Cataloghi e libri

SETTEMBRE 2020

ARTE E POSTSTORIA

Una serie di dialoghi, o meglio, come indica il sottotitolo, «conversazioni sulla fine dell’estetica e altro», fra Demetrio Paparoni, ottimo critico d’arte di origine siciliana (classe 1954) e Arthur C. Danto, celebre filosofo statunitense, critico e artista lui stesso (Ann Arbor 1924 - New York 2013). Amici per lunghi anni, con molti interessi in comune, soprattutto per gli artisti attivi negli ultimi decenni del secolo scorso, registrarono alcune delle loro conversazioni che si svolsero, nei luoghi e per le occasioni più disparate, dall’11 febbraio del 1995 (a Milano, nello studio di Mimmo Paladino) al giugno 2012, in parte via email e in parte a casa di Danto a New York. Da questi dialoghi avrebbe dovuto scaturire un libro, che fu interrotto dalla scomparsa del grande filosofo americano. Oggi, saggiamente riuniti in questo libro, sono quattro dialoghi: il primo, Arte e poststoria, che dà anche il titolo al volumetto, riesamina una nota definizione critica di Danto sugli esiti recenti dell’arte contemporanea e la fine dell’estetica, e vede anche la partecipazione di Paladino. Gli altri tre (Stile, narrazione, poststoria, L’angelico contro il mostruoso, Critica d’arte come filosofia analitica) spaziano dal minimalismo all’espressionismo astratto, all’appropriazionismo. Gli artisti esaminati sono, fra gli altri, l’Andy Warhol dei Brillo Boxes e il suo consapevole “emulatore” Mike Bidlo, e poi Cindy Sherman, Lichtenstein, Sugimoto, Opalka, Paladino, Kapoor e molti altri, ma anche, indietro nel tempo, Medardo Rosso e perfino Bruegel il Vecchio, che con la Caduta di Icaro siglò nel 1558 un dipinto che spiega come un’apparente, banale veduta non sia quello che sembra. Se non si scruta, non si capisce che il minuscolo, geniale particolare di due gambe all’aria che sbucano dall’acqua sono quelle di Icaro caduto in mare, e che il sole nel cielo è la causa di quella caduta, avendo fatto sciogliere la cera delle sue finte ali. Paparoni firma, nel saggio introduttivo, uno splendido e utilissimo esercizio di sintesi sulle tematiche dantiane ma anche sul proprio pensiero, che non forzatamente coincide con quello dell’amico.


Demetrio Paparoni Arthur C. Danto Neri Pozza, Vicenza 2020 144 pp., 35 ill. b.n. e colore € 20

Sergej Ščukin

Della mostra parigina sulle raccolte russe di Šcukin parlammo nel 2017 (http:// www.artedossier.it/en/artnews/ icones-de-lart-moderne- la-collection-chtchoukine/#.XwRd1pMzZ_R). Oggi esce l’edizione italiana della monografia che ispirò l’evento: Semënova con Delocque, nipote di Šcukin, hanno ricostruito la raccolta e la vita romanzesca del primo collezionista moscovita di Gauguin, Matisse, Derain, Picasso, di cui si avevano solo frammentarie notizie. Con la sua collezione nel fastoso palazzo Troubetzkoy, Šcukin ebbe il merito d’incoraggiare artisti che a Parigi erano derisi. Talvolta esitò per l’eccessiva modernità degli acquisti, ma mai rifiutò un’opera che d’istinto aveva scelto. Tutto s’interruppe con la Grande guerra e poi, con la Rivoluzione, che lo costrinse a lasciare la Russia, per sempre. La raccolta, confiscata, entrò nel museo d’arte moderna, per poi dividersi fra il Puškin di Mosca e l’Ermitage di Leningrado (ora San Pietroburgo).


Natalia Semënova e André Delocque Johan & Levi, Milano 2020 8 tavv. colore, 33 ill. b.n. € 32

DIO LO VOLLE?

Chi visiti la basilica di Santa Sofia di Costantinopoli (Istanbul) noterà, sul pavimento della galleria superiore della zona sud occidentale, una lastra di marmo col nome «Henricus Dandolo». Forse non fu questo il vero luogo di sepoltura del doge veneziano, anzi pare che la lapide sia stata rimaneggiata nel XIX secolo. Tuttavia è certo che Dandolo, nato attorno al 1107, fra i più ricchi veneziani nella città sul Bosforo, sia legato a uno dei più torbidi e complessi episodi della storia bizantina e delle sue annose questioni con Venezia. Tornato in patria anzianissimo, ed eletto doge nel 1192, Dandolo fu esponente di spicco, assieme al papa Innocenzo III, della quarta Crociata che nel 1204 non portò tuttavia a riconquistare la Terrasanta ma a espugnare Costantinopoli. Non a riappropriarsi di beni spirituali, ma ad appropriarsi di un bottino inestimabile di beni materiali e di prestigio politico e territoriale. La “falsa” crociata era iniziata in Occidente con una coalizione di eserciti, e poi fu dirottata su Costantinopoli, che al tempo versava in uno stato di forte declino politico, cosa che contribuì a dare il destro a un saccheggio senza pietà. Le descrizioni dell’invasione fratricida - cristiani contro cristiani - parlano di massacri, tesori d’arte distrutti, libri, oggetti sacri dispersi, solo in parte trasferiti a Venezia (uno splendido nucleo è nel Tesoro di San Marco). L’eco di tale conquista - che si tende oggi a ritenere un attacco deliberato - giunse ovunque e se ne vede testimonianza figurativa quasi immediata (1213) nel mosaico della navata sinistra di San Giovanni Evangelista a Ravenna, giustamente scelto come copertina (ma senza indicazione iconografica) di questo bel libro di Marina Montesano. Sulla caduta di Costantinopoli una data è nella mente di tutti: 1453, per mano degli ottomani. In realtà, come spiega mirabilmente l’autrice, cadde sotto il segno della croce latina. Un saggio storico rigoroso e con notizie e osservazioni inedite, che culmina nella considerazione che quella della mitica città dorata non fu «una morte improvvisa, ma una lunga agonia».


Marina Montesano Salerno editore, Roma 2020 188 pagine € 16

“LA GRANDEZZA DELL'UNIVERSO”
NELL’ARTE DI GIOVANNA GARZONI

Virtuosa della penna e del pennello, Giovanna Garzoni, nata ad Ascoli Piceno attorno all’anno 1600, era in grado di tracciare con l’inchiostro, senza alzare mai la penna dal foglio, un’unica serpentina che seguendo volute e spirali disegnava i contorni di un galeone nel mare: prova calligrafica eseguita probabilmente, come spiega Sheila Barker, per mostrare a un pubblico maschile che anche una donna può vantare talento artistico. Secoli dopo, aggiungiamo, sarà Picasso a rivelare quest’abilità in un celebre filmato. Ma era un uomo, e le sue figure erano meno complesse. Ed erano altri tempi. La Garzoni, nonostante tutto, riuscì a farsi largo in una società radicalmente maschilista, come si direbbe oggi. Ricercata da dignitari di mezza Europa, da Torino a Venezia, da Parigi a Londra, da Firenze a Napoli fino a Roma, dove morì a settant’anni, ebbe un matrimonio brevissimo: come Artemisia Gentileschi, anche se per motivi molto diversi (Giovanna aveva fatto voto di nubilato, Artemisia aveva un amante). Di Artemisia fu amica e con lei, non a caso, si trovò a lavorare a Londra e a Napoli. Dipinse a Parigi l’ultimo ritratto di Richelieu, e le sue pergamene arricchirono la “Wunderkammer” di Vittoria della Rovere al Poggio Imperiale a Firenze. Per la chiesa di Santa Maria Novella, sempre a Firenze, fece un collage lungo quattro metri con sagome di seta incollate su taffetà: oltre duecento fiori dipinti dal vero, fra specie note, esotiche e ibride, e cultivar di costosi tulipani. Fu autonoma, indipendente, curiosa, grande viaggiatrice, studiosa della natura e attenta ai dati astronomici. Splendida “miniatora”, ha lasciato indimenticabili composizioni su pergamena con cagnolini, frutta e verdura di stagione, cedri, limoni, carciofi, meloni, rose damascene, ranuncoli, baccelli, mosche a “trompe l’oeil”, porcellane cinesi. Immagini che rivivono in questo libro, frutto di lunghe, certosine indagini della Barker, nell’ambito del Medici Archive Project. Il volume, con i saggi di studiosi di varie discipline, è anche testimonianza della mostra fiorentina di palazzo Pitti, penalizzata dal Covid-19. Ed è un enorme peccato.


a cura di Sheila Barker con saggi di vari autori Sillabe, Livorno 2020 264 pagine, 178 ill. colore € 28

ART E DOSSIER N. 379
ART E DOSSIER N. 379
SETTEMBRE 2020
In questo numero: RICORDO DI VITTORIO GREGOTTI. La forma e il contesto. IL MISTERO OLTRE L'IMMAGINE. Key Sage la surrealista. L'artista veggente cieco. Un'ipotesi per Michelangelo. IN MOSTRA: Fornasetti a Parma. Caravaggeschi a Roma.Direttore: Philippe Daverio