Musei da conoscere
Casa-Museo Boschi Di Stefano a Milano

UNA PASSIONE
DI COPPIA

Una casa della Milano bene accoglie ed espone una parte dell’imponente raccolta - domestica e museale allo stesso tempo - di Antonio Boschi e Marieda Di Stefano, collezionisti, amanti dell’arte italiana del Novecento e dei gatti.

Marcella Vanzo

ferro battuto, legno e mosaico, stiamo entrando in una casa tipica della Milano bene anni Trenta. Progetto di Piero Portaluppi, marmo grigio accogliente e marezzato sulla scala, i muri paiono quasi caldi, salgo al secondo piano. I coniugi mi accolgono all’ingresso, l’ingegner Antonio Boschi e la moglie Marieda Di Stefano, artista, ritratti da Gianni Dova. Due tele sobrie, dalla cornice sottile, che ci introducono alla loro collezione importante e familiare allo stesso tempo, domestica e museale, altisonante ma mai altezzosa. Pittura, scultura e disegno italiani dai primi del Novecento agli anni Sessanta.

La collezione porta i nomi di entrambi perché è un’«opera comune nel senso totale» diceva Boschi, ricordando la moglie, scomparsa nel 1968. «In senso materiale con le implicazioni di decisioni, di applicazione, di sacrifici finanziari e conseguenti rinunce in altri campi; e in quello artistico come concordanze di gusti, di indirizzi, di scelte».

La Casa-museo Boschi Di Stefano è aperta al pubblico dal 5 febbraio 2003. Ospita nell’abitazione dei coniugi Antonio Boschi (1896-1988) e Marieda di Stefano (1901-1968) una selezione di circa trecento delle oltre duemila opere della loro collezione, donata al Comune di Milano nel 1974, visitabile gratuitamente, curata dall’omonima fondazione che ne ha curato l’allestimento (anche riallestendo le sale prive di mobili con arredi dell’epoca) e che segue anche gli archivi, le pubblicazioni, le serate musicali.

Sono i volontari del Touring Club, della splendida iniziativa Aperto per voi, che si prendono cura della casa e dei loro ospiti, scortandoli con cura e, potremmo dire quasi con affetto, da una stanza all’altra della casa. Le dimensioni del luogo, della collezione e delle guide sono umane, meravigliosamente umane. Antonio e Marieda erano due amanti dei gatti, ne avevano ben nove. Due grandi tele di Remo Brindisi, sempre all’ingresso, li ritraggono coi beneamati animali.

Gli occhi non sanno dove fermarsi, come saziarsi


Le opere della loro collezione sono state acquistate una a una dagli artisti, alcune a rate, altre in cambio del medico e della spesa e addirittura in cambio dell’automobile. I due seguivano l’evoluzione di Lucio Fontana ogni sabato nel suo studio, invitavano gli artisti spesso a cena ed erano di casa alla Galleria delle ore. Marieda si dilettava di ceramica e nell’ingresso ci accoglie un suo enorme busto. Al piano inferiore del palazzo si trova la scuola di ceramica che aveva aperto nel 1962, dove oggi si tengono mostre temporanee.

Dall’ingresso si diramano in ogni direzione stanze zeppe fino alla vertigine di quadri, sculture, luce, vetrate, disegni, mobili su misura, lampadari di Murano, violini degli ultimi tre secoli, ceramiche anche antichissime. I nostri passi scricchiolano su di un parquet lucido e impeccabile. Ma andiamo con ordine.



Dall’ingresso si passa a un’anticamera dove la pittura trionfa: ritratti, paesaggi, Prampolini, Scipione, Boccioni, Soldati, Marussig, Severini. Le tele invadono anche il bagno: dentro la vasca, un’enorme tela astratta di Ralph Rumney. I coniugi, mi confida la guida, di bagno ne utilizzavano un altro.

La camera degli ospiti accoglie in parti uguali figure umane e paesaggi e una Madonna di terracotta di Marini, che con una mano regge il bimbo e con l’altra la poppa. Di fronte, bagnanti, nudi, pescatori e donnacce - che parola orribile.
È un bel quadro di Casorati invece la Donnaccia, in compagnia di Funi, e ancora di Marussig e Carrà, autori anche dei paesaggi e delle nature morte che decorano questa stanza e guardano un lungo tavolo di radica e il volto pacifico di un Buddha del IV secolo.
Subito dopo entriamo nella sala di Sironi, con quadri di tutti i gusti e tutte le dimensioni. Un grande Figliol prodigo, diversi ritratti femminili, un eremo attorniato dalle sue classiche periferie urbane, fino a due piccolissime tele di gusto dechirichiano sopra a una credenza in noce intarsiata di pergamena che Sironi ha disegnato, insieme al tavolo e alle sedie. Sironi, qui, ancora tanto amato.
La sala centrale è uno scoppio di luce rifratta, qui si ballava e si ascoltava la musica; troneggia una splendida radio con giradischi del 1930 in radica. Di fronte, una vetrina protegge ceramiche sacre di Fontana accanto al “GIUBO” dorato in scala, il “giunto Boschi” brevettato dall’ingegnere, un giunto di trasmissione ancora oggi prodotto e venduto in tutto il mondo.
Non c’è motore che non l’abbia in dotazione. Una piccola opera d’arte insomma, adagiata tra un Achrome di Manzoni e un Concetto spaziale di Fontana. Le ceramiche antiche vengono soprattutto dal Sud America, tonde, allegre, colorate, rosse e nere. Colorate come i quadri sulla parete sinistra, un’esplosione di colore, dove prevale Birolli, tra Guttuso e Sassu, poi i grigi di Morandi. Sul tavolino di radica di Portaluppi, una testa di bambino di Manzù. Il lampadario è di Venini, per non rinunciare proprio a nulla.
Next door, “the grand piano”, de Chirico e il bovindo. Gli occhi non sanno dove fermarsi, come saziarsi, in questa grande stanza d’angolo, una sala estremamente accogliente. Su questi grandi divani, ricoperti da un tessuto di Mendini, vorrei accoccolarmi e leggere e mordicchiare qualche cioccolatino buonissimo, accarezzata dallo sguardo di tutti i ritratti di Campigli appesi al muro.


Marieda Di Stefano, La collana (1966).


Giorgio de Chirico, La scuola dei gladiatori, il combattimento (1928).

Casa-Museo Boschi Di Stefano

Milano, via Giorgio Jan 15
orario 10-18, chiuso lunedì
02-74281000
c.casaboschi@comune.milano.it
www.casamuseoboschidistefano.it

ART E DOSSIER N. 379
ART E DOSSIER N. 379
SETTEMBRE 2020
In questo numero: RICORDO DI VITTORIO GREGOTTI. La forma e il contesto. IL MISTERO OLTRE L'IMMAGINE. Key Sage la surrealista. L'artista veggente cieco. Un'ipotesi per Michelangelo. IN MOSTRA: Fornasetti a Parma. Caravaggeschi a Roma.Direttore: Philippe Daverio