Architettura per l'arte


QUANDO LA TECNOLOGIA
INCONTRA IL PAESAGGIO

di Aldo Colonetti

Sull’Appenino parmense circa due anni fa è nata la Dallara Academy, un complesso espositivo e didattico dedicato al mondo delle auto da corsa, firmato dall’architetto Femia e in perfetta armonia con il territorio

Il nostro paese ospita il maggior numero di musei dedicati all’“automotive”, caratterizzati soprattutto dalla presenza di marchi leader nel campo delle gare automobilistiche (Ferrari, Lamborghini, Alfa Romeo) e a due ruote (Ducati). L’ultimo, in ordine di tempo, è la Dallara Academy che da circa due anni ha inaugurato le sue attività: siamo a Varano de’ Melegari, in provincia di Parma, a pochi chilometri dalla uscita di Fornovo, lungo l’autostrada della Cisa.

Il progetto dell’edificio, dove sono ospitati anche programmi di ricerca e formazione, è di Alfonso Femia con il suo Atelier(s), uno studio con tre sedi, Milano, Genova e Parigi. L’architetto calabrese, fondatore nel 1995 con altri compagni di viaggio dello studio 5+1, diventato nel 2005 5+1AA srl e dal 2017 Atelier(s) Alfonso Femia, ha “inventato” una nuova tipologia di lavoro attraverso un’équipe che progetta sulla base di saperi diversi e, soprattutto, da tre luoghi diversi, appartenenti comunque alla biografia culturale di Femia.


In queste pagine sono riprodotte alcune immagini della Dallara Academy di Varano de’ Melegari (Parma), progettata da Atelier(s) Alfonso Femia.

Crediamo che l’incontro tra questa particolare sensibilità “eclettica” e multidisciplnare - che ha sempre portato Femia a imbattersi in materiali, linguaggi, esperienze compositive singolari contraddistinte dal controllo delle forme geometriche e da una particolare attenzione al decoro, affidato a una scelta precisa di tecnologie e “textures”- e un committente come l’ingegnere Giampaolo Dallara - pragmatico e insieme visionario e “immaginifico” - abbia prodotto un’opera unica, all’interno di un territorio straordinario come quello dei nostri Appennini.


Da un lato un protagonista assoluto con la sua azienda di auto da corsa (presente nei più importanti campionati quali Formula 1, Formula 3 fino ad arrivare all’IndyCar di Indianapolis) e autore di un capolavoro come la Miura (prodotta da Lamborghini), dall’altro un architetto che ha sempre privilegiato il fatto che «ogni progetto è l’incontro tra due anime, quella del luogo e quella dell’uomo». Un architetto per il quale l’arte della maieutica, di memoria platonica, ha portato a disegnare un edificio in una superficie totale di cinquemilatrecentotrentatre metri quadrati che, nel rispetto di un territorio di dolci colline, è riconducibile a quattro geometrie compositive che a loro volta corrispondo, non solo simbolicamente, alle attività ospitate: il trapezio e il parallelepipedo in relazione al sistema produttivo, la corona circolare, coni e cerchi in rapporto a tutto ciò che a che fare con l’attività di ricerca ed espositiva. Un’architettura, nello stesso tempo semplice e complessa, capace di individuare e di comunicare la sua ragion d’essere.

«L’idea che abita il progetto», come sottolinea Femia, «è quella di creare un edificio capace di conciliare l’identità individuale delle parti che contribuiscono a definire il tutto con un senso di unitarietà dell’insieme. Un paesaggio nel paesaggio».

Un’architettura risolta senza intellettualismi né citazioni accademiche, nonostante la profonda cultura che anima tutte le attività di Atelier(s) Alfonso Femia, che tra l’altro pubblica una serie di libri e di saggi dedicati ai saperi che alimentano il progetto, piuttosto che dare visibilità all’opera finita.

Ricordiamo, tra le idee progettuali più identitarie di Femia, la sede della IULM a Milano e, soprattutto, il grande progetto per i Docks di Marsiglia, dove i linguaggi di alcuni materiali, la ceramica per esempio, definiscono “poeticamente” il luogo ma anche le sue destinazioni d’uso, come avviene coerentemente nella Dallara Academy.


Anche in questo progetto, il rivestimento in ceramica, di produzione locale, dei tre grandi coni, che contengono gli elementi distributivi dell’edificio e le aule universitarie, riportano in un’opera contemporanea un materiale tipico della tradizione artigianale dell’Emilia Romagna, territorio di appartenenza del complesso espositivo e didattico. Una struttura che, oltre a ospitare le automobili più importanti prodotte dall’azienda Dallara, offre un ampio programma culturale: insieme ai corsi universitari, laboratori per le scuole e uno spazio dedicato a iniziative rivolte a un pubblico più vasto.

Un’ultima riflessione: il progetto è stato pensato e realizzato prima della pandemia (Covid-19), periodo durante il quale il dibattito architettonico ha guardato anche ai piccoli borghi italiani per farli rivivere attraverso una logica abitativa di “fuga dalla città”. Il caso, invece, della Dallara Academy rappresenta una risposta concreta sia per valorizzare il flusso turistico di un piccolo centro come Varano de’ Melegari sia per realizzare a favore della stessa area un investimento produttivo e quindi occupazionale, senza mettere in crisi la relazione tra “natura e artificio”: un insediamento architettonico perfettamente integrato nel territorio come se fosse sempre esistito.




ART E DOSSIER N. 379
ART E DOSSIER N. 379
SETTEMBRE 2020
In questo numero: RICORDO DI VITTORIO GREGOTTI. La forma e il contesto. IL MISTERO OLTRE L'IMMAGINE. Key Sage la surrealista. L'artista veggente cieco. Un'ipotesi per Michelangelo. IN MOSTRA: Fornasetti a Parma. Caravaggeschi a Roma.Direttore: Philippe Daverio