Posano per lui artisti come Jacques de Gheyn e Gérard de Lairesse, giovani coppie, protestanti e cattolici, ebrei e professionisti come il medico protagonista di uno dei suoi quadri più celebri, La lezione di anatomia del dottor Tulp (1632). È uno dei ritratti di gruppo in cui dà il meglio di sé. Nel più noto, La ronda di notte (1642; in realtà la scena è diurna, è il colore che si è scurito col tempo) riesce a togliere ai ritratti collettivi l’inevitabile, fino allora, sensazione di “posa forzata”, la ripetitiva immobilità che hanno le foto di fine anno scolastico; conferisce al gruppo (una milizia cittadina) profondità e movimento, colloca al centro i due personaggi principali, il capitano Frans Banning Cocq, vestito di scuro, e il suo luogotenente con una giacca di un giallo vivace sulla quale spicca, con un effetto magistralmente controllato, l’ombra della mano sinistra del capo milizia.
Rembrandt ritrae se stesso (circa un centinaio di volte), i figli e le donne di famiglia.
La prima è Saskia van Uylenburg, che sposa nel 1634 e con la quale va a vivere nel quartiere ebraico di Amsterdam, nella Jodenbreestraat (dove ha sede oggi la casamuseo Rembrandthuis). La dipinge in abiti lussuosi, nelle vesti di Flora (1634 e 1641) e in altre personificazioni. Intanto acquista oggetti, opere d’arte, abiti, stoffe e guida una bottega con i migliori giovani artisti del tempo come collaboratori, da Govaert Flink a Dirk Sandvoort, a Ferdinand Bol.
Alla morte dell’amata Saskia, nel 1642, ha una relazione con la governante, Geertje Dircx. Qualche anno dopo una nuova domestica ne prende il posto anche come amante, è Hendrickje Stoffels; la relazione attira sul pittore la accuse delle autorità religiose ma la giovane si installa stabilmente nella sua casa, mette al mondo una figlia e posa per opere come Betsabea e Giovane che si bagna in un ruscello (entrambi 1654).
A metà secolo, con la pace di Münster e la fine del conflitto con la Spagna, la generazione dei padri della patria cede la guida della nazione ai figli del nuovo benessere, non più interessati e forse nemmeno più tenuti a un’austerità fuori tempo, giovani rampolli che hanno viaggiato e non vedono l’ora di smettere quella certa rozzezza batava che inorgogliva i padri (fieri di dichiararsi “gueux”, pezzenti, quando combattevano Filippo II) per diventare italiani o francesi, almeno nei gusti, nei costumi e nei consumi. A quel punto Rembrandt è improvvisamente fuori dal tempo; il successo svanisce, la sua immagine pubblica si incrina. Non per questo accetta di modificare quello che nel frattempo è diventato il suo modo di dipingere. Cerca invano di forzare il mercato, e perde.
L’ultima maniera del pittore, in particolare, è caratterizzata da un trattamento del colore particolarmente elaborato, fatto di molteplici tocchi incrociati e sovrapposti, in cui la materia si raggruma e si stratifica, rendendo impossibile distinguere con chiarezza il percorso del pennello o della spatola. Opera emblematica del periodo è La sposa ebrea (1655 circa) dove le vesti sono un incredibile intrico di filamenti colorati, e la diversa grana della pelle femminile rispetto a quella maschile è resa grazie a una diversa gradazione della ruvidezza superficiale del colore, oltre che dalla sua differente intensità. È evidente che la componente di artificio, sottesa a ogni opera pittorica che cerchi di riprodurre la realtà, in questi casi non viene affatto occultata - come accade invece sistematicamente nella pittura “fine” - ma viene invece esibita con l’orgoglio di chi è certo dei propri mezzi. In sostanza, la pittura “fine” affida a una materia pittorica limpida e levigata il compito di comunicare i caratteri superficiali dell'oggetto della raffigurazione, mentre la pittura "ruvida" aggiunge matericità alla materia agendo sulla superficie del colore stesso.