IL RITRATTO

Se la vocazione della pittura del Secolo d’oro olandese è farsi specchio della società, va da sé che il ritratto diventa il più diffuso fra i generi,

specchio vero e non di oggetti o concetti, ma di persone in carne e ossa, dei protagonisti di una stagione irripetibile. In un misto di orgoglio malcelato (e col tempo celato sempre meno) e di modestia paradossalmente esibita, non solo uomini di Stato ma anche scienziati, armatori, mercanti, uomini di fede, coppie di sposi, fino agli artisti stessi, si mettono in posa per avere un avatar da esporre in casa propria, qualche volta in uno spazio pubblico, per ricordare ai posteri la propria fisionomia, o per celebrare un evento e fissarne la memoria. 

Inizialmente i sobri e operosi calvinisti costruttori della Repubblica mostrano appena il loro volto serio, un abito nero illuminato da una candida gorgiera - quella sì con ampie variazioni di forme e dimensioni: a lattuga, di merletto, ricamate, a ruota, a reticello, con polsini abbinati... - o da un più semplice bavero, e sfondo neutro, preferibilmente scuro. Col passare dei decenni e il consolidarsi del benessere quei volti si accostano sempre più al modello della ritrattistica barocca europea: più colore, abiti meno monacali, ambientazione in un interno alla moda o in un giardino.


Rembrandt, Ritratto di giovane (1639 circa); Firenze, Uffizi.


Rembrandt, Ritratto di uomo con cappello piumato (1635-1640 circa); L’Aja, Mauritshuis.

Il mercato detta i prezzi. I ritratti costano meno se piccoli, con solo volto e busto o senza mani (volti e mani, nel caso, li dipinge l’artista, il resto la bottega); si parte da una quarantina di fiorini. Si diffonde la moda del ritratto di gruppo, compagnie di funzionari o commercianti, reggenti di ospizi, militi delle guardie civiche si associano per farsi ritrarre in occasioni particolari condividendo i costi; nei casi di committenza ad artista importante il costo a personaggio raffigurato può arrivare ai cento fiorini. 

È certamente riduttivo classificare fra i ritrattisti Rembrandt van Rijn (1606-1669), artista che attraversa, idealmente, l’intero Secolo d’oro come protagonista assoluto, ma è proprio al ritratto che dedica le sue maggiori attenzioni. Figlio di un ricco mugnaio di Leida, appare presto un giovane spavaldo e di successo, del tutto consapevole del proprio valore, che si rivelerà impulsivo nelle scelte e compulsivo nello sperpero del proprio denaro, fedele alle proprie idee a costo dell’isolamento sociale. Certo non è un pittore di genere né di paesaggi o nature morte, pur non mancando di praticare anche questi soggetti, sia in pittura che nell’incisione. Nella sua produzione dominano appunto i ritratti e i temi religiosi, soprattutto biblici. Questi ultimi ricorreranno in tutta la sua produzione, dalle prime prove col suo maestro, Pieter Lastman, ma anche in seguito, quando giovanissimo apre una bottega propria insieme al collega Jan Lievens e oltre. 

Il successo inizia con la scoperta del suo talento da parte di Costantijn Huygens, politico e letterato, che gli apre le porte della committenza della corte del principe Federico Enrico d’Orange, stadhouder delle Province Unite. È dalla corte dell’Aja che gli giunge l’incarico per un ciclo di dipinti sul tema della Passione, eseguiti fra il 1632 e il 1646. 

Dal 1631 Rembrandt si trasferisce ad Amsterdam, il centro della società olandese del tempo, sede della borghesia più ricca e del patriziato, luogo di incontro di rifugiati da altri paesi, tollerante crocevia di ogni sfumatura religiosa esistente, sede di una fiorente comunità ebraica, porto in contatto col mondo intero grazie ai commerci e a una flotta che non aveva uguali in Europa. Lì capisce che la ricchezza può venirgli soprattutto dalla pratica del ritratto. È tra i primi a capire quel che vuole la nuova classe dominante dei primi decenni del Seicento: eternare se stessa. Opere in cui si possa apparire fieri del proprio status senza eccedere in orgoglio, sentimento sconveniente per un buon calvinista; Rembrandt ha la ricetta giusta per questo esercizio di equilibrio. La sua mano sicura traccia profili austeri su abiti austeri, ma è la qualità altissima della pittura a rivelare il valore dell’immagine, e tutta la soddisfazione di una generazione di padri di una patria nata dal nulla.


Rembrandt, Giovane che si bagna in un ruscello (1654); Londra, National Gallery. Nella pittura di Rembrandt è frequente che a posare per i suoi dipinti siano l’artista stesso, collaboratori, figli o le donne della sua vita, in questo caso la giovane moglie Hendrickje Stoffels.


Rembrandt, La ronda di notte (1642); Amsterdam, Rijksmuseum.

Posano per lui artisti come Jacques de Gheyn e Gérard de Lairesse, giovani coppie, protestanti e cattolici, ebrei e professionisti come il medico protagonista di uno dei suoi quadri più celebri, La lezione di anatomia del dottor Tulp (1632). È uno dei ritratti di gruppo in cui dà il meglio di sé. Nel più noto, La ronda di notte (1642; in realtà la scena è diurna, è il colore che si è scurito col tempo) riesce a togliere ai ritratti collettivi l’inevitabile, fino allora, sensazione di “posa forzata”, la ripetitiva immobilità che hanno le foto di fine anno scolastico; conferisce al gruppo (una milizia cittadina) profondità e movimento, colloca al centro i due personaggi principali, il capitano Frans Banning Cocq, vestito di scuro, e il suo luogotenente con una giacca di un giallo vivace sulla quale spicca, con un effetto magistralmente controllato, l’ombra della mano sinistra del capo milizia. 

Rembrandt ritrae se stesso (circa un centinaio di volte), i figli e le donne di famiglia. 

La prima è Saskia van Uylenburg, che sposa nel 1634 e con la quale va a vivere nel quartiere ebraico di Amsterdam, nella Jodenbreestraat (dove ha sede oggi la casamuseo Rembrandthuis). La dipinge in abiti lussuosi, nelle vesti di Flora (1634 e 1641) e in altre personificazioni. Intanto acquista oggetti, opere d’arte, abiti, stoffe e guida una bottega con i migliori giovani artisti del tempo come collaboratori, da Govaert Flink a Dirk Sandvoort, a Ferdinand Bol. 

Alla morte dell’amata Saskia, nel 1642, ha una relazione con la governante, Geertje Dircx. Qualche anno dopo una nuova domestica ne prende il posto anche come amante, è Hendrickje Stoffels; la relazione attira sul pittore la accuse delle autorità religiose ma la giovane si installa stabilmente nella sua casa, mette al mondo una figlia e posa per opere come Betsabea e Giovane che si bagna in un ruscello (entrambi 1654). 

A metà secolo, con la pace di Münster e la fine del conflitto con la Spagna, la generazione dei padri della patria cede la guida della nazione ai figli del nuovo benessere, non più interessati e forse nemmeno più tenuti a un’austerità fuori tempo, giovani rampolli che hanno viaggiato e non vedono l’ora di smettere quella certa rozzezza batava che inorgogliva i padri (fieri di dichiararsi “gueux”, pezzenti, quando combattevano Filippo II) per diventare italiani o francesi, almeno nei gusti, nei costumi e nei consumi. A quel punto Rembrandt è improvvisamente fuori dal tempo; il successo svanisce, la sua immagine pubblica si incrina. Non per questo accetta di modificare quello che nel frattempo è diventato il suo modo di dipingere. Cerca invano di forzare il mercato, e perde. 

L’ultima maniera del pittore, in particolare, è caratterizzata da un trattamento del colore particolarmente elaborato, fatto di molteplici tocchi incrociati e sovrapposti, in cui la materia si raggruma e si stratifica, rendendo impossibile distinguere con chiarezza il percorso del pennello o della spatola. Opera emblematica del periodo è La sposa ebrea (1655 circa) dove le vesti sono un incredibile intrico di filamenti colorati, e la diversa grana della pelle femminile rispetto a quella maschile è resa grazie a una diversa gradazione della ruvidezza superficiale del colore, oltre che dalla sua differente intensità. È evidente che la componente di artificio, sottesa a ogni opera pittorica che cerchi di riprodurre la realtà, in questi casi non viene affatto occultata - come accade invece sistematicamente nella pittura “fine” - ma viene invece esibita con l’orgoglio di chi è certo dei propri mezzi. In sostanza, la pittura “fine” affida a una materia pittorica limpida e levigata il compito di comunicare i caratteri superficiali dell'oggetto della raffigurazione, mentre la pittura "ruvida" aggiunge matericità alla materia agendo sulla superficie del colore stesso.


Rembrandt, La lezione di anatomia del dottor Tulp (1632); L’Aja, Mauritshuis.


Rembrandt, La sposa ebrea (1655 circa); Amsterdam, Rijksmuseum.

Questo rapporto "tattile" con la rappresentazione della realtà Rembrandt lo manifesta sistematicamente nei ritratti. É in questi casi che si perde a inseguire ogni ruga del volto di una vecchia o di un profeta, indaga ogni imperfezione della cute, coglie il brillio vagamente untuoso della pelle appena sotto una palpebra o sulla punta di un naso, o il luccicare di una lacrima sul bordo di quella stessa palpebra. É un'indagine ossessiva, meticolosa, la ricerca di ci che appare in superficie per arrivare a capire cosa sta dietro, o dentro, quel volto. Come se le cose, a guardarle a lungo e spesso, potessero aprirsi e rivelare la propria anima. É per questo che Rembrandt dipinge quasi cento autoritratti, che ci restituiscono il suo volto in ogni età della vita; una vita allo specchio, forse nel tentativo di rendere visibile, prima o poi, anche l'invisibile. 

Gli ultimi anni di Rembrandt sono segnati dal dolore. Il suo Giuramento dei batavi (La congiura di Claudio Civile, 1661 circa) viene rifiutato dal consiglio municipale di Amsterdam, che non gradisce la sua versione "barbarica" del mito fondante della storia olandese, la rivolta dei batavi contro i romani del 79 d.C. Nel 1663 Hendrickje muore di peste, l'unico figlio rimastogli, Titus, la segue nel 1668. Rembrandt muore nel 1669; è sepolto nella Westerkerk, ma della sua tomba non c'è più traccia. 

Nella colta ed esigente Amsterdam il ritrattista più richiesto è Rembrandt, ma il più abile, prolifico e influente ritrattista del secolo è forse Frans Hals (1582/1583- 1666). Nasce in Fiandra, ma si trasferisce giovanissimo a Haarlem, che anche grazie a lui pu essere considerata uno dei centri principali del Seicento olandese. L'apprezzamento per il suo stile rapido, fatto di brevi tocchi carichi di colore e capaci di dare realismo, energia e movimento ai soggetti avrà per un'eclissi per almeno due secoli, dopo il XVII. Il pittore settecentesco inglese Joshua Reynolds ne ammirava l'abilità ma ne deplorava la "sciatteria"; peccato, diceva, che non sapesse "rifinire correttamente” i suoi quadri. A metà Ottocento quel genere di pittura inizia a essere apprezzato dai realisti francesi come Courbet, e lo sarà poi da Van Gogh, da Whistler e dagli impressionisti. 

Hals ha fama di bevitore umoroso e scavezzacollo, frutto forse più di un’immagine stereotipata che fa coincidere arte e vita che di dati reali (lo stesso accade a Steen, identificato con i soggetti poco raccomandabili dei suoi quadri). È certo comunque che abbia avuto spesso a che fare con la legge per debiti non pagati e che - nonostante vendesse con facilità i propri quadri e lavorasse anche come restauratore - abbia perennemente convissuto con i problemi economici. 

Membro egli stesso di una milizia cittadina (va detto che si trattava più di club di bon-vivants che di truppe armate vere e proprie) trova con i ritratti di gruppo i suoi primi successi. Ritrae tre volte la compagnia di cui fa parte; già nel primo, Il banchetto degli ufficiali del corpo degli arcieri di San Giorgio (1616), è evidente la carica innovativa della sua pittura, già nell’impostare l’animata composizione, ma anche nella cura dei piatti e degli altri oggetti che compaiono sulla tovaglia damascata posta sulla tavola attorno alla quale siedono i protagonisti, disposti con naturalezza di espressione e di gesti. 

In una data molto precoce, qui, vediamo con chiarezza la portata e gli sviluppi a venire di tutto il realismo olandese del Seicento. La pittura di Hals si configura come una variante originale del ritratto barocco europeo, conosciuto e filtrato attraverso l’insegnamento del suo maestro, il manierista fiammingo Carel van Mander, anch’egli emigrato a Haarlem. Tra i suoi ritratti ne spicca uno eseguito per un rinomato commerciante e diplomatico: il Ritratto degli sposi Isaac Massa e Beatrix van der Laen (1622 circa) è un manifesto della nuova classe dirigente del paese, disinvolta, sorridente e sicura di sé.


Frans Hals, Malle Babbe (1633-1635 circa); Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie.


Frans Hals, Isabella Coymans (1652). La giovane donna sorride al suo pendant (dello stesso Hals, conservato al museo di Anversa), il marito Stephanus Geraerds. I ritratti complementari erano molto in voga come ricordo-celebrazione di nozze e nascite.


Frans Hals, Ritratto degli sposi Isaac Massa e Beatrix van der Laen (1622 circa); Amsterdam, Rijksmuseum.

Frans Hals e Pieter Codde, La magra compagnia (1633-1637); Amsterdam, Rijksmuseum.


Jan Lievens, Ritratto di Rembrandt (1628 circa); Amsterdam, Rijksmuseum.


Caspar Netscher, Ritratto di Pieter de Graeff (1663); Amsterdam, Rijksmuseum.

Malle Babbe (1633-1635) è da considerare, più che un ritratto, un “tronie”. “Babbe la folle” esistette veramente, era un’ospite di un ricovero per anziani di Haarlem, ma il contesto, il gufo sulla spalla, l’espressione la fanno accostare alla tradizione dei “tronies”, appunto; volti spesso dalle espressioni esagerate, o corredati di accessori esotici o curiosi, volti in cui l’identità non è importante, semplici supporti visivi di un’idea creativa. 

Prima dell’esplosione rembrandtiana, ad Amsterdam il ritrattista più ricercato era Thomas de Keyser (1596-1667), autore di eleganti spaccati di vita altoborghese. Tra i più brillanti pittori di Amsterdam figura anche Pieter Codde (1599-1678), autore anche di molte scene di genere e religiose. Nei ritratti segue il modello di Hals, del quale porta a termine nel 1637 La magra compagnia (così detta per l’esile corporatura dei suoi componenti). 

Ancora a Frans Hals si legano le figure dei citati in altro luogo Jan Miense Molenaer (1610-1668) e di sua moglie Judith Leyster (1609-1660), quest’ultima ne fu probabilmente anche allieva. 

Alcuni ritratti figurano anche nel catalogo del talentuoso socio e poi concorrente di Rembrandt a Leida, Jan Lievens (1607-1674); versatile e curioso, si dedica anche a scene di genere e nature morte; lavora qualche anno a Londra, dove ritrae re Carlo I. 

Bartolomeus van der Helst (1613-1670) è l’autore del grandioso Banchetto della guardia civica di Amsterdam in celebrazione della pace di Münster (1648), definito da Joshua Reynolds «il più importante dipinto di ritratti del mondo»; certo ottimo esempio di uno stile capace di andare incontro ai gusti del pubblico, al punto da rinunciare a qualche tratto di realismo per una raffigurazione del soggetto più accondiscendente. 

Al suo stile (e al gusto della sua committenza) aderiscono anche due dei migliori allievi di Rembrandt, Govaert Flink (1615- 1660) e Ferdinand Bol (1616-1680). 

Caspar Netscher (1639-1684), alla fine di questa rapida carrellata, ci porta nella remota Deventer, nella regione dell’Overijssel, dove è allievo di Gerard ter Borch. Cerca poi di andare in Italia per perfezionare il proprio stile ma non arriva oltre Bordeaux, per stabilirsi infine all’Aja. Riesce comunque ad attirare l’attenzione di Cosimo II de’ Medici che acquista quattro dei suoi dipinti; la sua pittura è caratterizzata da un’estrema cura nella resa dei materiali, soprattutto dei tessuti.


Bartholomeus van der Helst, Banchetto della guardia civica di Amsterdam in celebrazione della pace di Münster (1648); Amsterdam, Rijksmuseum.

PITTURA OLANDESE. IL SECOLO D'ORO
PITTURA OLANDESE. IL SECOLO D'ORO
Claudio Pescio
Un dossier dedicato al secolo d'oro della pittura olandese. In sommario: Un mondo a parte; Interni /esterni. La pittura di genere; “Le plat pays”. Marine, città, paesaggi; La natura morta; Il ritratto. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.