepido per un’ora circa. 
Cuocere in forno a 170° per sessanta minuti. Sfornare, far raffreddare, togliere dallo stampo e cospargere di zucchero a velo. Il dolce - che deve il suo nome alla forma arrotondata superiormente, a palla (“Kugel”) - è adatto per la prima colazione e diffuso in Svizzera, Austria meridionale e Baviera.

ART E DOSSIER N. 310
ART E DOSSIER N. 310
MAGGIO 2014
In questo numero: IL PRANZO E' SERVITO Cibo nell'arte: il pesce nella Grecia antica, la simbologia del pane, il nutrirsi come gesto e la dimensione alimentare nel contemporaneo. IN MOSTRA: Kahlo, Dora Maar. Direttore: Philippe Daverio