Dal collezionismo privato alla creazione del Kiran Nadar Museum: come ha maturato questa scelta?
Come è avvenuto questo passaggio? L’idea di aprire un museo è nata dalla volontà di condividere la raccolta. Realizzai che alla base della mia passione vi era la volontà di sensibilizzare le persone riguardo all’incredibile patrimonio di arte e cultura del mio paese. Iniziai a collezionare opere per decorare la mia abitazione e quando la casa fu piena decisi di metterle in deposito. Un comportamento però che non trovai giusto. Così, visto che mio marito e io sosteniamo diversi progetti filantropici, pensai che anche dar vita a un museo potesse rappresentare un atto filantropico. Il mio desiderio era creare un luogo dove l’arte fosse accessibile a tutti, non solo alle élites. Credo fermamente nel fatto che l’arte non debba essere chiusa a chiave.
Come avvengono le acquisizioni per il museo?
Comprare opere per il museo anziché per una collezione personale richiede una responsabilità differente. Molti acquisti li faccio soprattutto in asta, al telefono, è più discreto (Christie’s, Saffronart e, di recente, Sotheby’s). Mi rivolgo inoltre alle gallerie e, a volte, anche direttamente agli artisti. Quando poi non trovo quello che mi interessa in asta o nelle gallerie, mi attivo in altri modi per portare a termine la mia ricerca.
Nel 2013 avete presentato una mostra che includeva le opere di Amrita Sher-Gil, la sua storia come artista e donna è avvincente. Avete dei suoi lavori nella collezione permanente?
Era una mostra collettiva (Seven Contemporaries. Part of Difficult Loves) in cui erano proposte le opere di nove artiste donne. Una intera sezione (“The Self in Making. Part of Difficult Loves”) era dedicata al lavoro di Amrita Sher-Gil. Sì, abbiamo alcune sue opere nella collezione del museo, ma di fatto non ci sono tanti suoi lavori a disposizione perché l’artista ne donò molti alla National Gallery of Modern Art di Nuova Delhi.